Giorno 6, i labirinti della memoria
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Giorno 6, i labirinti della memoria

Giovanni scava nei suoi ricordi e ripensa ad un passato ormai lontano

Con Niko oggi abbiamo scandagliato i labirinti della mia memoria.

A sera è come se il vento incessante mi avesse svuotato l’anima…

Mi sforzo di trovare il sole che è mancato, oggi, nelle parole, nelle risa della crew, manon ce n’è molto, in giro.
Abbiamo incontrato molte persone, in questo viaggio, molte voci, qualcuna più raucae stanca, altre brillanti e ridanciane!

Facce devastate dalla droga, volti bruciati di pescatori, tatuaggi fatti a mano, sorrisicomplici e una moltitudine di gente passata accanto a noi come polline: stasera leraccolgo tutte, le ricordo in pieno, le mastico tra le mandibole della reminiscenza, epesano come sacchi di sabbia posti per arginare un mare inquieto.

Quanto lontano bisogna andare per ritrovare la sagoma dei propri passi, perriconoscere l’odore della propria anima, per sentire la lontananza dalla casa dei padri?
Siamo arrivati così vicini alla verità, ai particolari dell’indagine: forse siamo statibravi.

Abbiamo visto i luoghi del naufragio, abbiamo parlato con giornalisti, pescatori,tossici, gente di Capelas e di Rabo de Peixe (Fishtail), sbirri, dottori, abbiamo vistocase colorate e bambini che giocavano su barche in rimessa.

Porti ordinati e altri nudi, sguardi torvi e altri in discesa verso il sorriso.
Occhi pieni di parabole e una tensione positiva verso l’abbraccio, mercati di fruttae giovani registi azzorriani, perdigiorno, per perdere una vita intera inseguendo lachimera di una droga sintetica da due euro…

Tergicristalli in movimento paranoico, simmetrie di chiese e di croci portoghesisparse come acqua benedetta!
Dal finestrino di un’auto abbiamo cercato di scorgere l’autenticità di questo racconto,ho cercato di raccontare la mia vita attraverso gli amici, sguardo alto come inprigione, mano aperta non per chiedere, ma per dare…

Eppure le dita non vibrano veloci sulla tastiera del mio vecchio pc, solitario in mezzo
ai Mac, la testa non ordina falangi di parole, è capace solo di inviare soldati sperdutidi sillabe solitarie, la narrazione è spezzata come un pianto isterico, penso al ritorno acasa, ma ho bisogno di sole, per pensare bene.

Ho avuto molta pioggia nell’infinita adolescenza, e ora che ne ho finalmente varcatoil confine vedo che ci sono state giornate di sole splendido; (non ero in grado diabbronzarmi.)
Ne vedo il riflesso sulla strada che si snoda appena di fronte a me, prima o poiriuscirò non solo a scorgerne la brillantezza: sarò in grado di raggiungerlo, e dimorire ebbro di vita e di bellezza, in un mezzogiorno insieme alla mia gente.

Le cantine della vita mi hanno spinto verso i piani alti…(e, forse, viceversa?)
Ora non desidero altro che luce.

Voglio arrampicarmi sopra le sette città di San Miguel, arrivare in cima ai pendii deldomani, stancare le gambe verso i bagliori del futuro.

E vivere tutto con gratitudine…

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