Lily McMenamy, top model consacrata alla bellezza
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Lily McMenamy, top model consacrata alla bellezza

La breve, inquieta vita di Lily McMenamy, una delle nuove protagoniste di fashion story e passerelle, interprete della cover story moda nel nuovo numero di Flair, in edicola con Panorama dal 24 ottobre

«La prima volta che s’è presentata da me non aveva nulla, neanche una fototessera», ridacchia Versae Vanni, a capo dell’agenzia Next Model, indicando una porticina di questo luminescente ufficio bianco dai soffitti barocchi, nel centro di Parigi. «Così, le abbiamo dovuto scattare alcune polaroid al volo, proprio in quello stanzino là». Lei, con i suoi anfibi inglesi, le gambe lunghissime strette nei fuseax neri che le fanno sembrare bastoncini di liquirizia, si copre la bocca con la manica della maglietta troppo lunga e precisa: «Eh ma per forza, ero venuta in città per far la cameriera!».E lo dice ridendo, chiassosa, e con una voglia di vivere contagiosa.

Magari si schermisce un po’ questa diciannovenne piena di energia superficiale ma anche di toni profondi che risponde al nome di Lily McMenamy. Una creatura dal sangue blu che ama raccontare la sua storia con dettagli avventurosi per far sembrare a se stessa (è importante, con il cognome che porta, e soprattutto con l’età che ha), che in qualche modo il suo destino non è già tutto scritto: Naomi Campbell madrina al battesimo, ad esempio. Il padre, Hubert Boukobza, titolare qui a Parigi di Les Bains, il club che per vent’anni ha visto gravitare tutti i personaggi più influenti del jet set europeo.

O, ancora, Karl Lagerfeld testimone di nozze della madre, una delle modelle più rilevanti tra anni Novanta e Duemila. Una trasformista radicale che si faceva rasare le sopracciglia per rendere più vera un’atmosfera sul grunge in un’indimenticata fashion story firmata da Steven Meisel. Oppure decolorare i capelli fino al grigio per diventare spettrale, fata/strega. E immancabilmente, poi, si teneva quei look estremi anche nella vita di tutti i giorni: una mamma come Kristen McMenamy, insomma.

È passato appena un anno dal giorno delle polaroid e dello sgabuzzino e Lily, scrivono i giornali francesi, è diventata la mannequin du moment. Alla terza sfilata in carriera, per Marc Jacobs, è stata capace di mettersi in faccia un’espressione da Giovanna d’Arco e uscire in passerella a seno nudo con un avambraccio guantato che lo copriva a malapena. Poi le sfilate Chanel, Vuitton e Saint Laurent, in esclusiva. Le cover per Purple e Jalouse. E ancora, la nuova campagna FW 2013 per Jacobs, dove incrina l’obiettivo del fotografo Juergen Teller con un’aria stralunata, psicotica, da bambina horror. Tutta sua madre, in fondo, si potrebbe dire.

Capitava mai che da piccola lei ti facesse paura con i suoi look?
Quando tornava a casa con certi make-up neri per esempio, o quando si vestiva da strega gotica per uscire, mi spaventava un po’.

La sentivi tua o ti sembrava che il suo corpo appartenesse a qualcun altro?
Mi suscitava ammirazione, ma un’ammirazione lontana. La sentivo più come una specie di regina piuttosto che una madre, sempre lì a prendersi cura di sé, maestosa. Sensazioni che ero convinta m’avrebbero fatto odiare la moda e tutto il suo mondo, per sempre.

E invece?
Era una specie di iniziazione. Stava mettendo il suo seme dentro di me. Lo capisco solo ora.

La invidiavi?
No.

Pensi che oggi – lei alla fine e tu all’inizio – sia lei a invidiare te?
Non ha mai voluto che sfilassi, questo è certo. Ma credo che più che altro lo facesse per proteggermi.

Perché hai scelto il suo cognome?
Perché l’ho sempre portato. Lei odiava quello di mio padre, “Boukobza”, e proprio non riusciva a mandar giù l’idea di non potermi trasmettere il suo. Così, dopo la separazione, ha preso la palla al balzo e sono sempre stata Lily McMenamy, anche a scuola.

L’intervista alla top model McMenamy continua sul numero 7 di Flair, in edicola con Panorama dal 24 ottobre

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