Vasco Rossi trasforma l'Olimpico in un tempio hard rock - La recensione del concerto
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Vasco Rossi trasforma l'Olimpico in un tempio hard rock - La recensione del concerto

Da Sballi ravvicinati del terzo tipo a Vita Spericolata: trionfo

Ieri sera sessantamila membri della combriccola del Blasco si sono ritrovati allo Stadio Olimpico di Roma per assistere alla prima delle tre date romane del tour Live Kom 014. 

Non è stato un concerto propriamente metal come ha annunciato in pompa magna il cantante, ma di certo non si è mai sentito un Vasco Rossi così hard rock prima d’ora. Merito delle new entry Will Hunt alla batteria, temporaneamente prestato dagli americani Evanescence, e Vince Pastano alla chitarra ritmica, che hanno conferito un sound più grintoso e internazionale ai successi del Komandante. Fin dalle prime battute del concerto, inaugurato dall’adrenalinica Gli spari sopra, è evidente l’intenzione di Vasco di premere sull’acceleratore e di riprendersi lo scettro di re del rock tricolore. Dopo un tris tiratissimo, Muoviti, Qui si fa la storia e La fine del millennio, arriva il momento della prima ballad, l’intensa Vivere, cantata quasi completamente a cappella insieme al pubblico.

Scattano i primi cori da stadio per il rocker di Zocca, che appare in ottima forma. La versione electro dance de La strega trasforma lo Stadio Olimpico in una grande discoteca all’aperto, con Vasco che si diverte a fare su e giù per il palco e a stuzzicare l’impeccabile Stef Burns durante l’assolo di chitarra. Manifesto futurista chiude la prima parte del concerto, con la band che mostra tutte le sue qualità nel brano strumentale Rockstar mentre il cantante prende fiato dietro le quinte. Vasco ritorna con una lunga giacca di pelle nera, stile Il Corvo, cantando Dannate nuvole e Vivere non è facile.

Una versione in puro stile punk di Sballi ravvicinati del terzo tipo, con Hunt che picchia le pelli della batteria come un ossesso, dà il via alla festa, togliendo gli ultimi freni inibitori al pubblico. C’è chi dice no e Stupendo vengono cantati in coro da tutto lo stadio, mentre Un senso fa scattare in alto i telefonini per illuminare la calda notte romana. Uno dei momenti più esaltanti del concerto è stato il medley a tutto rock di Cosa vuoi da me/Gioca con me/Delusa/Mi si escludeva/Asilo, che innesca una gara di bravura tra la sei corde di Burns e la sette corde di Pastano, davvero infuocate.

Si torna a ballare con Rewind, mentre la sconsolata Siamo soli  e l'emozionante Liberi liberi chiudono il concerto. Il bis è generoso, con ben quattro canzoni. In Sally l’urlo dell’Olimpico, davvero impressionante, copre la voce di Vasco, che si esalta nella successiva Siamo solo noi, la canzone più rappresentativa della sua poetica maudit.

C’è ancora tempo per l’immancabile Vita spericolata, durante la quale il cantante si commuove, probabilmente pensando all’amico scomparso Massimo Riva o forse per l’immutato calore del pubblico nei suoi confronti. Gran finale con Alba chiara, in cui Vasco stupisce ancora per la nitidezza della voce, che negli ultimi anni aveva invece mostrato qualche crepa. Un ottimo concerto, godibile anche per chi non è un fan ortodosso del Blasco, che ha rivelato una vena rock ancora più marcata e un sound finalmente internazionale, pronto forse per il grande salto oltre i patrii confini. Si replica stasera e il 30 giugno allo Stadio Olimpico di Roma per poi approdare a Milano per quattro date allo Stadio San Siro, il 4, il 5, il 9 e il 10 luglio. Nei giorni scorsi Vasco si è autodefinito “un duro che dura”. A giudicare dal convincente concerto di stasera, è difficile dargli torto.

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