Musica

Gregory Porter, "Live in Berlin": la recensione

Il cantante, vincitore di un Grammy Award nel 2014, padroneggia con naturalezza il soul, il gospel, il blues e il jazz

Prendete la classe di Nat King Cole, la potenza vocale di Otis Redding, l’intensità di Donny Hataway e la comunicativa di Marvin Gaye e avrete le coordinate per inquadrare Gregory Porter, una delle più belle voci nere degli ultimi vent’anni anni.

Vincitore del Grammy Award nel 2014 come “best vocal jazz album” per Liquid Spirit, l’album jazz più ascoltato di sempre in streaming che ha superato il milione di copie fisiche, Porter padroneggia con classe e intensità il soul, il gospel, il blues e il jazz.

Merito dei tanti anni sui palcoscenici di Broadway prima di dedicarsi completamente alla musica, riuscendo a mettere d’accordo pubblici assai diversi, affascinati da questo interprete che, con la sua versatile voce baritonale, è in grado di toccare le corde più profonde degli ascoltatori.

Porter, come può confermare chi ha avuto la fortuna di vederlo live, dà il meglio di sé dal vivo, per questo è di grande interesse il boxset Live in Berlin, il primo della sua carriera che, in 2 cd e 1 dvd, testimonia lo straordinario concerto che il cantante ha tenuto alla Berlin Philharmonie il 18 maggio di quest’anno, catturando per due ore Gregory e la sua band al massimo della forma.

Il grande vocalist ripercorre la storia della sua irresistibile ascesa affrontando i brani principali del suo repertorio come Be good,  1960 what?, Hey Laura e Liquid Spirit, oltre a quelli del recente album Take to the Alley, circondato da un pubblico entusiasta.

Di grande fascino i medley Smoke On The Water/ Papa Was A Rolling Stone, What's Going On/On My Way To Harlem e Free/Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin), che rivelano le doti tecniche e di feeling della sua band, con al piano Chip Crawford, al contrabbasso Jahmal Nichols, alla batteria Emanuel Harrold e al sax tenore Tivon Pennicott.

Un album ricco di calore, qualità ed eleganza, che piacerà sia agli appassionati di jazz che agli amanti della black music più raffinata.

Getty Images
Gregory Porter

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Gabriele Antonucci