40 anni fa l'omicidio di Guido Rossa a Genova
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40 anni fa l'omicidio di Guido Rossa a Genova

Il sindacalista fu ucciso dalle BR perchè aveva denunciato un fiancheggiatore. Fu la fine del consenso alla lotta armata nelle fabbriche


La scena dell'omicidio del sindacalista Guido Rossa per mano di un commando della colonna genovese delle Brigate Rosse si apre in una mattina livida del capoluogo ligure in via Ischia, una strada tortuosa del quartiere popolare di Oregina. La strada sulle alture genovesi è il proseguimento di via Umberto Fracchia, dove pochi mesi dopo il nucleo brigatista della città sarebbe stato liquidato dai Carabinieri di Dalla Chiesa.

A bordo strada c'è una Fiat 850 color amaranto con la portiera spalancata e i vetri infranti. Dentro all'utilitaria il corpo del quarantaquattrenne delegato sindacale della Italsider, il capo chino e il corpo appoggiato al volante. Lo trovano solamente un'ora dopo i netturbini durante il giro mattutino di raccolta. Erano le 7:45 del 24 gennaio 1979

Guido Rossa: perchè?

Il contesto dell'omicidio del sindacalista di origini bellunesi e membro del consiglio di fabbrica Italsider va ricondotto alla violenta attività delle Brigate Rosse nella città industriale ligure, in quel terribile 1978 che aveva visto i terroristi colpire il “cuore dello Stato” con il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro.

Genova era stata inoltre teatro delle prime azioni contro giudici, magistrati, professori universitari, dirigenti e poliziotti. La lunga striscia di delitti inaugurata nel 1971 dal gruppo XXII Ottobre (omicidio Floris) fino al rapimento di Mario Sossi e all'omicidio di Francesco Coco si era sviluppata nella città ligure, dove le Brigate Rosse avevano da sempre cercato di allargare il consenso tra gli operai attraverso la propaganda clandestina nelle fabbriche. Fu proprio attorno alla questione della divulgazione clandestina di volantini Br alla Italsider che nacque il movente dell'omicidio di un sindacalista, iscritto da sempre al PCI guidato allora da Enrico Berlinguer.

Fu proprio Rossa a scoprire che un impiegato modello, Francesco Berardi, divulgava in segreto le “risoluzioni strategiche” delle Br agli operai del colosso siderurgico. Il 26 ottobre 1978, presso le macchinette del caffè dello stabilimento “Oscar Sinigallia” di via d'Acri, Rossa notò un rigonfiamento sospetto sotto la giacca di Berardi. Decise di indagare a fondo e fece forzare l'armadietto dell'impiegato apparentemente insospettabile dove vennero trovati, oltre al materiale di propaganda, anche appunti contenenti numeri di targa di auto dei dirigenti. Mentre altri due delegati che erano con lui si rifiutarono di denunciare Berardi, Rossa decise di proseguire da solo e, mentre l'impiegato tentava la fuga, lo fece fermare dalla vigilanza della fabbrica che poco dopo lo consegnava ai Carabinieri.

Dopo la condanna di Berardi: le minacce, la morte

Il processo a Francesco Berardi si svolse per direttissima, e vide Rossa presente all'udienza in qualità di teste. Fu in quell'occasione che, secondo le testimonianze successive di alcuni pentiti e dello stesso Magistrato, Berardi avrebbe indicato con un gesto ai presenti la figura di Guido Rossa, in modo non dissimile a quanto potrebbe accadere in un processo di mafia. Dopo la condanna dell'impiegato a 4 anni e mezzo di reclusione per fiancheggiamento, la famiglia del sindacalista fu bersagliata da minacce di morte.

La colonna genovese delle Brigate Rosse era in quel periodo capeggiata dal sanguinario Riccardo Dura, ex esponente di Lotta Continua confluito nel 1973 nella lotta armata con il nome di battaglia “Roberto”. Capocolonna dal 1976, Dura era incaricato della logistica e del reperimento delle armi. Personalità inquieta e violenta, il brigatista di origini messinesi aveva partecipato ai fatti più sanguinosi che riguardavano le Br genovesi, e aveva lavorato anch'egli all'Italsider.

Nel clima di frustrazione rabbiosa che caratterizzava le Brigate Rosse dopo l'epilogo del sequestro Moro, nacque l'idea della spedizione punitiva contro la “spia” Guido Rossa, non certo un importante rappresentante dello Stato Imperialista delle Multinazionali, ma un semplice delegato sindacale con la passione per l'alpinismo che aveva risposto all'appello di partiti e dei sindacati per l'isolamento e la denuncia della propaganda brigatista in fabbrica.

I responsabili di Rossa all'Italsider, coscienti della situazione di grave pericolo che avrebbe potutuo correre il delegato dopo il processo Berardi, proposero un trasferimento e un cambio di orario, che Rossa rifiutò. Senza protezioni, fu bersaglio facile delle calibro 9 e 7,65 impugnate da Dura e dai membri del commando nella foschia di via Ischia. Con il capocolonna c'erano i brigatisti Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi, i quali spararono per primi alle gambe del sindacalista, quindi si allontanarono. Fu Riccardo Dura a trasformare un sanguinoso avvertimento in un omicidio che segnerà per sempre l'immagine della lotta armata tra gli operai. Ritornato sui suoi passi, affermando che “una spia va uccisa”, il capocolonna puntò la Beretta al cuore di Guido Rossa, uccidendolo.

L'assassinio di un delegato della Fiom-Cgil fece grande impressione in tutta Italia. L'obiettivo del piombo rosso si era rivolto questa volta su un operaio, che aveva avuto il merito di denunciare quell'omertà di fabbrica su cui contavano le Brigate Rosse per allargare il consenso verso le “masse operaie”. Ai suoi funerali parteciparono oltre 250.000 persone. Tra le autorità l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che volle incontrare i camalli genovesi (tra cui le Br avevano ottenuto un certo consenso) per dissuaderli dal fornire ulteriore appoggio al terrorismo rosso. Fu grazie al sacrificio di Rossa (un comunista) che la lotta armata (per il comunismo) perse definitivamente l'appoggio della classe operaia, andando incontro ad un declino rapido pur non privo di altro sangue versato all'inizio del nuovo decennio.

Riccardo Dura, il killer di Guido Rossa, morirà durante la sparatoria nel covo di via Fracchia il mentre Vincenzo Guagliardo, condannato dopo la cattura a 4 ergastoli si trova attualmente in regime di semilibertà presso il carcere di Opera (Milano).

Il propagandista delle Brigate Rosse Francesco Berardi morirà suicida in carcere il 24 ottobre 1979.

Ansa
Vincenzo Guagliardo, membro del commando che uccise Guido Rossa

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