Morrissey: la recensione del concerto di Roma
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Morrissey: la recensione del concerto di Roma

Tutto esaurito all’Atlantico Live per il primo concerto italiano dell’Oscar Wilde del rock

Quello tra Morrissey e Roma è un legame fortissimo, tanto che l’ex frontman degli Smiths ha vissuto alcuni mesi nella Città Eterna per incidere l’album Ringleader of the Tormentors nel 2005.

Un legame che si è rinnovato ieri sera, con un Atlantico Live tutto esaurito per la prima tappa italiana del tour di World peace is none of your business, l’ultimo, eccellente album del cantante inglese.

Era palpabile l’attesa e la curiosità degli spettatori sulle sue condizioni, dopo le dichiarazioni choc sui quattro tumori che l’artista ha dovuto far rimuovere nell’ultimo anno. Morrissey ha stupito tutti con una performance energica e autorevole, perfino migliore di quella del 2012 all’Auditorium Parco della Musica, il suo ultimo concerto italiano.

Poco dopo le ventuno la consueta introduzione operistica annuncia l’ingresso della band e dell’Oscar Wilde del rock, così soprannominato per la sua singolare capacità di coniugare poesia decadente con l’immediatezza del rock.

La partenza è bruciante con The Queen Is dead, brano-manifesto degli Smiths, oltre che title-track del loro album di maggior successo. L’aspra invettiva contro la monarchia inglese è accompagnata dalle immagini della regina Elisabetta II, mentre la band di Morrissey riversa sul pubblico un muro del suono di sapore spectoriano, con chitarre sature e dissonanti.

Primo tra i numerosi estratti dall’ultimo album World peace is none of your business è The bullfighter dies, brano in pieno stile Morrissey, nel quale la folla incita un toro ad uccidere il matador. Una metafora per denunciare l’inutile crudeltà della corrida, di cui il cantante chiede con forza l’abolizione.

Atmosfere più leggere si respirano nella latineggiante Kiss me a lot, il cui titolo evoca il classico Besame mucho, e in Certain people I know, tratta dall'album Your arsenal del 1992, che recita cripticamente : “Ho fiducia nelle opinioni di alcune persone che conosco/Guardano al pericolo e ridono a crepapelle/  I loro vestiti sono imitazioni Giorgio ventitreesimo/Non trovate la vita assurda?”.

Nella ballata malinconica Earth is the loneliest il cantante si abbandona allo struggimento della solitudine, mettendo in guardia l’ascoltatore dal rischio di rimandare continuamente la realizzazione dei suoi progetti. Emblematico, in tal senso, è il refrain “La Terra è il pianeta più solitario di tutti/Giorno dopo giorno tu dici “un giorno”, “un giorno”.

Un boato accompagna le prime, inconfondibili note di How soon is now, uno dei brani più famosi degli Smiths, caratterizzato da un’ atmosfera sospesa con lunghi intervalli strumentali fra le varie parti vocali, dall’ indimenticabile progressione di accordi e dal vibrato di chitarra.

Si ritorna al presente con la title track World peace is none of your business,  titolo in perfetto stile Morrissey. La canzone è morbida nella musica, meno nei contenuti, e si chiude in crescendo con il battito ritmico di mani da parte di tutti gli spettatori dell’Atlantico Live.

E’ poi la volta di  I'm throwing my arms around Paris,   singolo dell'album Years of  refusal del 2009,nel quale l’ex Smiths dichiara tutto il suo amore per la città francese: “In assenza del tuo amore/e  in assenza di contatto umano/Ho deciso che getterò le braccia al collo/Intorno Parigi, perché solo pietra e acciaio accettano il mio amore”.

Il brano successivo, Neal Cassady drops dead noise, è un singolare mix di hard rock, flamenco e noise.Neal Cassady è stato uno scrittore statunitense, tra i maggiori protagonisti della Beat Generation.

Le suggestive note del pianoforte introducono  la ballad Trouble loves me, teatrale e potente , nella quale Morrissey scherza sulla sua capacità di attirare inevitabilmente i guai. Qui arriva l’unico accenno del cantante sulle sue condizioni fisiche, condito dalla sua inesauribile vena humour: “Il dottore mi ha detto che in questo periodo dovrei sorridere, così non lo farò”.

Spazio quindi a Istanbul, uno dei migliori brani dell’ultimo album,  dove Moz gigioneggia, roteando il microfono come il Roger Daltrey dei tempi d’oro. Dopo aver presentato in modo circostanziato tutti i(bravi)componenti della sua band, il cantante racconta lo sfruttamento del lavoro nella opprimente Kick the bride down the aisle, raffinata e al tempo stesso intensa, e rende omaggio in To give (The reason I live) a Frankie Valli, leader dei Four Seasons, tornati recentemente alla ribalta grazie a Jersey boy, convincente film musicale diretto da Clint Eastwood.

Il momento più intenso del concerto è Meat Is murder, canzone che pone inquietanti interrogativi agli appassionati di bistecche e di hamburger, accompagnata da un filmato raccapricciante sulla macellazione degli animali. Si può essere d’accordo o meno con Morrissey, ma non gli si può negare di portare avanti con coerenza la sua battaglia vegana, tanto che, all’ingresso dell’Atlantico Live, spiccavano degli avvisi nei quali si ricordava al pubblico che “è vietato consumare ed introdurre carne o pesce all’interno delle aree del locale”.

Il concerto si chiude con Speedway, invettiva contro i nemici della carta stampata, I'm not a man, sarcastico affondo contro gli stereotipi della mascolinità e la sognante Asleep degli  Smiths, quasi una ninna nanna solo voce e pianoforte:  “Canta per farmi addormentare, canta per farmi addormentare, non voglio mai più svegliarmi da solo”.

Giusto il tempo di cambiarsi, passando da una sobria camicia marrone a una più vistosa rossa e beige, ed ecco il tanto atteso bis con  Everyday is like Sunday,  il manifesto della poetica di Morrissey, un desolante quadretto di provincia ravvivato da un ritornello epico, disteso su archi, vibrafono e riff di chitarre.

Il cantante saluta, si toglie la camicia e la lancia agli spettatori delle prime file, che si litigano il prezioso cimelio. Il concerto è durato un’ora e mezza, non molto, ma l’intensità, il carisma e la potente voce di Morrissey hanno soddisfatto pienamente anche gli spettatori più esigenti.

Speriamo davvero che il cantante superi i ben noti problemi di salute, perché mai come oggi la musica ha bisogno di personaggi del suo calibro e del suo carisma.

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Gabriele Antonucci