Milla Jovovich, dalla noia alla Laguna Blu
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Milla Jovovich, dalla noia alla Laguna Blu

L’attrice e top model, protagonista di una copertina del numero di Flair in edicola dal 28 novembre , racconta il passato, la fama e il segreto di diventare "la più indimenticabile donna del mondo"

Sono passati venticinque anni esatti da quando Richard Avedon ha deciso che l’infanzia di Milla Jovovich era finita. «Se penso a quello scatto per Revlon,a Richard maniaco dei dettagli, mi viene in mente una parola sola: noia. Avevo undici anni, inclusa tra le Most Unforgettable Women in the World (le donne più indimenticabili del mondo),  quando invece l’unica cosa che volevo fare era giocare. Se non avessi avuto la mia bambola, She-Ra Princess of Power, sarei scappata dal set, e nulla di quanto è accaduto dopo sarebbe diventata realtà».

Parla con forza, non con malinconia. Sembra padrona persino dei pezzi di vita di cui non è stata padrona, come questo. Indossa un pullover, perché la giornata a Los Angeles è stranamente fredda, e sta seduta su una sedia spagnola («È del XVIII secolo») che ha comprato pochi giorni fa da un antiquario andaluso. «Di quegli anni qualcosa m’è rimasto addosso: una certa insofferenza direi, la tendenza a stancarmi subito. Ecco perché lavoro solo con persone dalla mente veloce, che sanno ciò che vogliono, e lo ottengono in fretta».

Gesticola, sorride con apertura. Un paio di volte, per sottolineare i concetti, fa il gesto dell’ombrello e strizza le labbra sotto i denti come a pronunciare un f**k che alla fine, da signora, non esplode mai.

«Avevo quindici anni quando è uscito il mio primo film importante, Ritorno alla laguna blu. Ecco l’attrice peggiore del mondo, scrissero. E avevano ragione. Non ero a mio agio. Non avevo idea di quello che stessi facendo. Sapevo solo che il mio dovere era diventare una star, perché quello era il futuro che mia madre aveva programmato per me».

Nata a Kiev nel 1975 da un’attrice e un pediatra, si trasferisce in California all’età di sei anni lasciandosi alle spalle l’Unione Sovietica. A scuola la chiamano "commie", dispregiativo di “comunista”. «Non mi faceva né caldo né freddo, in tutta sincerità.

Quando m’insultavano rispondevo “Ehi, levati di torno, che stai ostacolando la mia visione del futuro”. Giuro, dicevo così. Poi tornavo a casa e m’aspettavano ore di studio: recitazione, danza, dizione, postura. Vivevo da adulta. Il resto, erano faccende da ragazzini»…

La conversazione con Milla Jovovich, continua sul numero 8 di Flair in edicola con Panorama giovedì 28 novembre .

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Raffaele Panizza