Brian Eno al Medimex: "L'arte mi è servita per non lavorare"
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Brian Eno al Medimex: "L'arte mi è servita per non lavorare"

Il grande compositore inglese è il primo ospite degli Incontri d'autore a Bari

Eno ha lavorato con Peter Gabriel, U2, Talking Heads, Brian Ferry, Coldplay e Damon Albarn

Elegante, ironico, brillante e geniale. Tutto questo, e molto più, è Brian Eno uno dei più grandi pensatori della musica contemporanea, che ha dato il suo tocco inconfondibile agli album di Peter Gabriel, U2, Talking Heads, Brian Ferry, Coldplay e Damon Albarn. Il geniale fondatore dei Roxy Music ha inaugurato gli Incontri d'autore della quinta edizione del Medimex, il Salone dell'innovazione musicale in programma alla Fiera del Levante di Bari dal 29 al 31 ottobre. Eno ha presentato ieri in prima mondiale la sua installazione Light Paintings, visitabile fino al 14 novembre al Teatro Margherita di Bari, opera formata da 77 Million Paintings e Light Boxes, insieme di opere dipinte con la luce attraverso un ribaltamento della tradizionale relazione tra spettatore e video. E proprio la sua opera è stata al centro della sua lezione-show, tra disegni in diretta e battute tipicamente british, salutata dagli applausi scroscianti del numeroso pubblico.

Vediamo insieme, cliccando le frecce laterali, le sue dichiarazioni più interessanti.

Non voglio un lavoro

"La storia della mia opera risale a 58 anni fa. Anzi, no, la storia inizia 68 milioni di anni fa, quando si formava la costa dell'Inghilterra, un territorio assolutamente piatto, ideale per realizzare le piste degli aereoporti. Dopo la guerra, dal 1945 a oggi, sono stati costruiti 43 aeroporti nella piccola area da dove vengo, la maggior parte americani.  Per questo motivo, per buona parte della mia infanzia, ho ascoltato r & b e rock americano. Tutto risale al 1957-58, quando ho ascoltato per la prima volta Get a job di Silhouette. Non molte notti prima avevo visto mio padre, un postino che faceva tanti straordinari per farmi andare a scuola, tornare dal lavoro così stanco da cadere in avanti. Quando l'ho visto così mi sono detto: "Non avrò mai un lavoro". La decisione più importante della mia vita, che mi ha portato ad essere un artista, deriva da una certezza, che non avrei mai avuto un lavoro "regolare".

La pittura e la scuola

"Volevo dipingere, mi piacevano Kandinskij, Mondrian e le donne formose di Renoir. A 15 anni decisi di andare alla Art School, l'ingresso era facile perchè era aperta a tutti e gratuita. Quando sono andato al colloquio mi sono portato una copia della signora dal grande sedere di Renoir, dove emergevano i temi più importanti della mia vita artistica. Mi sono imbattuto in un uomo spinto dalla passione che mi ha ammesso alla scuola d'arte, ho avuto una grossa fortuna. Quella scuola stava attraversando un periodo di grande sperimentazione, che è durato i 2 anni che l'ho frequentata. Si insegnavano anche matematica e cibernetica e nello staff c'erano matematici, scultori e pittori. Uno degli oggetti che mi affascinavano di più era un registratore a nastri, che avevo sempre voluto da bambino, ma che i miei non potevano comprarmi. Mi affascinava l'idea che puoi riversare su nastro un suono, invertire la registrazione e il tempo".

I primi esperimenti

"Con uno di questi nastri ho registrato l'ombra di una lampada a tre diverse velocità, è stato il mio primo pezzo di musica elettronica, più o meno identica a quella che faccio adesso: in 50 anni non ho imparato nulla, tranne che oggi le lampade sono molto migliori di allora. Lavoravo col suono e con le luci, a 16 anni ho fatto la mia prima scultura di luce, una scatola divisa in 9 celle. In ognuna c'è una lampadina, le stesse usate per le frecce delle auto, che emetteva flash di luce. In ogni parete divisioria c'era un buco che conteneva un gel colorato: se quella lampadina funzionava e le altre erano spente, il prodotto era la fusione delle luci delle altre due, una specie di magia, con un numero enorme di possibili combinazioni. Era affascinante, con pochissimi soldi avevi grandi risultati, tanto per non discostarsi troppo dalla teoria del "non avrò mai un lavoro vero".

Il rock non fa per me

"Ho dedicato la mia vita a rimanere per sempre un bambino, così, quando ho finito la scuola, ho fatto come tanti studenti della scuola d'arte, sono entrato in una rock band. Una sera, quando eravamo sul palco, mi sono ritrovato a pensare al mio bucato. Ero in piedi per cantare, ma pensavo ad altro, avevo 4 camicie sporche in valigia e così mi sono detto "Ho sbagliato lavoro". Ho lasciato la band, anche perchè odiavo andare in tour".

La video pittura

"Cinque anni dopo stavo registrando in studio con i Talking Heads a New York, quando entrò un roadie dei Foreigner con una grande scatola con registratore e telecamera. "Qualcuno vuole comprarla?", disse. La comprai per 200 dollari: prima non avevo mai posseduto nessuna attrezzatura video. L'ho portata nella mia casa di New York, dove non avevo neanche un treppiedi. Non sapevo come funzionasse, l'ho messa su una superficie, ma era inclinata da un lato. In questo modo ho visto la tv in una maniera del tutto diversa: quando è inclinata ha a che fare con la narrativa e con il teatro, quando la si mette in verticale ha a che fare con la pittura. Il semplice atto di girare lo schermo mi ha fatto pensare che i video sono esse stessi un modo di dipingere".

Musica ambient

"Filmare qualcosa quando non accade nulla, tranne le nuvole, la luce diversa e gli aereoplani che passano, mi ha aperto la mente. E' un dipinto che si muove molto lentamente, il video ti dà infinite  possibilità di giocare con la luce. Così ho iniziato a sviluppare l'idea dell'ambient music, che non è narrativa, ma è uno stato costante. In me sono affiorate due idee: fare musica come se fosse un dipinto e fare dei video come dipinti. Queste due idee si sono fuse in una sintesi tra musica e pittura". 

Sculture di luci

"Lavoravo sull'usare la luce come se fosse una scultura, così ho cominciato a mettere delle scatole sulla superficie dello schermo e sopra tutto questo ho messo uno strato di vetro opaco. Per me quello era diventato improvvisamente un dipinto, un' immagine che continuava a cambiare di colore. L'ho perfezionata con 6 proiettori con 100 diapositive ciascuno, che creavano tantissime combinazioni, ma non abbastanza per me. Mi piace molto questo processo creativo, come artista il mio obiettivo è realizzare opere incompiute, che portano al compimento di se stesse". 

Combinazioni numeriche

"Mi sono messo alla ricerca di un modo migliore per fare lo stesso lavoro. Abbiamo sviluppato un software che seleziona le immagini da 5 banche dati diverse, le seleziona e le fa sfumare. Nella sua prima versione le combinazioni erano 77 milioni, da cui ho scelto il titolo. Quando mi è stato chiesto di metterlo in mostra, ho pensato che fosse noioso un solo schermo, così abbiamo scelto tre gruppi di 4 schermi, ognuno dei quali mostra una diversa selezione delle 77 milioni di combinazioni. I dipinti, in questo modo, si creano in continuazione, a milioni, anche quando dormo nella mia casetta. Ci stiamo avvincinado all'infinito, che era esattamente il mio obiettivo iniziale".

Passione per la musica

"La passione per la musica è nata da piccolo ascoltando doo woop alla radio. Mio nonno era un musicista e il suo hobby era riparare strumenti musicali meccanici, che erano in realtà i primi sintetizzatori, anche se non lui lo sapeva. Mio padre era un batterista, ma me l'ha rivelato solo quando ho compiuto 35 anni. Mio zio insegnava clarinetto e l'altro zio suonava in una brass band. Mio fratello è un polistrumentista: sono l'unico maschio della famiglia che non sa suonare uno strumento, per questo era destino che facessi il compositore".

Arte e gioco

"I bambini imparano attraverso il gioco, mentre gli adulti giocano attraverso l'arte, che ti permette di continuare a imparare per tutta la vita. Da John Cage ho capito che essere artista è una pratica filosofica, per questo voglio usare tutti i mezzi a mia disposizione per esplorare questa filosofia, anche i profumi e la cucina. Purtroppo non sono un gran cuoco".

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Gabriele Antonucci