Coachella 2014: la terza serata nel segno degli Arcade Fire
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Musica

Coachella 2014: la terza serata nel segno degli Arcade Fire

Sul palco anche Motorhead, Lana Del Rey, Beck e...

Terza giornata del Festival dei Festival in California. Suoni per tutti i gusti: dai leggendari Gods of metal, i Motorhead, a Beck, passando per Lana Del Rey e John Newman. Ci racconta tutto Marco Pedersini. 

STRFKR

In due parole: è già estate
Cioè: i problemi di salute di Chance the Rapper, costretto a cancellare il concerto, gli regalano un grande pubblico. Si vestono da astronauti o con tutine colorate, suonano melodie gioiose con dei synth soffici e allungati con dei gran riverberi. Si saltella lentamente, ci si sente già in spiaggia.

Calvin Harris

In due parole: everybody dance now
Cioè: sarà che le sue canzoni le conosce chiunque abbia una radio o una tv. Sarà che il ragazzo ci sa fare e che il genere è accessibile. Ma la folla che il dj scozzese richiama ha pochi precedenti: decine di migliaia di persone (a occhio, più del doppio di quelli che ascoltavano i Muse ieri sera) ballano insieme, dalla prima fila alla fine del prato. Un dj-set dance che non ha fretta e che regge bene sino alla fine. Notevole.

Lana Del Rey

In due parole: gatta morta
Cioè: "Sento un grande legame tra noi. È così sexy", dice Lana Del Rey dopo le prime due canzoni. Miagola con indolenza per tutto il concerto. Per appassionati.

John Newman

In due parole: X Factor
Cioè: si presenta in abito bianco, si muove come un ballerino. È sostenuto da una band perfetta, ha un timbro particolare e una voce che a tratti stupisce e a tratti non è dove dovrebbe essere. Ci crede fino in fondo, ma il prodotto è confezionato con uno stile televisivo, un po' di plastica, che gli toglie autenticità.

Beck

In due parole: magico
Cioè: mantiene l'atmosfera delicata dell'ultimo disco. A un certo punto, dal nulla, sbuca una sua versione di Billie Jean di Michael Jackson. Al contrario dei frontman che sembrano animatori da villaggio vacanze, Beck si prende il tempo di parlare al pubblico, di raccontare. Tra gli aneddoti c'è quello su quando andò a sentire un giovane gruppo nel bar sotto casa e restò fuori, sotto la pioggia, perché il piccolo locale era pieno. Erano gli Arcade Fire, che stasera suonano dopo di lui.

Motörhead

In due parole: Gods of metal
Cioè: "Non abbiatene a male, ma non si può suonare così: dobbiam alzare il volume", dice Lemmy dopo la prima canzone. Sono un po' fuori posto, nel festival dei ragazzi californiani che fanno la fila per i menu vegani e che non sbagliano la raccolta differenziata. Se ne fregano: casse di Marshall, distorsioni e volume finché ce n'è. Una certezza.

Arcade Fire

In due parole: maestosi
Cioè: questa serata sarà ricordata per lo sketch tra Daft Punk (non si sa se quelli veri o dei sosia, che entrano suonando dischi che girano a ritmo blando) e gli Arcade Fire (che rispondono con la trascinante "Normal person"). Ci sarebbe molto altro: Reflektor, l'ultimo album, ha dato ai concerti dagli Arcade Fire varietà e nuovi spunti per quell'intreccio tra melodie e ritmi incalzanti che è da sempre il loro punto di forza. Il collettivo canadese suona volentieri anche pezzi datati, perciò c'è spazio per ondate di cori e per gli abbracci. C'è spazio anche per Beck, che a un certo punto entra mascherato da Papa Francesco. Finiscono suonando in acustico (con megafono, tamburi e tromboni) in giro per il prato mentre il pubblico canta Wake up. "La prima volta che siamo venuti qui non avevamo un manager, ci cambiavamo le corde da soli, tenevamo il basso in una scatola di cartone", ricordano tra una canzone e l'altra, "Eravamo terrorizzati, era il nostro primo festival. Siamo arrivati fino a qui e il cuore è ancora così pieno. Grazie".

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Marco Pedersini

Giornalista. Si occupa di esteri. Talvolta di musica. 

Journalist. Based in Milan. Reporting on foreign affairs (and music, too). 

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