Pink Floyd, "The Endless River" è tra noi: il verdetto
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Pink Floyd, "The Endless River" è tra noi: il verdetto

Suggestioni, visioni, ricordi e autocitazioni nel disco che chiude un'era della musica: il miglior album del 2014

Sono passati poco più di due giorni da quando The endless river ha fatto il suo ingresso nei negozi e nei digital store italiani. C'era molta attesa per il canto del cigno dei Pink Floyd, l'ultimo capitolo di una storia che è già mito.

Tutti si chiedevano che sound avrebbe avuto l'album. Chi era emozionato alla sola idea che ci fosse qualcosa di nuovo da ascoltare dei Floyd, ma anche chi a priori aveva deciso che era un disco inutile, fatto di scarti vecchi di vent'anni.

E per di più senza Roger Waters (il disco è opera di David Gilmour, Richard Wright, morto nel 2008, e Nick Mason).

Si sbagliavano questi ultimi: The endless river è un gran disco. Ma ad ascoltarlo con attenzione anche molto di più. Nelle 18 tracce di The Endless Rivers c'è qualcosa a cui dovrebbero attingere tutte le band che hanno come obiettivo un percorso artistico e non a qualche breve comparsata in classifica.

Un addio solenne, addolcito da un affascinante gioco di citazioni che attraversa tutte e diciotto le canzoni (rigorosamente strumentali, tranne Louder than words).

Gli accordi di pianoforte e il sax di Anisina rimandano alla leggendariaUs and them da The dark side of the moon, così come l'organo di Autumn 68ha un filo diretto con Summer 68 da Atom Heart Mother.

Non stupitevi poi se in alcuni passaggi le note di David Gilmour sembrano il prosieguo dell'epico solo diAnother brick in the wall part 2.

A richiamare Time ci sono le brillanti rullate sui tom di Nick Mason in Sum. Uno dei momenti più alti del disco. E poi c'è Things left unsaid, che ai più attenti ricorderà l'intro strumentale di Shine on you crazy diamond.

Ma, a volerla dire tutta, la grande bellezza di The endless river sta nella più assoluta libertà artistica di chi lo ha concepito. The endless river è il luogo della musica suonata, aliena da trucchetti pop, ritornelli demenziali e sonorità preconfezionate.

Genio, tecnica, ricerca sonora e intelligenza creativa.

Ecco, bastano queste ultime quattro parole per sentirsi a proprio agio nel dire, senza se e senza ma, che questo è il miglior album del 2014.


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Gianni Poglio