Beatles: “Yesterday” compie 50 anni - 5 cose da sapere
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Musica

Beatles: “Yesterday” compie 50 anni - 5 cose da sapere

La melodia arrivò nel sonno a Paul McCartney, come per magia

La canzone vanta oltre 2.000 cover, un record

I Beatles hanno inciso 211 brani, di cui 186 composti  direttamente dai Fab Four, la maggior parte firmati dalla coppia Lennon-McCartney. Ciò che impressiona è che oltre la metà sono canzoni straordinarie, tanto che nessuna raccolta da 20-30 brani può ritenersi sufficiente a rappresentare la magia della musica dei Beatles. Ecco uno dei tanti motivi del successo imperituro del più importante gruppo pop-rock di sempre: aver scritto grandi canzoni, che a cinquant’anni di distanza suonano ancora fresche e attuali, continuando a regalare ogni volta emozioni a chi le ascolta. Oggi è un giorno speciale per i fan dei Fab Four perché si celebrano i 50 anni di una delle canzoni più iconiche del loro repertorio, la ballad per eccellenza Yesterday, incisa il 14 giugno del 1965 negli studios di Abbey Road. Il rapido movimento armonico, le sue nostalgiche none sospese e l’irregolare lunghezza delle frasi spiegano solo parzialmente le ragioni della sua unicità.

Vediamo insieme, cliccando le frecce laterali, le 5 cose da sapere su Yesterday.

1) La melodia

Come ogni leggenda che si rispetti, non è univoco il luogo dove è nata Yesterday. Secondo George Martin, McCartney compose la canzone nel gennaio del 1964 in un soggiorno all’hotel George V di Parigi, durante il periodo di A hard day’s night. Secondo un’altra versione, Paul si trovava  in un appartamento nel palazzo di famiglia della sua fidanzata, l'attrice Jane Asher. Come guidato da una forza superiore (che molti associano alla madre, morta di cancro quando McCartney aveva solo 14 anni), il bassista dei Beatles si alzò da letto e corse al pianoforte per suonare quella melodia suadente che si era impossessata della sua mente.

2) La paura del plagio

La melodia arrivò così nitida a McCartney da credere per alcune settimane che fosse un pezzo scritto da altri, magari ascoltato qualche anno prima nella casa paterna. Paul la fece ascoltare agli altri tre Beatles, agli amici e ad alcuni addetti ai lavori, chiedendo se a loro ricordava qualcosa. Risposta negativa: era tutta farina del suo sacco.

3) Il testo

Mentre la melodia arrivò come un fulmine a ciel sereno, la genesi del testo fu molto più lunga e travagliata. Il titolo provvisorio della canzone era Scrambled Eggs (Uova strapazzate) e il ritornello suonava così: "Scrambled Eggs / Oh, my baby how I love your legs". Per fortuna l’ispirazione arrivò a Paul durante una vacanza in Portogallo nel 1965. Yesterday era la parola perfetta, con tre sillabe, per coprire le tre note, mentre la frase "all my troubles seemed so far away" ispirò in poco tempo tutto il resto delle liriche, ammantate di malinconia per un amore perduto.

4) George Martin e il quartetto d'archi

Yesterday fu la prima canzone eseguita da un solo componente della band, Paul McCartney, accompagnato da un quartetto d'archi formato da Tony Gilbert e Sidney Sax al violino, Kenneth Essex alla viola e Francisco Gabarro al violoncello. L’intuizione dell’arrangiamento orchestrale, che non convinceva la band, è tutto merito del genio di George Martin. Pensate che John, George e Ringo uscirono dalla sala di registrazione quando entrarono gli altri musicisti a incidere. Curioso come anche Yesterday, nonostante fosse una canzone al 100% di Paul McCartney, fu firmata Lennon-McCartney. Brian Epstein, illuminato manger dei Fab Four, fu categorico in proposito: “Qualsiasi cosa facciamo, non dobbiamo dividere i Beatles”.

5) Le cover

Yesterday è la canzone con il maggior numero di cover della storia del rock: 1.600 certificate dal Guinness Book of Records nel periodo tra il 1965 al 1985, 2.200 secondo Wikipedia, 2.500 secondo alcuni esperti beatlesiani. Tra le versioni più famose, ricordiamo quelle di Bob Dylan, Frank Sinatra, Elvis Presley, Ray Charles, Willie Nelson, Marianne Faithfull, Marvin Gaye, Tom Jones e Joan Baez, senza dimenticare i nostri Claudio Villa e Mina.

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Gabriele Antonucci