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(Grabi/Getty Images)
Lifestyle

Grappa: quando il distillatore è uno stilista del gusto

Non è vero che serve per digerire o riscaldarsi. Se ne può bere anche solo un cucchiaino, degustato fresco. Viaggio (guidato) in alcune delle migliori tenute italiane alla scoperta di come invecchia la regina del barrique. Otto idee per un regalo di Natale di «spirito»

«Non chiamatela grappino o ammazza caffè». È l'invito pacato, ma fermo, di Paolo Lauciani, l'esperto che Panorama ha interpellato per raccontare il mondo grappa, su cui, purtroppo, insistono luoghi comuni. Inesattezze legate a un'Italia datata che vedeva nel distillato un elisir ruspante e tagliente per digerire o riscaldarsi. Niente di più sbagliato. «La grappa è da degustare in quantità modeste, basterebbe la dose di un cucchiaino da caffè» raccomanda Lauciani «veicola emozioni come un buon vino. Fortunatamente i nostri distillatori sono riusciti a restituirle la dignità che merita» aggiunge. Senza smania tuttavia, al riparo da rigide e spietate leggi di mercato.

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Nannoni, Grappa di Brunello Gran Riserva (nannonigrappe.it)

«La grappa è un mondo ancora tutto da scoprire e con grandi margini di miglioramento. Non è un prodotto che va svecchiato o introdotto a forza nei consumi moderni» afferma Chicco Berta, patron della distilleria di Mombaruzzo, nell'astigiano. Un'azienda gioiello che ha guidato per molti anni con il fratello Gianfranco, scomparso prematuramente nel 2015. Proprio a lui, «all'uomo dall'animo buono, a un pezzo del mio cuore ho dedicato una grappa speciale, la SoloPerGian. Speciale nel gusto certo, ma anche perché il ricavato della vendita finanzia i progetti promossi dalla Fondazione no profit dell'azienda, una realtà che aiuta giovani artigiani in difficoltà». Un gesto d'amore fatto con amore. Del resto, nella grappa, qualunque essa sia, giovane, invecchiata, stravecchia, o si mette un gran bel sentimento o non la si fa. «È interessante sapere che le distillerie in Italia sono solo 135» svela l'esperto Lauciani. Numero che sottintende l'esclusività di questo mondo.

«Grappa giovane non fa legno» raccontava un antico adagio. «È un distillato che vive dei soli profumi della vinaccia» prosegue il sommelier. «Al ristorante la presentano al carrello, ma è un errore. Andrebbe servita fresca, attorno agli 8/10 gradi, in un tulipano stretto» precisa. C'è poi quella invecchiata, o barricata. Per essere tale deve riposare in piccole botti minimo 12 mesi. Dai 18 in su diventa stravecchia. «Per queste ultime due tipologie, meglio scegliere un bicchiere ballon e una temperatura di servizio non oltre i 18 gradi» prosegue. Secca o morbida? È un'antitesi priva di fondamento. «Una grappa, se ben fatta, dovrebbe essere sempre secca, cioè priva di zuccheri aggiunti. E dovrebbe essere sempre morbida poiché la morbidezza, che altro non è se non la piacevolezza tattile che si avverte al palato, è data dagli alcoli superiori e ancora una volta gli zuccheri nulla c'entrano» spiega Lauciani.

Sono senza dubbio fatte ad arte le grappe di Marolo, storica distilleria di Alba. Così il suo patron, Paolo Marolo: «Durante l'invecchiamento, il distillatore diventa uno stilista. Costruisce abiti su misura non per nascondere il corpo della grappa, ma per esaltarne la bellezza naturale, il portamento». È elegante il «passo» della sua Grappa di Barolo 13 anni Nivis, esempio di fine artigianalità. «La cura, del resto, è il primo ingrediente che occorre per fare un ottima grappa» afferma Lauciani. Ne mettono parecchia anche in casa Castagner. Qui, l'ultima nata, e già pluripremiata, è la Grappa Barrique di Ciliegio Riserva: «Anche nei momenti di difficoltà bisogna essere innovativi» spiega Roberto Castagner «perché sono sempre i dettagli che fanno la differenza. Lo dimostra questa mia grappa invecchiata in solo ciliegio. Un prodotto dalla qualità rivoluzionaria, che ho voluto creare per accompagnare le prossime festività». Così, non fatevi mancare qualche buona bottiglia che non vi scalderà solo il corpo, ma anche l'anima. Con un'ultima accortezza: i micro bicchierini, quelli sempre impolverati, tirati fuori solo nelle occasioni «lasciateli al rosolio» chiosa l'esperto.

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Chiara Risolo