Musica Nuda:" 'Little Wonder' è un regalo per noi"
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Musica Nuda:" 'Little Wonder' è un regalo per noi"

Intervista al duo Magoni-Spinetti, protagonista di un emozionante album

Voce e contrabbasso. Non serve altro a Musica Nuda, duo formato da Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, per incantare le platee italiane e internazionali. Basta dare un’occhiata alle date del loro tour per cogliere la dimensione internazionale del fortunato sodalizio artistico, nato quasi per caso nel 2003 quando Petra Magoni dovette sostituire all’ultimo momento il suo chitarrista, chiamando in soccorso Ferruccio Spinetti, contrabbassista degli Avion Travel. Scattò subito la scintilla artistica e una magia simile al duo americano Tuck & Patti, che negli anni successivi ha portato a incidere insieme sette album e un dvd, riscuotendo un sempre maggiore successo di pubblico con oltre 1.000 concerti in 12 anni. L’ultimo disco Little Wonder è l’ennesima conferma della capacità di Musica Nuda di rielaborare in modo personale e al tempo stesso rispettoso sia classici che brani meno famosi, accentuandone l’aspetto emotivo. In scaletta troviamo, tra gli altri, Is this love di Bob Marley, Ain’t no sunshine di Bill Whiters, Practical Arrangement di Sting, Sei forte papà di Gianni Morandi, Un vecchio errore di Paolo Conte e La vie en rose di Edith Piaf. Musica Nuda, dopo le recenti esibizioni in Perù, sarà in concerto il 6 maggio a Torino e il 7 maggio a Bologna per poi volare alla volta di Francia, Usa, Inghilterra e Polonia.

Petra e Ferruccio, avete dichiarato che “ Little wonder è anche e soprattutto un regalo che abbiamo fatto a noi stessi”. Che cosa intendete esattamente?

PM: “Little wonder è una specie di omaggio, ci siamo regalati la libertà di fare un disco come lo volevamo noi, inciso non in studio di registrazione ma sul palco del Teatro di San Casciano, che abbiamo affitato per tre giorni. Ci siamo regalati le canzoni che avevamo voglia di suonare”.

FS: “C’era la voglia di tornare a incidere un disco contrabasso e voce, visto che gli ultimi due lavori erano progetti collettivi, tipo Banda Larga, volevamo tornare al nostro organico standard, voce e contrabbasso, una formula che può sembrare un’assurdità, ma che in realtà è la nostra forza”.

Con quale metodo scegliete le canzoni da inserire in un album? Lavorate per sottrazione su un certo numero di brani o per addizione, aggiungendo di volta in volta la canzone che più vi ispira?

PM: “Per questo album abbiamo pensato a 35-40 brani  da cui poi abbiamo selezionato quelli da inserire nel disco. Avevamo anche degli inediti, ma poi abbiamo optato per un disco di sole cover, compresa la cover di un nostro brano”.

FS: “Non ci sono regole, alcuni brani come Is this love e Ain’t no sunshine li abbiamo suonati per la prima volta mentre li stavamo registrando, in presa diretta. Era fondamentale, per noi che passiamo la maggior parte dell’anno sopra un palco, ricreare l’atmosfera dei concerti. Abbiamo tenuto fuori alcuni brani a malincuore, perché non ha senso inserirne più di 11, 12 o 13. Di far niente, registrata nel 2005 con il grande Nicola Stilo, l’abbiamo finalmente usata per questo disco. Non buttiamo via nulla, soprattutto le cose buone”.

Quando ho letto per la prima volta il titolo ho pensato a un omaggio a Stevie Wonder. Avete mai pensato di incidere un album con brani di un solo artista?

PM: “Pensa che proprio un brano di Stevie Wonder, Lately, l’abbiamo registrato ma è rimasto fuori dalla playlist finale. Qualche volta  ci abbiamo pensato, ma si rischia l’effetto cover band, per ora non l’abbiamo fatto, ma non lo escludiamo per il futuro. Avevamo pensato tempo fa a un progetto dedicato completamente ai Beatles, ma poi non si è più concretizzato”.

Qual è il vostro bilancio dopo 12 anni di Musica Nuda e qual è il futuro del progetto?

FS: “La salute di Musica Nuda è ottima, come dimostra l’accoglienza che stiamo ricevendo nei concerti di questo tour, che andrà avanti fino a settembre. La soddisfazione più grande, al di là di incidere gli album,  è vedere i teatri pieni, è la cartina da tornasole che mi fa capire che il percorso che stiamo facendo è quello giusto”.

PM: “Il fatto che il pubblico torna più volte a vederci vuol dire che abbiamo seminato bene. In 12 anni che suoniamo dal vivo ci siamo costruiti un pubblico grazie al passaparola, c'è chi porta con sé gli amici e i parenti per fargli conoscere la nostra musica. E’ un motivo di orgoglio, ma anche di stupore, in questo senso abbiamo scelto il titolo Little Wonder, non solo come meraviglia, ma come stupore. A volte siamo noi per primi che ci stupiamo di quello che accade in tour”.

Vi capita mai di pensare a come sarebbe andata la vostra carriera se non vi foste mai incontrati?

PM: “Penso che incontrare Ferruccio sia stata la fortuna più grande della mia vita. Ho raggiunto tanti obiettivi grazie a lui e ho capito quello che volevo fare”.

FS: “Io e Petra abbiamo progetti paralleli nei quali volutamente non vogliamo incontrarci, per arricchirci musicalmente in modo che poi queste influenze confluiscano in Musica Nuda, che resta il progetto principale della nostra carriera artistica”.

Al di là della musica, quali altri interessi vi accomunano e in cosa, invece, siete agli antipodi?

FS: “Tutti e due amiamo gli sport alternativi. Petra è appassionata di ippica  e si occupa di progetti di beneficienza legati ai cavalli, io sono appassionato di basket per le mie origini casertane, sono un supertifoso della Juve Caserta. Caratterialmente io sono più meridionale e ho ritmi più rilassati, lei è più vulcanica e più attiva, fa sempre tante cose contemporaneamente”.

PM: “Quando gioca il Caserta, Ferruccio resta in camerino ad ascoltare la partita fino a un minuto prima di salire sul palco. Lui è molto più ordinato di me, è della Vergine, io mi perdo tutto. Siamo complementari caratterialmente, oltre che musicalmente. Questo contrasto funziona sul palco, a volte sembriamo Sandra e Raimondo, in altre Stanlio e Olio. Ho notato che, durante i concerti, basta che Ferruccio dica una parola e ridono tutti. Siamo buffi insieme”.

Che differenza notate tra pubblico italiano, europeo e americano?

PM: “La cosa che ci ha stupito in questi anni è che, nonostante le differenze che naturalmente ci sono, la gente alla fine reagisce alla nostra musica e si emoziona nello stesso modo ovunque. La Francia è ormai la nostra seconda patria, ma abbiamo suonato da Instanbul a Buenos Aires, da New York al Quebec, fino al Perù, prorio qualche giorno fa. E’ bello accorgersi che questo progetto funziona ovunque e che gli italiani all’estero sono la parte minore, il pubblico è in prevalenza formato da locali, che amano ascoltare la canzoni in italiano”.

Come mai la formula voce e contrabbasso è così poco diffusa nel jazz?

PM: “Il nostro non vuole essere un progetto solo jazz, ognuno può trovare qualcosa che gli piace in un nostro concerto, non deve essere per forza un appassionato di jazz. Ai nostri spettacoli vediamo bambini, nonne e ragazzi”.

FS: “Credo che sia un problema di spazi per una scena musicale alternativa, ma soprattutto culturale. Io sono cresciuto con Doc di Renzo Arbore, oggi non c’è più nulla di simile nei palinsesti televisivi, se non a ore impossibili. C’è un abbassamento culturale diffuso che penalizza chi prova a fare qualcosa di diverso”.

Lo streaming di qualità alta tipo Tidal può essere la soluzione per risollevare il mercato discografico?

PM: “Non mi piace lo streaming, perché agli artisti non arriva quasi nulla. Io amo i dischi, gli ultimi quattro album di Musica Nuda li abbiamo incisi su vinile e hanno funzionato”.

FS: “In Francia si trovavano già da tempo i nostri album in streaming ad alta qualità, l’importante è che non finisca la musica. Se ci pensi, negli ultimi anni siamo passati dai 78 ai 33 giri, dalle cassette al cd, l’importante è che non manchi mai la materia prima. Noi siamo un progetto prettamente live, siamo animali da palcoscenico, il nostro lavoro è fare chilometri e suonare. Gli annessi e connessi delle nuove tecnologie non mi consentono di pagare il mutuo alla fine del mese”.

Il vostro è un successo costruito dal vivo, concerto dopo concerto. Quali concerti, tra gli oltre 1.000 che avete fatto, vi sono rimasti indelebilmente nella memoria?

PM: “Ho un ricordo bellissimo dell’ultimo concerto a Milano, dove si è creata un’atmosfera particolare, il palco era molto vicino al pubblico, è stato un grande abbraccio collettivo. Mi viene in mente anche quello a Mosca, con 500 russi che cantavano in coro Volare, dove gli unici due posti liberi in teatro erano quelli riservati all’ambasciatore italiano, che non è venuto”.

FS: “Per me restano indimenticabili i concerti al San Carlo di Napoli, perché è un tempio della musica classica che raramente si apre alla musica alternativa, e  all’Olympia di Parigi, dove è passata la storia della musica, ma anche uno dei nostri primi concerti a Polignano a Mare in un piccolo club davanti a 14 persone, compresi noi due. Non bisogna mai dimenticare da dove si è partiti per apprezzare quello che si ha”.


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