Mr.Green Day e Norah Jones: l'album tributo agli Everly Brothers - la recensione di "Foreverly"
Ufficio stampa Warner
Musica

Mr.Green Day e Norah Jones: l'album tributo agli Everly Brothers - la recensione di "Foreverly"

Brani old school della tradizione country americana

ll cantante dei Green Day Billie Joe Armstrong e Norah Jones hanno unito i loro talenti per incidere Foreverly, una raccolta di 12 brani ispirati a Songs Our Daddy Taught Us, un album di canzoni tradizionali americane reinterpretate, registrate e pubblicate dagli Everly Brothers nel 1958. Registrato in 9 giorni a Manhattan, Foreverly punta tutto sulle armonizzazioni vocali. E già dall'iniziale Roving gambler appare chiaro che l'incontro tra le due voci funziona.

“E’ stato meraviglioso e molto sperimentale”, racconta Norah. "Mi è piaciuto spogliare completamente gli originali e renderli un po’ più indistinti, avevamo così la libertà di interpretarli in un modo molto personale”. Ascoltare per credere l'intreccio cristallino delle voci in Down in the willow garden.

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Sono sempre stato un fan degli Everly Brothers”, dice Billie Joe. “Un paio d’anni fa ho scoperto Songs Our Daddy Taught Us e mi sono subito  innamorato. Lo ascoltavo tutti i giorni e pensavo che mi sarebbe piaciuto reinterpretarlo un giorno, ma con l’aggiunta di una voce femminile. Ho pensato a  Norah perchè con la sua voce può cantare qualunque cosa, dal rock al jazz al blues. Ero sicuro che le sue armonizzazioni sarebbero state perfette. Sapevo che i brani avrebbero assunto un nuovo valore con la sua voce. E ha anche un orecchio fantastico per gli arrangiamenti. Più che altro mi intrigavano  i vecchi brani tradizionali, quelli country e gli inni. Quando abbiamo finito l’album  Norah mi guarda e dice ‘Scommetto che non pensavi che avresti mai fatto un album country, eh?’”. 

Il lato divertente del disco è che nessuno dei due cantanti coinvolti ha mai bazzicato il country. Per dirla con una metafora calcistica, giocano entrambi fuori casa. Ed entrambi vincono nel nome del vintage. La vetta del disco è Rocking alone in an old rocking chair, un viaggio all'indietro nel tempo verso suoni e atmosfere di un'altra era. Sulla stessa lunghezza d'onda la conclusiva Kentucky.

Un disco spiazzante ma affascinante, un elogio della lentezza e della sfumatura vocale. Niente di più lontano dai furori elettronici così trendy in molte produzioni di oggi. Meno male... 

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Gianni Poglio