Silvia Venturini Fendi e Jean Paul Gaultier, due destini paralleli fra moda e creatività
Un dialogo tra Silvia Venturini Fendi e Jean Paul Gaultier: vocazione il fashion e altre spericolate convergenze. Su Flair, in edicola con Panorama
Lei è un’accumulatrice seriale, lui un visionario. Lei da bambina dava una mano in atelier raccogliendo gli spilli da terra con una calamita, lui aiutava la nonna visagista. Mentre lei a scuola era “l’erede”, nipote della fondatrice della storica maison e quindi invidiata e riverita, lui, figlio di un’impiegata e di un contabile di pochi mezzi, non riusciva ad ambientarsi fra i compagni perché era una schiappa a calcetto.
E ancora: lei è già più volte nonna e sogna di ritirarsi in campagna, lui ha un fidanzato in Grecia e vorrebbe partecipare a Ballando con le stelle; lei parla in modo compìto, dosando le parole, lui in ogni frase infila almeno quattro lingue, sei superlativi e innumerati punti esclamativi. Non potrebbero arrivare da esperienze più diverse: lui, Jean Paul Gaultier, 61 anni, lo stilista che ha sovvertito tutti i codici rassicuranti della moda. Lei, Silvia Venturini Fendi, 53 anni, direttore creativo accessori del brand della galassia LVMH, presidente da tre anni di Alta Roma, manifestazione di moda che grazie alla sua azione ha riacquistato la sua vocazione originaria di piattaforma creativa per nuovi talenti.
Lei a 18 anni è a New York e a Londra, in fuga dalle consuetudini borghesi che mal sopportava («e alle rigide regole familiari che non contemplavano il divertimento»), mentre lui, a chi lo definisce (ancora) enfant terrible, replica che conduce una vita assai noiosa. «La follia l’ho sempre messa nei miei abiti», racconta….
Jean Paul Gaultier - Ah, Parigi! A fine anni Settanta non sai cos’era. Andavamo a Le Palace. La musica era fantastica: tutto era stravagante ed eccessivo, con sculture di ghiaccio e camerieri vestiti d’oro. Ci trovavi da Mick Jagger a Grace Jones, ma anche Andy Warhol, Roland Barthes e tutti i couturier: Yves Saint Laurent con Pierre Bergé, Karl Lagerfeld e Kenzo. Ogni serata, un evento. E il giorno dopo eri su Libé. Il proprietario, Fabrice Emaer, voleva ricreare le atmosfere di New York. A Le Palace, che rivaleggiava con Studio 54, si mescolavano moda, musica e cultura underground. Ricchi e poveri, gay e etero: c’era un vento di libertà. Purtroppo tutto finì con la sua morte, pochi anni dopo.
Silvia Venturini Fendi - Io ho messo piede per la prima volta allo Studio 54 a 19 anni: era il 1979. Indossavo pantaloni da smoking e un top rosso lacca, e il giorno dopo la mia foto uscì su Women’s Wear Daily. Senza nome, perché non mi conosceva nessuno, ma ricordo com’ero eccitata al pensiero che quella “bibbia del costume” mi avesse pubblicata. Dovevo avere stile. In realtà la mia discoteca preferita era il Roxy, dove si ballava coi pattini a rotelle e trovavi da Yoko Ono a Gloria Gaynor. Allora, camminando per New York, sentivi che poteva succedere qualunque cosa. Noi ballavamo tutta la notte e poi, alle sette del mattino, sandali in mano, via al lavoro. Anche a Londra era così. Frequentavo il college, ma il vero studio era per strada, tra la gente. Era un momento di grande sperimentazione nel vestire. E c’era tanto ottimismo.
Jean Paul Gaultier - D’altra parte erano gli anni Ottanta, quelli di Madonna. Anch’io ero a Londra, allora. E la prima volta che la vidi fu aTop of the Pops.
Silvia Venturini Fendi - Il giovedì sera i locali erano deserti, non si usciva. Stavamo incollati alla tv, proprio in attesa del programma. Poi quando iniziava, tutti a ballareWhole Lotta Love, la sigla dei Led Zeppelin.
Il dialogo tra Silvia Venturini Fendi e Jean Paul Gaultier continua a pag. 234 del numero di Flair, in edicola in allegato con Panorama.