Carl Verheyen a Udin&Jazz: “Che ricordi con i Supertramp e B.B.King”
Ufficio stampa Udin&Jazz
Musica

Carl Verheyen a Udin&Jazz: “Che ricordi con i Supertramp e B.B.King”

L’intervista al grande chitarrista americano, protagonista martedì della Blues Night a Piazza del Castello di Udine

Guitar magazine lo ha inserito tra i “top ten guitarist” al mondo, mentre Classic Rock Magazine tra i cento migliori chitarristi di tutti i tempi. Stiamo parlando del guitar hero Carl Verheyen, per anni chitarrista dei Supertramp, che nel corso della sua lunga  e fortunata carriera ha collaborato con artisti del calibro di B.B. King, Little Richard, Josè Feliciano, Bee Gees, Christina Aguilera, Belinda Carlisle, Cher e Dolly Parton. Con la band che porta il suo nome ha inciso una quindicina di dischi e ha firmato numerose colonne sonore per grandi produzioni hollywoodiane. Martedì 30 giugno il grande chitarrista americano sarà il protagonista più atteso, dopo l’esibizione alle 21 della Jimi Barbiani’s Band e di Bettina Schelker, della Blues Night ospitata a Piazza del Castello di Udine. Un programma, quello di Udin&Jazz, ricco di stelle di prima grandezza, nel quale spiccano i nomi di Ron Carter(29 giugno), Hiromi(1 luglio), Enrico Pieranunzi e Bruno Canino (3 luglio), Caetano Veloso e Gilberto Gil (19 luglio), Stefano Bollani(20 luglio) e Chick Corea(31 luglio).

Mr Verheyen, come musicista freelance e artista indipendente, che ha collaborato con alcuni dei più importanti nomi del rock e del pop, come vede la situazione attuale dell’industria musicale? Ci sono ancora possibilità di lasciare il proprio segno?

“Viviamo nell’epoca del business 'fai da te'. Se tratti il business della carriera solista come se fosse un’azienda a conduzione familiare e deleghi gli aspetti non strettamente musicali ad altre persone, puoi ancora concentrarti sulla tua musica e sulla direzione artistica. Ma è impossibile fare tutto da soli. Un artista ha bisogno di promoter, agenti, tour manager e un affidabile team di supporto per far funzionare tutto. Però si può fare! Tutti noi siamo partiti da qualche parte e abbiamo inziato la nostra carriera dal gradino più basso”.

Qual è la sua filosofia musicale?

“Come musicista  e artista aspiro alla massima integrità in qualsiasi cosa sono impegnato, da un jingle pubblicitario a uno show televisivo, fino a un concerto davanti a 20.000 persone. Invece che imparare cose nuove tutto il tempo, mi alleno focalizzandomi completamente sul prossimo evento a cui partecipo. Se è un evento live lavoro sul repertorio. Se è una parte orchestrale, mi impegno sulla mio pezzo. Il mio motto è: ‘Non vi deluderò!’.

Quali artisti, tra i tanti che ha conosciuto in questi anni, l’hanno impressionata maggiormente?

"Una combinazione di tanti: Clapton, Bloomfield, Harrison, Roger McGuinn, Steve Stills, Wes Montgomery, Jimi, Chet Atkins, Duane Allman, Albert King e tanti, tanti altri!".

Lei hai la reputazione di essere uno straordinario chitarrista blues. E’ da là che provengono le sue radici musicali?

“Certamente! Il blues è la base della maggior parte delle cose che faccio, anche quando suono jazz, country e bluegrass! Il blues è la mia musica. Mi ricordo che suonavo gli assoli di Freddie King a 16 anni, quando ero ancora a scuola”.

Pensa che la fusion sia in salute come genere?

“C’è un importante movimento fusion negli Stati Uniti. E’ più underground in questo periodo, ma c’è ancora. In qualche modo si è intersecato con il prog-rock. Ho passato dei momenti fantastici sul palco con i Supertramp quando le differenze tra prog e fusion sembravano annullarsi!”.

La morte della fusion è annunciata da  anni, ma non si è mai realizzata. Quali sono state le jam session più memorabili alle quali ha partecipato?

“Ho suonato in alcune jam con Steve Morse (attuale chitarrista dei Deep Purple n.d.r.). Sono stato tanti anni nella band del sassofonista Richard Elliot, dove suonavamo pura fusion. Nel mio ultimo album, nel brano Fusioneers Disease, c’è un’incredibile jam session con Simon Phillips alla batteria and Cliff Hugo al basso. E suono ogni tanto in una band di Los Angeles che propone brani di Weather Report, Herbie Hancock and Chick Corea per divertirci. Facciamo sempre il sold out!

Secondo me i Supertramp sono una della band più sottovalutate della storia del rock, anche se Breakfast in America e Crime of the century sono universamente considerate due pietre miliari. Come lo spiega?

“Molti gruppi sono in tour ogni estate e suonano le loro hits tantissime volte. I Supertramp non hanno mai fatto più di due tour in 10 anni, questo forse è il motivo che spiega perché non sono riconosciuti come meritano. Sono una grande band, il live show è fantastico ed è stata una una gioia suonare con loro”.

Ci sono alcuni aneddoti del periodo con i Supertramp che vuole condividere con i nostri lettori?

“Ne ho a centinaia! Due volte abbiamo suonato nell’arena romana della città francese di Nimes, con un’incredibile luna rosa piena incastonata tra gli archi romani: fu indimenticabile. Abbiamo suonato anche all’Arena di Verona.  Una volta, a  Detroit, uno spettatore  ha lanciato sul palco una maglietta bagnata che si è attorcinata intorno al manico della chitarra, cambiando completamente il suono delle corde! Avevo gli occhi chiusi e non ho capito subito perché la chitarra non suonava più”.

Qual è il suo ricordo di B.B.King, recentemente scomparso, con il quale ha collaborato?

“Ho prodotto due brani per lui usati come spot televisivi per prodotti medici. Era davvero un gentleman e molto divertente come persona. Era sempre felice e sorridente”.

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Gabriele Antonucci