Paul Weller: "Vi presento Saturns Pattern"
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Paul Weller: "Vi presento Saturns Pattern"

Il nuovo disco del musicista inglese nelle parole dell'autore. Che si esibirà live in tre date italiane

In una di quelle mattine dove l'estate comincia a fare capolino dietro a grossi nuvoloni neri che si infrangono scaricando grandide, arriva Paul Weller. Entra nella stanza dove abbiamo appuntamento magnetico e impeccabile: indossa una giacca chiara dal taglio elegantissimo, sopra una camicia blu e pantaloni dello stesso colore che illuminano il suo viso ambrato, grazie a un'abbronzatura leggera e perfetta. Ma soprattutto, ha un'aurea attorno che sembra farlo camminare senza sfiorare il pavimento, pronto a raccontare di una vita e di Saturns Pattern, il lavoro appena concluso con la profondità di chi naviga nella musica da sempre.

Un'icona, Paul Weller, capace di reinventare il suo sound, di sperimentare e di guardare al futuro, quello vicino. Che poi è un modo per interpretare il presente. In effetti, lo ha fatto da sempre, tanto da essersi meritato l'appellativo di Uomo Cangiante: i Jam prima, con le loro sonorità Mod, gli Style Council poi, dove Weller era una sorta di dandy anni 80, e la sua carriera da solista che lo ha condotto ora al 12esimo album, Saturns Pattern, appena uscito per la Warner. Completamente diverso dal precedente, difficilmente inquadrabile in un unico stile, lo racconta il suo autore.

"Non sapevo esattamente cosa sarebbe stato questo nuovo album, volevo sperimentare diversi sound. La prima canzone è Saturns Pattern: sentivo un feeling particolare, che desse l'idea del movimento, della dance e un senso di fluidità. E così sono andato in quella direzione, arrivando al funk. Tra l'altro ho scoperto che esiste addirittura un sito web chiamato Saturns Pattern: sembra si tratti di una sorta di vento sul lato nord di Saturno che ha modellato una forma esagonale sul pianeta. Così è nata la copertina del disco".

In una precedente intervista, ha definito questo suo lavoro come "Musica psichedelica moderna". Perché?

"Io? Non credo di aver mai detto questa frase... In ogni caso della psichedelia mi interessano i colori e in certi casi il viaggio. Mi riporta al mio passato, alla fine degli anni 60, l'epoca di fantastiche canzoni, come quelle dei Pink Floyd, che mi hanno formato e rappresentano le mie influenze musicali. Però se questo mio ultimo disco sia psichedelico, non lo so. È tante cose insieme. È parte di me".

Il brano Pick It Up è un cambio di visione dopo i primi tre del disco.

"Stavo cercando di ottenere un'atmosfera alla Meters. Ma per un bel po' di tempo avevamo soltanto un loop di batteria e una chitarra funky sopra. Alla fine, seguendo quel consiglio sempre onesto e inequivolcabile che dice "se qualcosa si rompe, raccogli i cocci" siamo riusciti a mettere insieme tutti i pezzi".

E poi, Phoenix, un brano che richiama gli Style Council, ma con sonorità più jazz e disco.

"Non so se suona veramente così, ma mi fa pensare al deep house, insieme a jazz funk e altre melodie".

Chiude l'album These City Streets: un tocco di malinconia finale?

"Mi sembrava il momento giusto per dare un po' di spazio alla tenerezza. Ci sono molti passaggi improvvisati che ho voluto mantenere, scrivendo le parole sull'ultima registrazione. Si tratta di una canzone d'amore, scritta pensando a Londra, forse la città più bella del mondo, e a tutti gli innamorati".

Sarà questa la scaletta dei prossimi live?

"Mi piace suonare le cose nuove in concerto. Suoneremo anche qualche brano vecchio, ma siamo concentrati sulle novità".

Per lei la musica è ispirazione in sé, giusto?

"Amo la musica. Amo l'idea di essere mosso dalla musica. Ma è qualcosa di vitale: è una voce espressiva dentro di me. Anzi, fa profondamente parte della natura umana".

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Paul Weller in tre date italiane nel mese di luglio: 5 luglio a Gardone Riviera (BS), 8 luglio a Brugnera (PN) e 9 luglio a Roma.

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Micol De Pas