Abu Omar e il Paese dei pulcinella
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Abu Omar e il Paese dei pulcinella

Il paradosso: lasciamo che siano massacrati civil servants come Pollari e consentiamo all'ex imam di pretendere un premio per extraordinary rendition

 

L’Italia è proprio un paese di Pulcinella e non c’è dimostrazione migliore della vicenda che si trascina ormai da troppi anni su Abu Omar. Vediamo quali ne sono gli incredibili ingredienti.

1)  Siamo l’unico paese nel quale sia stato possibile che finisse in un tribunale ordinario, e per anni sulle prime pagine dei giornali in Italia e nel mondo, una “extraordinary rendition” (ossia un atto di polizia internazionale compiuto dall’intelligence che consiste nel prelievo di un sospetto terrorista e nel suo trasferimento come prigioniero in un altro paese).

 2)  Secondo, il personaggio in questione, Abu Omar, è stato realmente condannato in via definitiva a 6 anni nel 2013 (era stato rapito a Milano il 17 febbraio di 10 anni prima). Pena ridotta, perché la difesa ha optato per il rito abbreviato. Altrimenti, con tutta probabilità, gli avrebbero inflitto anche più carcere.

 3)  Terzo, i vertici dei servizi italiani sono stati assolti in via definitiva per quella “rendition” e tra i colpevoli (parecchi agenti americani e un maresciallo dei carabinieri) non risultano nostri responsabili.

 4)  Il generale Nicolò Pollari, all’epoca capo del Sismi, ha avuto carriera e immagine rovinate da questa telenovela, si è dovuto difendere nelle aule di tribunale per anni, ancora oggi deve ogni volta giustificare il proprio operato nonostante l’assoluzione. Ma soprattutto, tutte le volte che qualcuno lo intervista, lui ricorda che ripetutamente aveva chiesto al governo di togliere il segreto di Stato, per poter usare tutti gli elementi agli atti come prove a proprio discarico. Quindi, semmai è proprio Pollari a denunciare di non aver potuto difendersi appieno.

 5)  Il contesto nel quale la “rendition” di Abu Omar è avvenuto è quello delineato tragicamente dall’attentato alle Torri gemelle, e negli anni quel contesto è addirittura peggiorato con l’affacciarsi sulla scena internazionale di molteplici, crudelissime organizzazioni terroristiche islamiche. Cellule jihadiste si sono fatte forti anche in Europa grazie a una (tollerata) propaganda capillare di improbabili predicatori nelle moschee. E anche l’Europa ha avuto i suoi (più modesti, ma pur sempre tremendi) 11 Settembre, fino alla strage del Bataclan.

 6)  L’Italia sarebbe colpevole di complicità nelle (presunte) torture subìte da Abu Omar al rientro in Egitto, perché ha concesso la grazia presidenziale ad alcuni americani e di altri ha rinunciato a chiedere l’estradizione. In più, il segreto di Stato avrebbe impedito di sapere fino in fondo come andarono le cose. Risultato: il governo italiano deve 85mila euro a Abu Omar e consorte.

 Ora, volete sapere che cosa sarebbe avvenuto in un paese “serio”? Il rapimento di Abu Omar non sarebbe finito né sui giornali né tanto meno in tribunale, vi sarebbe stata una collaborazione istituzionale tra giornalisti, magistrati e governo nell’interesse nazionale, servitori dello Stato come il generale Pollari non sarebbero stati massacrati e lapidati, e la famiglia del terrorista Omar non avrebbe mai potuto pretendere un “premio” neanche sotto forma di risarcimento. Giusto che i diritti umani vengano sempre rispettati. Ma siamo davvero sicuri che ci venga sempre detto tutto, anche da parte di magistrati che appaiono come campioni del diritto, o davvero vogliamo credere alla vulgata per cui i buoni in realtà sono cattivi, e i cattivi buoni, e che certe situazioni limite si possano ogni volta risolvere a colpi di fioretto?

Caso Abu Omar: Italia condannata. Tutte le tappe della vicenda

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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