Irvine Welsh: "Noi che contavamo i treni". L’autore di Trainspotting si racconta
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Irvine Welsh: "Noi che contavamo i treni". L’autore di Trainspotting si racconta

I conflittuali, appassionati, leggendari anni Novanta. L’autore di Trainspotting, il più ustionante romanzo di quegli anni, ricorda il dolore, i rave, le battaglie, l’euforia. In esclusiva per Flair, in edicola con Panorama dal 19 settembre

Diciamo che in quel periodo ci riappropriammo finalmente dell' "ethos” del punk, che avevo vissuto ventenne, parecchi anni prima. Così si cominciava a far musica, creando eventi indimenticabili con il solo aiuto dei sound system portati da casa. Con l’avvento di house music ed elettronica le strade tornarono a riempirsi. Fu un modo di ribellarsi alla sensazione che nulla poteva alterare il “sistema”, al rancore per una rivoluzione mancata. Voleva dire uscire di casa dove ci si era rintanati, divertirsi, ignorare quello che accadeva nel resto della società.

Incidentalmente, il 1993 fu anche l’anno in cui venne pubblicato Trainspotting. Storia estrema e sufficientemente autobiografica, con questa banda di tossici dei quartieri popolari di Edimburgo. Dopo averci pensato per quasi dieci anni, l’avevo scritto in meno di due. Ma non pensavo che il futuro di Renton, Sick Boy, Begbie e Spud fosse di diventare delle icone».

Febbre londinese. «C’era una strana febbre in giro, culturale e artistica. Lì incontrai tante persone interessanti – e con qualcuno nacque un’amicizia profonda. Soprattutto lì, vissi un momento di transizione: fino ad allora la mia quotidianità era “dalle 9 alle 5”, come impiegato negli uffici dell’Hackney Council, East London – e tra una pratica e l’altra continuavo a scrivere. Con i primi soldi e il successo il mio stile di vita cambiò, seguendo molto più quello di chi frequentava l’ambiente musicale. Tornai anche a fare il dj. Al Fabric, all’Heaven e al Ministry of Sound. Ci si trovava nei negozi di dischi di Islington e Camden. Mi piaceva mettere la musica nei club, ma soprattutto mi piaceva partecipare a quel divertimento collettivo, ai rave da 25mila persone».

Tra compagni di viaggio. «Successe tutto all’improvviso: io, Liam e Noel Gallagher, Damon Albarn, Kate Moss, Bobby Gillespie dei Prima Scream. Da assoluti sconosciuti eravamo diventati celebrities. Iniziammo così a incontrarci tra di noi, in luoghi dove potevamo bere e chiacchierare in pace, senza dover firmare autografi. A Primrose Hill, dove i Primal Scream avevano uno studio, all’Heavenly Social Club, al Turmills di Clerkenwell (primo club londinese a ottenere la licenza per restare aperto 24 ore, ndr), al George, frequentato da musicisti come gli Alabama 3, e c’erano attori, produttori. Un bel clima»….

Contrattempi della fama. «La sera prima ero stato l’ospite d’onore di un party al Ministry of Sound. Già, “uomo del momento”. Eppure Sua madre Francesca diventa attivista contro l’uso di droga nel mondo della moda. Il 13 aprile 1997 lo scrittore inglese Will Self viene licenziato daThe Observerper aver sniffato eroina sull’aereo del primo ministro John Major, con il quale stava viaggiando per conto del supplemento domenicale. «Mi sono fatto una riga, che sarà mai», si giustifica il romanziere con il direttore Will Hutton. Nel giugno 1997 debutta su MTV il nuovo video diretto da Mark Romanek:Criminal, di Fiona Apple. La cantante, 19 anni, si aggira seminuda per una camera di motel buia seguita dal flash della macchina da presa. Intorno a lei bottiglie vuote, tranci di pizza abbandonati, modelli privi quando mi ripresentai la sera dopo, completamente ubriaco e con i Dr. Martens coperti di vomito, per i buttafuori fu troppo. M’impedirono di entrare»…

(Testo raccolto da Silvia Mapelli)

La testimonianza di Irvine Welsh continua pag. 222  del numero di Flair, in edicola dal 19 settembre in allegato con Panorama

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