Giorno 5: lettera a Niko
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Giorno 5: lettera a Niko

Blowing in the wind

Scrivo per Niko, stasera.

Scrivo perché è un amico e si merita tutte le parole del mondo.

Il vento a San Miguel soffia senza tregua, il nostro viaggio è senza sosta…

È senza pace l’occhio di Eduardo, relegato alle abitudini della strada, prigioniero dei suoi codici. Racconta del naufragio e di coste presso cui sono state nascosti i pacchi di cocaina mentre veniva riparata la nave del narcotraffico, la “Mario”.
Ha tatuaggi vecchi, addosso, fatti a mano.

Con la scusa di guardarli gli prendo in mano le braccia bruciate dal sole per vedere se ha piste sulle braccia: alcune dense cicatrici là dove infilava aghi nella pelle confermano i miei pensieri.
È stato un tossico; forse ha cambiato vena, o modo di farsi.
Forse ha smesso, semplicemente.

Saperlo cambierebbe qualcosa?

Toglierebbe vita al nostro racconto?

Medierebbe la malinconia di qualcuno?

Renderebbe più vivibile il suo naufragio?

No.

“Fingers” è tatuato sul dorso della mano destra…
“Era il mio nome quando spacciavo – dice sorridendo – tutto passava sotto le mie mani, tutto era sotto il mio controllo!”

Quanti ne ho conosciuti, così?
Primavera dei pushers, estate nella giovinezza ostentata, poi un lento declino che  inesorabile si mangia tutto… l’autunno del corpo e l’inverno dell’anima.
Poi le stagioni non si avvicendano più.
Il diplomatico che incontriamo di fronte alla chiesa del centro di San Miguel rinfranca l’animo!
Ha un sorriso largo e la barba canuta ispira gentilezza e rispetto, ma non è per il colore, è per gli occhi che la sovrastano: vitali, accesi.
Parla dell’isola più che della cocaina nelle Azzorre, ma è comunque piacevole ed interessante.
Il resto del giorno è speso tra montagne e acque tiepide di roccia naturale, il resto è contemplazione delle nuvole e contatti per domani, e risa e sorsi di individualità bevuti in gruppo.

Il piccolo cane soprannominato “colonnello” arrota i denti sulla mia mano e mi scalda il cuore, mentre un cane che pensavo fosse la madre lo segue da vicino, sempre.
Mi accorgo che è il padre, e la cosa mi dà un senso di dolcezza.

(come è amorevole e dignitoso, il mio, di padre?)

Il ritorno alla casa di Capelas è un bacio sulla fronte dopo le ginocchia sbucciate, è un bagno caldo dopo la pioggia di novembre, come una lettera d’amore…

O una canzone cantata da Niccolò prima del termine della notte.

A domani…

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