Ornette Coleman: addio al padre del free jazz
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Ornette Coleman: addio al padre del free jazz

Il leggendario sassofonista è morto a 85 anni a New York per un attacco cardiaco

La storia del jazz è segnata da alcuni album che hanno cambiato completamente il corso di questa musica, sempre ricca di influenze eterogenee e in costante evoluzione.

Uno di questi è certamente Free jazz: A collective improvisation di Ornette Coleman, che nel 1961 ha fatto da apripista al movimento free jazz, l’avanguardia musicale più importante degli ultimi 50 anni.

Un disco composto da un solo, lunghissimo brano di 37 minuti, caratterizzato dalle più assoluta libertà formale dell’esecutore. Un taglio radicale con il jazz classico, basato sull’armonia e sullo schema tema-assoli-tema, con sorprendenti polifonie di ispirazione africana che  però non sfociavano mai nell’anarchia.

Un magma sonoro in continua trasformazione, che ancora oggi, a 54 anni dalla sua uscita, non ha perso nulla della sua modernità e della sua carica rivoluzionaria.

Una lunga, ma necessaria introduzione, per spiegare come la morte di Ornette Coleman, scomparso a 85 anni a New York in seguito a un attacco cardiaco, sia un duro colpo per il jazz, che perde una delle sue figure più carismatiche e innovative.

Il free jazz ha portato la protesta politica nei jazz club e una nuova consapevolezza delle origini africane di questa musica, che all’inizio del Novecento era suonata prevalentemente da orchestre bianche.

Tutti i grandi jazzisti, da Coltrane a Mingus, da Rollins a Roach fino a Gato Barbieri e Charlie Haden, sono stati influenzati dalla lezione di Ornette Coleman, ma anche artisti rock fuori dagli schemi come Captain Beefheart e John Zorn.

“La gente ride di me, scuote la testa, ma io non mi lascerò condizionare da questi atteggiamenti –ha sottolineato Coleman-  La maggior parte della gente non riesce ad ascoltare quello che si sta suonando nel momento in cui viene eseguito”.

Oggi le risate di chi non capiva la sua rivoluzione sonora hanno lasciato il posto alle lacrime di chi piange la sua scomparsa.

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Gabriele Antonucci