Arsenali chimici: cresce il numero dei 'beati possidenti'
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Arsenali chimici: cresce il numero dei 'beati possidenti'

Nonostante gli arsenali si siano ridotti è aumentato il numero dei Paesi che detengono armi distruzione di massa. Ecco quali sono - Sul mondo la minaccia delle armi chimiche

“Con la sua decisione d'inviare le proprie truppe in Ucraina per occupare la Crimea e poi annettersela, il presidente Vladimir Putin di fatto spinge altre Nazioni che hanno ‘conti aperti’ con la Russia ad "armarsi fino ai denti" mettendo a repentaglio la stabilità internazionale nel suo complesso”. E’ questa l'accusa mossa dal premier canadese Stephen Harper, al leader del Cremlino. Ma Harper sostiene, inoltre, che le conseguenze delle scelte strategiche del leader russo "si avvertiranno ben al di la' dei confini ucraini, o addirittura del continente europeo in quanto tale".

Gianluca Ansalone, docente di Strategia e relazioni internazionali all’Università La Sapienza e autore del libro “Pianeta Tossico”,  secondo lei uno scenario descritto dal premier canadese Harper è davvero possibile?
“Non credo che l’Europa torni ad armarsi fino ai denti. Anzi, negli ultimi decenni gli Stati europei sono andati gradualmente verso una riduzione degli armamenti e delle spese destinate alla difesa e non penso che la questione della Crimea possa portare ad un riarmo, quindi ad una inversione di tendenza. Questo, nonostante la vicenda della Crimea non sia una questione politica da sottovalutare. Per quanto riguarda i Paesi storicamente e politicamente “legati” alla Russia, la situazione è completamente diversa. Da decenni, questi Paesi si stanno lentamente armando e quindi indipendentemente dalle ultime vicende ucraine. Possiamo, però, sottolineare che in alcuni Paesi americani emerge, in queste ultime settimane, dai dibattiti pubblici una sorta di ‘nostalgia’ da clima da Guerra Fredda che potrebbe giustificare le dichiarazioni rilasciate da Harper”.    

Parliamo di arsenali. In questi anni si sono ridotti ma è cresciuto il numero dei “beati possidenti”. Chi sono?
“Durante il periodo della Guerra Fredda era semplice individuare  quali fossero le potenze a detenere imponenti arsenali chimici e nucleari. Oggi, invece, le testate nucleari sono detenute da molti dei Paesi che appartengono alla più importante ed estesa organizzazione intergovernativa, ovvero l’Onu, ma anche altri Stati che nel corso degli ultimi decenni non hanno fatto mistero di voler entrare in possesso di armi nucleari. Uno di questi è la Corea del Nord. Poi c’è l’India e il Pakistan. Ma al fianco di questi Paesi ce ne sono altri che possiedono armi di distruzione di massa come ad esempio il Kazakistan, molti paesi delle regioni centroasiatiche e anche Israele. Possiamo però dire che nonostante i nuovi possidenti, le capacità di distruzione totale rimangono inalterate”  

Esistono arsenali chimici inattivi che però possono essere nuovamente “armati”. Quali sono quelli che l’Europa deve temere?
“Ci sono arsenali inattivi che sono stati completamente smantellati, come quello libico, ed esistono arsenali inattivi che invece possono facilmente essere armati e quindi essere resi nuovamente pericolosi. Ad esempio, quello siriano appartiene all’ultima categoria. In sostanza è inattivo perché non è più una manutenzione ordinaria e soprattutto perché le testate non sono mai state montate sui missili che la Siria possiede, ma al tempo stesso il suo arsenale chimico non è stato del tutto smantellato. Poi c’è quello della Corea del Nord, altro arsenale imponente composto da armi di distruzione di massa, che potrebbe diventare facilmente pericoloso”      

E’ semplice armare un arsenale ‘inattivo’?
“Fino a qualche decennio fa non era affatto semplice. Oggi, invece, possiamo dire che lo è relativamente"

Perché?

"Per tre motivi: esiste un forte mercato nero di armi e componenti che potrebbero rendere nuovamente attivi questi arsenali; esiste un fortissimo mercato di scienziati e ingegneri nucleari che sono disposti a vendere il loro sapere al migliore offerente ed infine c’è Internet. Internet non è uno strumento da sottovalutare considerando la mole di informazioni che riesce a far circolare, pensiamo, ad esempio, alla facilità con la quale si recuperano informazioni sulla fabbricazione di bombe o altre armi. Dunque, è davvero semplice rendere nuovamente offensivo un arsenale che attualmente risulta inattivo”      

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Nadia Francalacci