Dargen D'Amico: "La mia musica? Un manifesto vitale"
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Dargen D'Amico: "La mia musica? Un manifesto vitale"

L'eclettico rapper si racconta a Panorama.it. Dall'album "Vivere aiuta a non morire" passando per le polemiche sul video "Bocciofili" e la collaborazione con Enrico Ruggeri

L'ultimo suo prodotto "Nostalgia istantanea" conteneva due tracce da venti minuti l'una. Una rivoluzione, l'ennesima di una carriera dallo stile unico e inimitabile. Dargen D'Amico, al secolo Jacopo D'Amico, è tornato a girare l'Italia con le date del suo tour "Vivere aiuta a non morire", titolo del suo ultimo album. Un successo di critica e pubblico con date in tutta la penisola e un seguito sempre crescente. Da quindici anni nella scena rap italiana Dargen è l'esempio perfetto di come il genere rap sia diventato il cantautorato del nuovo millennio, un mix di poesia e visioni surreali, ironia e immagini filtrate dagli inseparabili occhiali da sole dell'artista. Dai tempi di Sacre Scuole, il gruppo in cui cantava con Gué Pequeno e Jake La Furia, fino ai giorni nostri con i singoli "Un fan in Basilicata (almeno)" e il più recente "Bocciofili", censurato da Youtube per le provocanti pin up che hanno fatto impazzire la rete. 

Come procede il tour del tuo album, ti ritieni soddisfatto?

Sono molto soddisfatto anche solo del fatto che ci sia qualcuno che esce di casa per venirmi a vedere. La dimensione più personale dello studio e della registrazione trova un senso solo quando si ha una coda sociale all’esterno. Una vittoria personale che va festeggiata, per questo ogni mio live è una festa.

Quale è il concept del tuo disco? Quali sono state le tue priorità nel suono e nelle scelte?

E’ un manifesto vitale, il messaggio principale è quello di vivere la vita con naturalezza. E’ questa la sensazione alla base del disco, un lavoro fortemente influenzato dall'album precedente dove c’erano unicamente due tracce da 20 minuti l'una. Questo mi ha portato ad avere bisogno e voglia di lavorare insieme a persone che ho conosciuto e con cui ho voluto collaborare.

Con il boom del genere in tanti hanno parlato dei rapper come dei nuovi cantautori. Tu ti sei sempre definito "cantautorap" e sei cresciuto con la musica di Dalla, Battiato, Jannacci. Quale chiave di lettura del mondo ti ha dato ascoltare la loro musica?

Sicuramente il cantautorato è sempre stato un mio riferimento per quanto riguarda la lingua della musica, le cose che si possono dire, una lente di ingrandimento legata alla società e alla piccola società. Mi sono sempre definito “cantautorap” in maniera ironica, poi con il tempo questo termine è stato preso sul serio e non posso che esserne contento e orgoglioso. Tutto però era nato da una provocazione, non ho la pretesa di mettermi allo stesso livello dei cantautori. Prima di tutto per la caratura artistica ma anche perché abbiamo avuto influenze diverse. Io ho avuto come ispirazione loro mentre loro non sono stati ispirati da loro stessi.

La prima collaborazione di Enrico Ruggeri con un rapper è stata con te, come è nato il brano e che esperienza è stata?

Quando ho chiesto a Ruggeri della collaborazione sapevo che non aveva mai lavorato con un rapper e pensavo anche che il genere non gli piacesse. L’ho conosciuto di persona, mi è sempre piaciuto molto e l’ho ascoltato a ripetizione. Abbiamo parlato ed è venuto fuori che apprezzava un certo tipo di vena cantautorale nella mia musica. Per lui sono un cantautore, non c’era occasione migliore per lavorare insieme. Volevo sottoporre il suo cantato ad una ritmica più elettronica, con un sample hip hop classico anni ‘80, con pianoforte voce. L’obiettivo era creare qualcosa di diverso e lontano, dato che il brano parla di visioni sul futuro. Sono davvero soddisfatto del risultato…

Hai trovato almeno almeno un fan in Basilicata? Perché non hai scelto Marche e Molise che notoriamente soffrono di disattenzione mediatica?

Avevo scritto quel pezzo perché la Basilicata era l’unica regione a non avermi mai contattato per un live. La percezione era quella di non avere ascoltatori. Dopo il brano mi hanno scritto in tanti: “non buttarti giù, anche qui ti abbiamo ascoltato qualche volta”. Mi sono tirato su. E’ un brano che non ha street credibility perché non racconta una cosa vera, ma era una mia urgenza. Ora i rapporti con la Basilicata vanno meglio.

 

Ora tanti artisti pop provano ad inserire elemnti hip hop nei loro brani, come si è arrivati a questa rivoluzione in poco tempo? Ci avresti mai creduto?

Ci si è arrivati per vie traverse e ora la musica hip hop è diventata la musica pop del nuovo millennio. Finalmente, anche se in ritardo, ci siamo arrivati. La cosa però non mi fa né caldo né freddo, è un momento favorevole per chi vuole fare rap, per chi vuole fare musica e si vuole imbastardire come noi che scriviamo questo genere.

Bocciofili è stato censurato da Youtube: ipocrisia, perbenismo o ignoranza? Se lo avessi caricato su Youporn non ci sarebbero state polemiche...

Credo che sia corretta una censura per i ragazzi con meno di 14 anni. Sui minori di 18 invece non lo capisco perché è un po’ anacronistico e impedire di vedere quel video non risponde ai quesiti di un ragazzo di 17 anni, soprattutto considerando le pubblicità che girano e il mondo in cui viviamo. Io l’ho presa sul ridere, tutto è partito da un gioco. Non lo vedo come un video pornografico, le ragazze del video le ho conosciute e sapevo che sarebbero state a proprio agio in una situazione del genere. Non ci ho visto forzature, il brano mi sembra quasi da oratorio: è un tributo a verdura e frutta. Sicuramente è volgare, ma questa parola è riferita a volgo, popolo, e quindi non ha senso vietarlo proprio al popolo.  

 

Cercando su Yahoo Answers la domanda "Perchè Dargen ha sempre gli occhiali da sole" le risposte ipotizzate sono: "Perchè è un tamarro", "perché odia aglio e luce", "perché non ha gli occhi". Quale è la verità?

Un po’ di tutte queste cose insieme, le risposte sono tutte vere. Sono un timido, mi dà fastidio la luce. E ogni ipotesi che arriverà in futuro su questo quesito sarà vera come le precedenti.

Invecchiando ti vedremo scrivere anche un disco dal titolo "Morire aiuta a non vivere"? Cosa farai da grande?

Non ci ho pensato perché non credo di aver fatto un vero e proprio percorso nella musica. A dir la verità neanche di aver fatto un percorso in generale. Mese dopo mese penso a quello che sento e lo vivo liberamente. Nel momento in cui vorrò fare qualcosa di diverso dal rap, che è probabile, lo farò e basta.

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Matteo Politanò