Nina Zilli: faccio dischi per fare concerti
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Nina Zilli: faccio dischi per fare concerti

La cantante non ha dubbi: il tour è la sua dimensione naturale. Pensa ai suoi miti e al suo album in preparazione. Top secret, ma carico di sé

Com’è essere sempre in tour? “Molto figo, la cosa che preferisco”. Risponde così Nina Zilli, schietta e sorridente, mentre percorre lo Stivale in lungo e in largo (da Brescia a Palermo, da Cannole a Molfetta) senza sosta fino al 15 settembre. Il palco è la sua dimensione naturale: “Faccio dischi per fare concerti, non viceversa - sostiene raggiante la cantautrice trentaduenne, che incontriamo al Giffoni Film Festival – è l’aspetto che preferisco nel mio lavoro”. Tant’è che dopo L'Amore è femmina tour, si dedicherà alla “chiusura invernale nei teatri, non mi faccio mancare niente”. Poi, finalmente, si concentrerà solo sul suo nuovo album, ancora ‘top-secret’.

Non è stancante l’esperienza del tour?

Molto, ma ancor più gratificante: fare concerti è la cosa che mi piace di più in assoluto, durante il live c’è uno scambio di energie unico con il pubblico, dai e ricevi. È qualcosa di pazzesco, a cui non potrei mai rinunciare.

Quando ha realizzato che avrebbe fatto questo mestiere nella vita?

Avevo cinque anni, facevo parte del coro della chiesa e lì ho capito che amavo cantare. Sono stata fortunata: da quel giorno non ho più smesso.

A quali modelli si ispira, da allora?

Tantissimi: Etta James, Billie Holiday, The Temptations, ma anche Sam Cooke, Alton Ellis. Sul versante italiano, sicuramente Mina, Caterina Caselli, Caterina Valente e Carmen Villani.

Che rapporti ha con le colleghe coetanee?

Alcune non le conosco, si pensa sempre che facendo questo mestiere ci si debba conoscere tutti, io piuttosto ho legato con nuovi nomi. Poi c’è Carmen Consoli, con cui ho scritto una canzone e con cui vado molto d’accordo, però io sono arrivata ieri rispetto a lei. In generale ho un ottimo rapporto con le donne: sono per il “girlpower”, ma quello vero, non quello delle Spice Girls. Viva la solidarietà femminile, quella vera.

A proposito di colleghe, Arisa e Malika Ayane hanno debuttato come attrici: a lei non è ancora scattata la voglia?

Me l’hanno proposto, ma non me la sono ancora sentita. Non vorrei prenderla con leggerezza, amo troppo il cinema per non rispettarlo. Per fare un cammeo o una pillola non avrei grossi problemi, essendo abituata a fare video, però se dev’essere un ruolo vero c’è bisogno di una seria preparazione. Il mio sogno non era fare l’attrice, accetterei solo se ci fosse un ruolo in cui mi vedrei bene dentro, ma vorrei comunque prima studiare.

Qualche anticipazione sul nuovo album?

Guarda, per ora ci sono solo canzoni piano e voce, o chitarra e voce: siamo proprio lontani.

Segue una sua ritualità per comporre?

No, è una cosa molto inconscia, quando mi viene mi viene. A volte parte tutto dalle parole, altre dalla voglia di andare al pianoforte o alla chitarra, a seconda del luogo e del momento della giornata. L’ispirazione può scattare dal nulla, o da una frase pronunciata da qualcuno che mi ispira particolarmente.

Qual è lo stato di salute della musica italiana?

Quando c’è crisi la sottocultura esplode: sono ottimista, l’underground non morirà mai. Penso a band come Il Teatro degli Orrori, un casino di chitarre e tutto, ma con testi mai banali. Se guardi la classifica o la televisione è diverso, ma la musica non si fa in televisione.

Tra dieci anni come si vede?

Se va tutto bene quasi mi ritirerei (ride, ndr): mi sentirei di avere dato, a un certo punto.

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Claudia Catalli