Hyst: "Vi racconto il mio Mantra"
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Musica

Hyst: "Vi racconto il mio Mantra"

Intervista al rapper romano che presenta il suo nuovo disco con un video in anteprima

Nel periodo di massima esposizione della musica rap in Italia si rischia di perdere tanti prodotti che meriterrebbero attenzione tripla, soprattutto considerando la storia e il percorso di chi li crea. E' il caso di Hyst, al secolo Taiyo Yamanouchi, attore, rapper e illustratore. Occhi a mandorla e parlata romana, figlio dell'attore Haruhiko Yamanouchi, Hyst ha visto nascere la scena rap italiana come si può ascoltare in uno dei brani più pregni di significati del disco, "Cassandra": "Ho visto nascere il rap italiano, io c'ero, l'ho visto crescere e diventare quello che siamo, da zero. Ho visto il rap vestire firmato, "come sto?" "da Dio", poi l'ho visto andare in tv e ho pianto un po', anche io." 12 tracce dalle tonalità golden age tra suoni classici e sprazzi di modernità con interventi più elettronici, abilmente prodotte da Big Joe, Fid Mella, Res Nullius dei Crazeology, Turi, Amon, Gheesa, Dj Dust, Jason Rader, Cava e in alcuni casi co-prodotte dallo stesso Hyst, affiancato al microfono da nomi di primordine del rap italiano come Kiave, Mistaman e E-Green, Willie Peyote, Musteeno, Jesto. Abbiamo intervistato Hyst in occasione dell'uscita del "Mantra Walkthrough", video dove l'artista spiega tutte le tracce presenti nel disco. 

Presentaci il tuo nuovo disco, come nasce questo progetto?

E' sicuramente un periodo florido per la musica rap. C'è un sacco di attenzione e da tempo volevo fare un nuovo album. La lavorazione è stata molto lenta ma questo disco nasce da una necessità personale e non dalla voglia di notorietà. Vivo di espedienti, faccio molte cose diverse tra loro, svario tra arti differenti che mi impegnano molto tempo. Ad un certo punto però mi sono detto: "non ha senso non valorizzare la cosa che sai fare meglio". Allora ho scritto "Mantra". E' un lavoro che suona molto '90 ma non nel senso malinconico del termine. Sono dell'idea che non bisogna guardare al passato con rimpianto ma invece prendendolo come spunto per ricordarsi di come vanno fatte alcune cose. 

Il disco comunica serenità e positività, perché hai scelto il titolo "Mantra"?

Ogni artista ha un approccio diverso alla musica. Credo che l'arte non risieda per forza nella scelta di raccontare il disagio e la sofferenza ma anzi nel dare forza e comunicare positività. Per questo anche nel rap non sono dell'idea che i testi debbano parlare solo di drammi personali ma anche caricare e sollevare l'ascoltatore, stimolarlo e dargli forza. La musica è forza e io stesso quando ascolto un artista cerco questo, ascolto dischi che sanno caricarmi e che mi permettono di valutare la vita sotto un'ottica più positiva. "Mantra" è tutto questo, un racconto e un mix di esperienze personali, una potente formula sonora spirituale. Voglio un rap che faccia bene, nel disco l'ho chiamato "rap verdura"...

In molti dicono che presto finirà la moda del rap. A tuo parere questo potrebbe far bene alla diffusione della cultura hip hop anche tra i più giovani?

Sinceramente non credo, è una cosa più difficile di quello che sembra. Il rap è la disciplina più in vista e dovrebbe fare da traino anche a tutte le altre discipline dell'hip hop che invece troppo spesso vengono snobbate a favore della più esposta mediaticamente. L'industria c'è, produce e cerca di vendere il più possibile. A dire la verità anche negli stessi USA le altre discipline fanno molta più fatica di un tempo ma adesso è una questione di priorità personale, ognuno deve sentire la necessità di cercare e informarsi, di accrescere la propria cultura in funzione di ciò che vive e apprezza. Tutti sanno che i periodi come questo vivono di sali e scendi. Se proprio volessimo fare una critica, nel momento del boom del rap qualche personaggio avrebbe dovuto cercare di tenere maggiormente legati i fili con le altre discipline, coinvolgendole. Tuttavia credo sia un discorso ciclico e forse quando questo periodo d'oro passerà ci sarà una nuova occasione per riorganizzare le idee e anche riavvicinare alcuni artisti tra loro. 

Nel disco racconti di come hai visto nascere il rap italiano. Come vivi questo periodo storico per il genere?

Nella mia vita ho visto ambienti diversi e trasversali, situazioni agli estremi, dalla vetta al vero underground, non solo nella musica. Credo che tutti gli artisti siano forzatamente ispirati da chi è venuto prima di loro. Troppo spesso  però noto che non esiste un vero e proprio background dei giovani artisti e per questo si finisce a diventare copie di copie. Per fare un parallelo rinascimentale un tempo se si voleva diventare artisti bisognava per forza fare esperienza e imparare da un bottegaio. Le botteghe però erano limitate quindi non tutti potevano puntare ad una carriera artistica, solo coloro che avevano la possibilità di crescere e migliorare insieme ai bottegai più esperti. 

Ti è mai capitato di avere l'opportunità di scendere a compromessi, in un certo senso venderti, per fare una carriera più redditizia nella musica o nella recitazione?

Ho lavorato molto, dalla televisione alla musica, ma a certi livelli per fare il salto definitivo devi frequentare salotti ai quali non tutti possono accedere... In televisione ho partecipato a programmi che nascono da idee ottime, come ad esempio "Tintoria", andato in onda dal 2006 al 2008, ma per fare quello che intendi te servono contatti grossi... Non ho comunque rimpianti, sono pienamente appagato dal mio percorso. 

Hai accompagnato Ghemon nei suoi live del disco "Orchidee", che esperienza è condividere il palco con lui?

Il disco di Gianluca si commenta da solo, è molto bello e si avvicina ai miei gusti quindi è stato naturale per lui chiedermi di accompagnarlo e per me rispondere con entusiasmo. Ho messo a disposizione la mia espserienza per vivere insieme a Ghemon questa esperienza ma Gianluca è un perfezionista: lavora sodo, quando coglie qualche lacuna si applica con anima e corpo per migliorarsi e crescere. 

Come prosegue il progetto Blue-Nox?

Bene, possiamo dire che sono un po' il grillo parlante del collettivo. Oltre alla musica faccio una sorta di supervisione artistica sugli altri membri, cerco di dare consigli in base alle mie esperienze, sia per quel che riguarda la scrittura e la musica che per tutto quello che può significare affrontare un live con una band, l'organizzazione logistica dei tour. Siamo molto uniti, Blue-Nox per sempre!

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Matteo Politanò