David Bowie: 40 anni di Ziggy Stardust, l’alieno sessualmente ambiguo
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David Bowie: 40 anni di Ziggy Stardust, l’alieno sessualmente ambiguo

Più che un disco fu un evento: da allora l’iconografia della musica rock non fu più la stessa. Lo raccontiamo su Panorama

Era in treno, annoiato, David Bowie, quando lo sguardo si posò sull’insegna di una vecchia sartoria: Ziggy. Era il nome che cercava per dare un’identità al suo alter ego, il protagonista del disco che ha cambiato per sempre l’iconografia della cultura pop: The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Non era un semplice 33 giri quello pubblicato il 29 giugno 1972, ma il manifesto di un nuovo modo di fare arte: la popstar che si concede una seconda vita impersonando un alieno androgino il quale diventa poi protagonista dei giorni e delle notti nella vita reale. "Fu un processo mentale straordinario e drammatico al tempo stesso" racconta Bowie. "Mi ero lentamente trasformato in Ziggy, l’uomo David viveva in balia del personaggio da palco. Per liberarmene, l’ho ucciso in concerto annunciando in pubblico la sua definitiva scomparsa".

Ma Ziggy non se ne sarebbe mai andato davvero, perché aveva in sé il germe della rivoluzione. Ziggy era l’ambiguità sessuale, quella su cui personaggi come Amanda Lear avrebbero poi costruito un’intera carriera, Ziggy aveva i capelli arancioni sparati in alto, cinque anni prima del punk, la
musica ribelle delle creste colorate. Il tour che accompagnava il disco segnò anche un punto di non ritorno nelle coreografie degli spettacoli rock. Per la prima volta in uno show prettamente musicale la danza divenne elemento centrale. Regista dell’operazione è il celebre mimo Lindsay Kemp.

Per certi versi Ziggy Stardust era emanazione diretta di Alexander De Large, il folle psicopatico di Arancia meccanica, anche lui dominato dal puro e selvaggio istinto che non lascia spazio alla ragione e all’etica. In omaggio al capolavoro di Stanley Kubrick, Bowie scelse per l’apertura dei suoi spettacoli L’inno alla gioia di Ludwig van Beethoven, la stessa musica che accompagna nella pellicola il lavaggio del cervello del folle De Large. Ed è sempre il personaggio inventato da Bowie ad animare, nel 1976, Thomas Jerome Newton (interpretato dal cantante), l’alieno che si rifugia sulla Terra adottando sembianze umane nel film The man who fell to earth di Nicolas Roeg.

Dal punto di vista sonoro Ziggy Stardust è l’album che spalanca le classifiche al glam rock, un genere fatto da suoni grezzi e ruvidi accompagnati da melodie memorabili. La durezza del suono che si sposa con la raffinatezza e la ricercatezza del look. "Fu la rottura della tradizione machista del rock. La gente, che si aspettava qualcosa di soft, si trovava di fronte una band in raso e paillettes. Poi, li spettinavamo con il volume delle chitarre. Uno shock". Parola di David Bowie.

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Gianni Poglio