Conversazione con Damon Albarn, leader dei Blur, la band-fenomeno del Britpop
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Conversazione con Damon Albarn, leader dei Blur, la band-fenomeno del Britpop

Damon Albarn, leader dei Blur, racconta a Flair i suoi anni Novanta e la Londra pulsante del Britpop. In edicola in allegato con Panorama

«Capita una sola volta nella vita di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. I Blur, vent’anni fa, erano esattamente lì, nel cuore di Londra che, musicalmente parlando, era il centro del mondo», rievoca con Flair Damon Albarn, volto e mente creativa di una delle due band (l’altra, ovviamente, erano gli Oasis) che hanno riscritto la storia del sound made in England. Era già successo con i Beatles, David Bowie i Pink Floyd  e poi negli anni turbolenti del punk, della “Sex Pistols way of life”.

Quindi, più niente fino appunto a quell’inizio degli anni ’90, glorioso esordio del Britpop. «Il punk aveva messo all’angolo l’approccio musicale e l’iconografia del flower power, il Britpop  ha avuto lo stesso effetto sul grunge e sullo stile di Seattle. Detto questo, io credo che Kurt Cobain fosse un songwriter straordinario, una faccia vera. Quanto di più lontano potesse esserci dagli stereotipi dello showbiz americano». Per Damon Albarn, i Blur e un’intera generazione, proprio quel 1993 fu l’anno della svolta…

La band cavalcò l’onda incidendo un album seminale, uno di quei dischi che diventano la stella polare per tutti gli altri. Si intitolava Modern Life Is Rubbish. «Uno slogan», ricorda ancora Albarn, «che i londinesi conoscevano bene perché disegnato a caratteri cubitali da un collettivo di artisti anarchici lungo le mura di Bayswater Road, a nord di Hyde Park». Dentro quelle canzoni c’erano gli Who, il punk, gli Small Faces di Ronnie Lane e i Jam di Paul Weller. Eppure, il disco suonava fresco, unico nel suo genere. «Mangiavamo e dormivamo sempre nella studio di registrazione», prosegue il musicista…

La conversazione con Damon Albarn continua a pag. 107 sul numero di Flair, in edicola con Panorama.

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Gianni Poglio