Giorno 5: la magia del team
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Giorno 5: la magia del team

La squadra al lavoro nelle Isole Azzorre

Chi si ferma è perduto.
Ma non è il caso nostro.

Quello che stupisce di questo gruppo è la voracità nel cercare e assemblare testimonianze come se completare il puzzle fosse questione di vita. O di vita.

Perché di vita, semplicemente,  si tratta.
Un’altra, diversa dalla mia. O dalla mia consuetudine.

Mi trovo a parlare di esistenze spezzate da un problema che non ho dovuto affrontare.
Ne ho pudore, qualche volta, come se la mia estraneità a questo tipo di disagio risultasse distonica e inappropriata.

Eppure, mi ricordo che fui il primo ad essere colpito da questa strana vicenda. Per questo cerco di mantenere viva l’attenzione e vivace il mio sguardo sulle periferie che non conosco o non conoscevo. Mi piace il luogo dove stiamo abitando.

Una bella casa luminosa e colorata che guarda il mare. Mi piacciono le persone con cui sto viaggiando, e mi affascinano quelle che incontriamo.

Un’amica mi ha chiesto, tempo fa cosa mi appassiona.
Ridere, con rispetto, delle fragilità degli uomini. Le mie, naturalmente, su tutte.
Mi appassiona.

Andare a dormire con la consapevolezza che più di così non potevo fare.
Mi appassiona.

Abbassare la voce quando il rumore di fondo del locale è così forte, sperando che anche gli altri seguano il mio esempio.
E ripartire tutti da capo. A voce bassa.

Al contrario, amplificare i pensieri di chi ha perso la voce per qualche motivo.
Non indugiare sul motivo, ma insistere sull’importanza del silenzio.
Mi appassiona.

Un bagno in una pozza di acqua calda in mezzo al bosco.
Stare lontano da casa e stare bene.
Pensare che il destino accomuna storie con rigore e che allontana con noncuranza.
Mi appassiona.

Quello che sto vivendo qui.
Sull’isola del naufragio.

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