Max Pezzali: "Salgo sull'astronave per scrutare il mondo da lontano" - Intervista
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Max Pezzali: "Salgo sull'astronave per scrutare il mondo da lontano" - Intervista

Il figlio, la carriera, il rapporto con le nuove generazioni e il "duro" mestiere di chi scrive canzoni che fanno da colonna sonora agli amori degli altri

Questa volta non ci sono featuring, duetti o collaborazioni: Max è tornato con un album tutto suo. Un disco che parla il suo linguaggio, sia nei testi sia nella musica. Un viaggio dalla Terraferma (il titolo dell'ultimo album di inediti) all'Astronave Max, appunto. "Mi piaceva l'immagine dell'Astronave. Nel disco c'è un brano, Astronave madre, dedicato al non luogo per eccellenza, ovvero il centro commerciale. Il posto più anonimo della nostra realtà dove però vado spesso per osservare la gente, per cercare di capire chi siamo e dove stiamo andando".

Che metafora è l'Astronave?

L'astronave è un simbolo dell'allontanamento dalla Terra, un modo di andare lontano per vedere le cose con un'altra prospettiva. Succede con l'età, un po' come quando devi allontanare il cellulare per riuscire a leggere i messaggi...

Nel disco c'è anche uno sguardo sul rapporto con le nuove generazioni.

Generazioni è un brano che racconta il divario tra chi c'era prima e chi c'è oggi. La storia di un signore che si trova in un dance club moderno che è qualcosa di totalmente differente dalla discoteca come la intendevo io negli anni Ottanta. Al protagonista del pezzo quel club pare un inferno dantesco. In realtà, e questo è un monito per quelli della mia età (ha 47 anni; ndr), visti da vicino, i ragazzi di quest'era non sono poi così diversi da noi: le paure, i sogni le aspirazioni sono molto simili a quelli dei miei tempi.

Questa volta hai deciso di non coinvolgere colleghi nel disco. 

Ho voluto fare un album completamente mio, non collegabile alla voce o al ritornello di qualcun altro. I mattoni della casa, per usare una metafora, li ho messi tutti io.

Il più grande cambiamento della tua vita è stato diventare padre?

Assolutamente sì. Con un figlio si sposta completamente l'asse della vita. Non sei più tu il centro di gravità permenente della tua vita. Tutte le scelte vengono fatte in funzione di qualcun altro. Un tempo, per fare un disco, avrei potuto immaginare di andarmene un mese a Portland nell'Oregon. Oggi non lo farei mai. La canzone Niente di grave racconta di un salto generazionale. Un giorno, a casa mia, ho visto mio padre che giocava con mio figlio e mi ha impressionato: ho rivisto me in mio figlio e mio padre in me. Se parliamo di rivoluzioni, posso dire di aver assistito in diretta a un altro cambiamento radicale. Parlo di Internet. A metà anni Novanta era un giocattolino per nerd. Ora è uno strumento quotidiano insostituibile. Io, se parliamo di social, non sento la necessità di intervenire su tutto, di avere un'opinione su qualsiasi cosa.

Il 25 settembre parte il nuovo tour.

Abbiamo già un sold out per la prima data milanese: vendere i biglietti delle date con tanto anticipo è una fortuna, permette di ragionare in prospettiva. Se la prevendita funziona sai già che sarai nella condizione di investire nella produzione, nella scenografia. Consente di non fare passi più lunghi della gamba.

Una volta hai detto: "Alla fine, chi compone canzoni mette in musica gli amori degli altri..."

Esatto, è quella roba lì. Quando ero io ragazzino il deejay non era una star. Alle feste del liceo quello che metteva i dischi era fondamentalmente lo sfigato, quello che non ballava con nessuno, che portava il suo stereo da casa e metteva i dischi. Gli altri ballavano Dreams da Il tempo delle mele e lui lì, fermo.... Ecco i cantanti sono un po' così: accompagnano con le canzoni le storie sentimentali degli altri. La canzone Come Bonnie e Clyde è uno sguardo verso quei ragazzini che limonano al parchetto come se non ci fosse un domani. Tu che sei più grande, li guardi e ti viene da dire: "Ragazzi non sapete nemmeno lontanamente che cosa vi riserverà la vita". Ma quell'ingenuità e quella purezza che portano a credere all'amore eterno l'abbiamo provata un po' tutti, è un passaggio fondamentale che non può essere saltato.








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Gianni Poglio