Mario Biondi conquista Roma con i Quintorigo - Recensione
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Mario Biondi conquista Roma con i Quintorigo - Recensione

Il crooner catanese e il quartetto romagnolo, supportati da Tosh Peterson e Federico Malaman, hanno incantato l'Auditorium Parco della Musica

Molti artisti, una volta raggiunto il successo, non fanno che ripetere pedissequamente la formula vincente della loro musica, quella che ha permesso loro di vendere decine di migliaia di album, con delle minime variazioni rispetto al copione originale.

Non è il caso di Mario Biondi, una delle più belle voci maschili a livello internazionale, che, con gli ultimi due album di inediti Beyond e Brasil, ha stupito tutti con un nuovo sound che si discosta dal jazz-soul delle origini.

Le sonorità di Brasil, a nostro parere uno dei migliori album del 2018, sono un vero e proprio viaggio nelle molteplici sfaccettature della musica brasiliana, anche se non sono cambiati il feeling, l'eleganza e il groove della sua musica, che getta un ponte tra Memphis e Sudamerica, senza rinunciare a un pizzico di italianità.

Mario Biondi Tour 2018

Anche il “Mario Biondi Tour 2018”, dopo un intenso tour che ha attraversato tutta l'Europa, ha voluto regalare agli spettatori italiani ritmi, colori e atmosfere inedite nelle date di dicembre, dove il crooner catanese è stato affiancato da una super band composta da Quintorigo, Federico Malaman, Massimo Greco e Tosh Peterson.

"E sperimentazione sia!" - ha dichiarato Biondi per presentare il nuovo tour- "Ho pensato ad un connubio tra il moderno progressive dei Quintorigo, la maestria jazz-fusion di Federico Malaman, la grande conoscenza dei sound elettronici e l’esperienza nella pop music di Massimo Greco unita alla giovane e potente arte del diciassettenne Tosh Peterson alla batteria. L’idea è quella di rinnovare e potenziare un repertorio consolidato e fonderlo con novità piene di colori e sounds accattivanti per questo tour teatrale. Vi invito a condividere questa esperienza con noi”.

L'incontro tra Biondi e i Quintorigo, alla prova del live di ieri sera all'Auditorium Parco della Musica di Roma, si è rivelato davvero vincente, esaltanto la voce voce profonda, calda e pastosa del cantante con le sonorità jazz-rock del quartetto romagnolo formato dal sassofonista Valentino Bianchi, il violinista Andrea Costa, il violoncellista Gionata Costa e il contrabbassista Stefano Ricci, tutti diplomati al conservatorio.

I Quintorigo

La band emiliana si è messa in luce, a partire dalla fine degli anni Novanta, per la sua singolare capacità di mescolare generi diversi come rock, jazz, blues, reggae e persino musica classica, dando vita, con strumenti da camera, a un sound unico e innovativo che è diventato il loro marchio di fabbrica, portandoli a calcare il palcoscenico di Sanremo Giovani nel 1999 con Il rospo (Premio della Critica e della Giuria di Qualità) e nel 2001 tra i Big con Bentivoglio Angelina (Miglior Arrangiamento del festival).

Lo scorso 9 novembre è stato pubblicatoI wanna be free, il primo brano di Mario Biondi inciso con i Quintorigo, frutto di una collaborazione artistica nata sul palco dell’Umbria Jazz di Perugia lo scorso 21 luglio dove Mario, headliner della serata, ha ospitato per la prima volta sul palco la band, che ha arricchito di nuove sonorità alcuni dei brani in scaletta.

“L’ oppressione sull’uomo ha sempre generato dolore e violenza - ha dichiarto il crooner catanese a proposito della nuova canzone- Il rispetto delle libertà e della sensibilità altrui è la risposta. I wanna be free è una canzone che nasce da questa suggestione: evocativa e piena di contaminazioni musicali. Nell’esecuzione dal vivo potrete cogliere l'evoluzione di questo brano con le varie sfaccettature musicali e la contaminazione fra Quintorigo e i musicisti coinvolti in questo progetto".

Ieri sera la Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, città che ha da sempre un rapporto speciale con il "nero a metà" siciliano, era piena come nelle grandi occasioni per assistere all'ultima data italiana del "Mario Biondi Tour 2018”.

La recensione del concerto

La scaletta, davvero generosa con 25 brani, prevede un'intro registrata per ogni brano, con un accenno di un brano famoso o con una parte parlata, una pratica che agli amanti dell'hip hop old school ha ricordato le illuminate produzioni di Dj Premier dei Gang Starr.

L'inizio del concerto è affidato alle eccellenti doti tecniche dei Quintorigo con lo strumentale Aeneis, che mette subito le carte in tavola.

Biondi, con la sua altezza imponente, fa il suo ingresso in scena sulle note di Serenity, brano iniziale del secondo album If, che all'inizio strizza l'occhio alla blaxploitation anni Settanta per virare, poi, verso la fusion, la classica e infine l'acid jazz a la James Taylor Quartet: un incipit molto promettente.

Il crooner non ha in mano il microfono, ma utilizza quello che in gergo tecnico si chiama “l’archetto” (il microfono che si ancora all’orecchio e che arriva di lato alla bocca).

Una soluzione tecnica gli permette di arricchire le sue straordinarie doti vocali con una gestualità da attore consumato, aumentando la comunicativa e l'impatto emotivo delle canzoni, che diventano quasi delle piccole performance.

Rio De Janeiro Blue si discosta dal nu jazz del periodo alla Schema Records per acquistare sonorità più notturne e jazzy, impreziosite dal funambolico scat del cantante.

Biondi rende omaggio al suo amico Pino Daniele, con il quale ha condiviso più volte il palco, con una versione da brividi di Appucundria, cantata da seduto con grande pathos e teatralità.

La prima parte del concerto privilegia i brani dei primi due album, con due versioni di Cry anymore e I can't keep form cryin' appassionate e ricche di soul.

Si torna all'attualità con l'intensa ballad Rivederti, ingiustamente classificatasi penultima tra i big a Sanremo 2018: un piazzamento che grida vendetta, ma che ha portato grande fortuna in passato a Vasco Rossi e a Zucchero.

A fare la differenza, qui, è la voce calda, potente e soul di Mario Biondi, che sul palco dell'Auditorium ha fornito l'ennesimo saggio del suo controllo vocale e della sua tecnica, sempre al servizio delle emozioni, salutato da un lungo e caloroso applauso del pubblico romano.

“L’amore è un tempio, non darlo per scontato”, canta Biondi in Love is a temple, primo singolo estratto dall'album Beyond, che si caratterizza per l’ipnotico riff di pianoforte e per l'inedita cassa elettronica, una canzone moderna e al tempo stesso di gran classe.

"Si parla spesso di come sono i giovani di oggi e di come noi eravamo diversi da loro- sottolinea Biondi- Io li conosco bene perchè ho otto figli, di varie età, e ogni giorno uno di loro mi combina un casino. Volevo presentarvi, però, un batterista eccezionale, di soli 17 anni, che viene da Los Angeles e che suona da quando ne ha due: Tosh Peterson!".

Il batterista, che finora ci aveva già impressionato per il suo drumming percussivo, tra ritmi spezzati e dispari, si produce in un solo di batteria strepitoso, ottenendo applausi scroscianti dalla sala Santa Cecilia dell'Auditorium. Davvero un ottimo acquisto da parte di Mario Biondi, che mostra di avere ottime doti di talent scout.

Ci sono piaciute moltissimo anche No Mo' Trouble, tra improvvisazioni vocali, ritmiche afro e cori gospel, Blind, perfetta amalgama tra sonorità analogiche ed electropop anni Ottanta, Be lonely, completamente rinnovata dal punto di vista degli arrangiamenti, e la sensuale soul ballad Ecstasy, uno dei pezzi forti dei concerti di Biondi, introdotta da canti gregoriani e dalle ieratiche tastiere di Max Greco.

Dopo la suadente bossa Bom de doer, cantata da seduto, il concerto diventa tutto da ballare con What have you done to me, Shine on (due dei brani migliori dal fortunato album Sun), Do you feel like I feel e l'immancabile This is what you are, intervallate dall'emozionante ballad Something that was beautiful, scritta per lui da un certo Burt Bacharach, uno dei più grandi compositori pop-jazz del Novecento.

La solare Shine on, scritta da Max Greco, offre l'occasione per due assoli travolgenti di Tosh Peterson, un nome da tenere sott'occhio, e di Federico Malaman, che, con la sua tecnica slap alla Marcus Miller, ha confermato di essere uno dei migliori bassisti italiani.

Nel gran finale di This is what you are, Biondi coinvolge il pubblico nei cori della canzone e ottiene, alla fine, una meritata standing ovation.

Un applauso interminabile, con diverse persone che si recano sotto al palco per stringergli la mano e farsi firmare i dischi, saluta la fine del tour italiano di Mario Biondi.

La scommessa della collaborazione del crooner con i Quintorigo, valore aggiunto del tour insieme al sorprendente batterista Tosh Peterson, è stata ampiamente vinta.

Speriamo che le emozioni trasmesse insieme sul palco dell'Auditorium possano essere riversate in un cd/dvd live o in un album di inediti congiunto: mai come in questo periodo, dominato dal nichilismo della trap, da scialbo indie-rock e da vuote canzoni pop-dance, c'è bisogno di musica di qualità.

Scaletta concerto di Mario Biondi a Roma del 27/12/18


Aeneis (Quintorigo)

Serenity

Rio de Janeiro Blue

Appucundria

Cry anymore

I can't keep from crying

Never die

Black shop

Rivederti

Love is a temple

Dream of return

Slow hot wind

A child runs free

No mo'trouble

Fuck the bank (Quintorigo)

Blind

Be lonely

Ecstasy

Bom de doer

What have you done to me

Do you feel like I feel

Something that was beautiful

Shine on

This is what you are

I wanna be free (base)

Gabriele Antonucci
Mario Biondi e i Quintorigo salutati dalla standing ovation dell'Auditorium di Roma

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