Sky Ferreira, la popstar che ispira i fashion designer

Hedi Slimane

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Sky Ferreira, la popstar che ispira i fashion designer

Una conversazione di Flair con Sky Ferreira, la nuova popstar tra moda, glamour e rock. E' uno dei personaggi che presenta il prossimo numero di Flair, in edicola con Panorama da giovedì 28 marzo

«I sogni si avverano, lo sa che i sogni si avverano sempre?».

Ha appena venti anni e una vita in discesa che l’attende, Miss Ferreira, nata a Los Angeles da genitori portoghesi e nativi americani. Per i nostalgici delle dive pop di un tempo è una “fake Madonna” o una replicante di Gwen Stefani, ma Sky è altro, appartiene a una nuova e inafferrabile generazione di popstar, quella allenata a farsi largo nel mainstream giocando contemporaneamente su più tavoli.

Modella, icona fashion, party girl, attrice (di recente ha recitato in The Green Inferno, il nuovo “cannibal thriller” ambientato in Amazzonia, del regista Eli Roth) e regina dei social network, la giovane blonde sensation ha nel curriculum una manciata di singoli (per vedere il suo primo album di canzoni inedite ci vorrà ancora un po’ di tempo) e una collezione sterminata di scatti d’autore. Terry Richardson, Mario Testino, Hedi Slimane  sono alcuni dei fotografi che l’hanno immortalata. Saint Laurent e CK One, due dei brand che l’hanno voluta come testimonial. Scatti che significano copertine, che significano fama e popolarità su scala mondiale. Tutto è iniziato cinque anni fa con un profilo Myspace, un paio di canzoni elettro-pop dal ritornello facile.

Da lì, i primi contatti con la discografia che conta. «Basta che nessuno scriva che sono figlia di YouTube», chiarisce subito, per prendere le distanze dai tormentoni alla Call Me Maybe, l’hit di Carly Rae Jepsen. «Oggi funziona così: chiunque sappia fare due vocalizzi posta un video in rete, ma questo non significa essere un cantante o avere una carriera. Non basta avere letto un libro di ricette per diventare uno chef professionista. C’è un’invasione virale di presunte nuove star che mi disturba molto», racconta dalla suite di un albergo parigino il giorno dopo lo show in un club di Londra. Tanta gente, applausi e apprezzamenti per Everything is Embarassing, l’ultimo singolo.

«Gli artisti esordienti della mia generazione sono ologrammi che appaiono e scompaiono sullo schermo del computer. Quando si presentano in carne e ossa, c’è diffidenza. La gente ti scruta, cerca di capire chi sei. L’ennesima lolita pop costruita a tavolino e mandata allo sbaraglio o una cantante vera? Gliela leggi negli occhi questa domanda».  Ha un istinto ribelle e un approccio non convenzionale al music business, ma quando si accosta a un microfono sa bene quel che fa.

Di lezioni di canto ne ha prese tante, Sky Ferreira, prima come corista di un gospel choir, poi come cantante d’opera. «Non è esattamente quel che desidera una bambina di dieci anni», racconta. «Ma a spingermi tra le braccia dei vocal trainer è stato un uomo a cui non si poteva dire no: Michael Jackson. Mia nonna è stata la sua hair stylist per decenni, ho passato interi pomeriggi a casa sua, abbiamo fatto le vacanze insieme. Parlavo a ruota libera e canticchiavo nel salotto della più grande star del mondo senza avere l’esatta percezione della sua fama. Intorno ai tredici anni, ho realizzato quanto fosse inusuale e unica quella frequentazione. In un certo senso, è stato il mio tutor, il mentore. Se n’è andato tre giorni dopo la firma del mio primo contratto discografico. Non lo dico spesso, ma continua a farmi molto male accettare la realtà che non ci sia più».

Ha un piglio da popstar, eppure l’ultima cosa che desidera è passare per una versione femminile di Justin Bieber. O, magari, per la nuova Lana Del Rey. «Povera Lana, l’anno scorso ha esordito dal vivo in tv al Saturday Night Live e l’hanno massacrata, trattata come un’afona dilettante. Non sarà stata la performance della vita, ma ha avuto il coraggio del debutto in salita. Sarebbe stato più facile cantare in playback tra raggi laser e fuochi d’artificio». Non è mai tenera con il music business. Quasi cercasse una rivalsa per tutte le volte che le è stato ripetuto che cosa fare e come farlo.

«Chi mi conosce bene sa che non ho l’attitudine a prendere ordini. Per i manager della discografia devi sempre essere la nuova qualcuno. Questa è l’ossessione dei discografici, che fanno discorsi tipo: l’anno prossimo c’è posto in classifica per un paio di facce nuove, una potresti essere tu. Perché non incidi un bel remake, un pezzo già noto, così le radio lo mandano in onda senza problemi? No, non fa per me. Io oscillo tra tentazioni mass market e aspirazioni indie, tra l’eleganza formale e le mise da vintage store newyorkese. Funziono così nel look, ma anche nella musica. Mi ispiro a una leggenda vivente, ovvero Debbie Harry dei Blondie, la perfetta sintesi tra l’iconografia dark punk e la sobrietà di una college girl compressa in una divisa».

Non era esattamente sobrio, invece, Red Lips, il videoclip diretto da Terry Richardson in cui compare sdraiata sul pavimento mentre una pelosissima tarantola passeggia sui suoi zigomi e poi ancora sù, fino agli occhi e lungo i capelli. «Non me l’avevamo mica detto! Mi hanno teso letteralmente una trappola e non ho avuto il tempo di reagire. Sono stati attimi di panico, io che sono terrorizzata anche solo dalle formiche. Ancora qualche minuto di riprese e sarei svenuta. Ho riguardato le immagini, non sono mai stata così pallida in vita mia». Perché anche le cattive ragazze, qualche volta, hanno paura. L’etichetta di socialite senza freni inibitori se l’è poi guadagnata una notte di quattro anni fa, in compagnia di Katy Perry, durante un party ad alto tasso alcolico.

Della sua presenza non si sarebbe accorto nessuno, se la collega non avesse twittato un’immagine esplicita: Sky con una bottiglia di vodka lemon stretta tra le gambe: «Tutto qui? Sai che scandalo... In Europa tutti si sarebbero fatti una risata. Così ho scoperto il lato oscuro dei social network: un’immagine che rappresenta il frammento di una notte intera si trasforma nel tuo biglietto da visita per anni. E tu non puoi farci niente: Game Over».

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Gianni Poglio