David Gilmour imperatore al Circo Massimo - Recensione, scaletta e video
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Musica

David Gilmour imperatore al Circo Massimo - Recensione, scaletta e video

L'ex chitarrista dei Pink Floyd ha incantato i 15.000 spettatori con un mix di successi dell'iconica band e brani della carriera solista

Il concerto è durato oltre due ore e mezza, abbracciando 50 anni di successi

Dal Ratto delle Sabine, compiuto da Romolo poco dopo la fondazione di Roma del 753 a.C, a Rattle that lock, l’ultimo album di David Gilmour, anno 2015, sono passati quasi 2.800 anni. Due avvenimenti lontanissimi e assai diversi, accomunati incidentalmente ieri dallo stesso luogo, quel Circo Massimo edificato da Tarquinio Prisco nella valle tra il Palatino e l'Aventino.

Un antico circo romano, dedicato alle corse dei cavalli, che ieri sera ha incoronato come imperatore 3.0 un purosangue del rock come l’ex chitarrista dei Pink Floyd, uno dei protagonisti più attesi del Postepay Sound Rock in Roma 2016. “Ho sempre avuto l’ossessione di trovare suoni che avessero una resa tridimensionale -ha dichiarato Gilmour in un’intervista di qualche anno fa a Rolling Stone- Ho voluto sempre creare qualcosa che sembrasse distante un centinaio di chilometri”. Ed è proprio il ghiaccio bollente della sua Stratocaster customizzata nera il segreto della magia della musica dei Pink Floyd, un’avvincente epopea sonora e umana iniziata discograficamente nel 1967, a cui il leggendario musicista inglese ha dedicato ben tredici brani in scaletta nel primo dei due concerti al Circo Massimo, nel cuore pulsante dell'Urbe. Nonostante la partita dell’Italia contro la Germania, nessuno dei 15.000 fortunati spettatori ha voluto rinunciare al concerto di uno dei più grandi interpreti delle infinite potenzialità sonore del rock, che nella Weltanschauung floydiana è inteso più come estasi che come stordimento edonista.

Alle 21.15 si accende un’intensa luce azzurra, che mette in rilievo il palco essenziale dominato dall’iconico schermo circolare, un topos dei live griffati Pink Floyd, di cui Gilmour, un filo di barba bianca e l’immancabile t-shirt nera che nasconde bene le 70 primavere, è il più autorevole custode della memoria storica. Basta la prima nota della sua Stratocaster, una pennellata impressionista su tela azzurra, per renderci effettivamente conto di essere a pochi metri dal Monet della chitarra. Ritmi più sostenuti nella title track Rattle that lock, un lavoro profondamente gilmouriano nei (tanti) pregi e nei (trascurabili)difetti, in cui gli assoli spaziali e al tempo stesso profondamente terreni della sua sei corde hanno un ruolo enfatico nell’economia dei brani.

Dopo il rock-blues crepuscolare di Faces of Stone, arriva il primo brivido della serata con la moumentale Wish you were here, che fa scattare l’inevitabile sing along del Circo Massimo in un’ideale abbraccio a Syd Barrett, che con la sua breve presenza e prolungata assenza ha fornito costantemente spunti alla poetica dei Pink Floyd, di cui Gilmour ripesca subito dopo What do you want from me, uno dei brani più ispirati di Division Bell del 1994. Il regista indugia sapientemente sulle mani rugose del chitarrista, magistrale nella capacità di prolungare le note, suonando solo quelle necessarie, come insegna la celebre lezione di Miles Davis. Le emozioni del concerto non sono circoscritte alla nostalgia, ma promanano anche dal presente incarnato da A boat lies waiting, caratterizzato da ariose armonizzazioni West Coast alla Crosby Stills & Nash(che hanno registrato i cori nel disco).

La sognante The Blue è una languida carezza, mentre il blues in 7/4 di Money è una scarica di adrenalina a partire dagli inconfondibili suoni in loop del registratore di cassa e dal tintinnio di monete, tappeto sonoro al corrosivo testo sull’attaccamento al denaro, impreziosito da un assolo di chitarra da antologia. Dopo la dolce amarezza di Us and them, concepita originariamente come colonna sonora di Zabriskie Point di Antonioni e poi scartata dal regista perché troppo triste, un fischio morriconiano introduce l’inno pacifista In Any Tongue, accompagnato da un coinvolgente cartone animato sull’assurdità della guerra, mentre spetta all’intensa High Hopes, uno dei vertici emotivi di Division Bell, il compito di chiudere il primo set. “Grazie per essere venuti al concerto invece che vedere la partita -sottolinea Gilmour, che ha mostrato un’ottima tenuta vocale- ci vediamo tra un quarto d’ora, dopo la pausa”.

La seconda parte del concerto si apre con un’eccezionale versione di Astronomy Domine, scandita da pulsanti luci psichedeliche, capolavoro di dissonanze ideato dal “diamante pazzo” Syd Barrett nel suo momento di maggiore ispirazione, prima che i suoi fantasmi avessero la meglio sul suo fragile equilibrio emotivo. L’omaggio a Barrett prosegue nell’incommensurabile maestosità di Shine on you crazy diamond(pt 1-5), struggente suite dedicata all’amico smarrito negli oscuri meandri della mente, che ipnotizza per un quarto d’ora i 15.000 spettatori del Circo Massimo in un silenzio quasi irreale, tranne che nel pathos del refrain cantato a pieni polmoni. Il giovane sassofonista João Mello non fa rimpiangere troppo l'indimenticabile Dick Parry, con due assoli al fulmicotone.

Fat old sun, Coming back to life e On an Island rivelano tutta la compattezza della band, presentata uno ad uno da Gilmour, divertito nel ruolo del presentatore, e salutata da meritati applausi: Chester Kamen alle chitarre, Guy Pratt al basso, Greg Phillinganes e Chuck Leavell alle tastiere, Steve DiStanislao alla batteria, João Mello al sassofono e al clarinetto, Bryan Chambers, Louise Clare Marshall e Lucita Jules ai cori.

Gli amanti del jazz hanno trovato pane per i loro denti nella swingante The girl in the yellow dress, uno dei brani più sorprendenti di Rattle that lock, interpretata con eleganza e con un pizzico di ironia dall’artista di Cambridge. Il finale del concerto è un crescendo di emozioni, a partire dalla funkeggiante Today, passando per le esaltanti distorsioni di Sorrow fino al climax rappresentato dalla trascinante Run like hell, eseguita da tutti i componenti della band con occhiali da sole alla Blues Brothers, che fa scattare il pubblico sotto il palco o sopra le sedie per ballare.

C’è ancora tempo per il bis, e che bis: Time e Comfortably numb, ovvero la caducità e l’inesorabile trascorrere del tempo e l’intorpidimento di una vita attorcigliata su se stessa, fino a non percepirsi più come tale. Il concerto termina a mezzanotte, e alcuni spettatori, dopo essere stati rapiti dall’incantesimo uditivo di questo moderno sciamano del rock, si informano sull'esito della partita dell’Italia.

La nostra nazionale è uscita con onore ai rigori contro la Germania, complici le inutili pantomime di Zaza e Pellè, mentre nella calda notte romana David Gilmour, incoronato per acclamazione imperatore della Roma antica, vince per manifesta superiorità la palma di miglior concerto del 2016. In attesa di Bruce Springsteen.[Cliccare su avanti per scaletta e video]

Setlist David Gilmour al Circo Massimo, Roma

Set 1:

5 A.M.

Rattle That Lock

Faces of Stone

Wish You Were Here

(Pink Floyd song)

What Do You Want From Me

(Pink Floyd song)

A Boat Lies Waiting

The Blue

Money

(Pink Floyd song)

Us and Them

(Pink Floyd song)

In Any Tongue

High Hopes

(Pink Floyd song)

Set 2:

Astronomy Domine

(Pink Floyd song)

Shine On You Crazy Diamond (Parts I-V)

(Pink Floyd song)

Fat Old Sun

(Pink Floyd song)

Coming Back to Life

(Pink Floyd song)

On an Island

(Followed by band introductions)

The Girl in the Yellow Dress

Today

Sorrow

(Pink Floyd song)

Run Like Hell

(Pink Floyd song)

Encore:

Time

(Pink Floyd song)

Comfortably Numb

(Pink Floyd song)

 

Wish you were here

Sorrow

Shine on you crazy diamond

Time

Comfortably numb

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Gabriele Antonucci