A Venezia The Son: Hugh Jackman, la paternità e il mal di vivere
Hugh Jackman e Vanessa Kirby al photocall di "The Son'" a Venezia, 7 settembre 2022 (Foto Ansa/Claudio Onorati)
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A Venezia The Son: Hugh Jackman, la paternità e il mal di vivere

L'ex Wolverine della saga degli X-Men è un padre in difficoltà alle prese con la depressione del figlio: «Ho rincorso questo ruolo. Come genitore, anche io terrorizzato di non fare le scelte giuste»

«L’amore non basta». Questa la frase chiave di The Son, film in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Di fronte alla malattia mentale, l’amore non basta. Dopo aver affrontato la demenza senile in The father – Nulla è come sembra, che valse l’Oscar al miglior attore a Anthony Hopkins, ora il drammaturgo francese Florian Zeller esplora il mal di vivere giovanile, affidandosi a un cast risonante, Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby e, ancora lui, sir Anthony Hopkins, l’unico non presente al Lido. Un nuovo dramma famigliare sempre tratto dalla trilogia dello stesso Zeller nata per il teatro e rappresentata in tutto il mondo.

Jackman è il padre, uomo d’affari affermato che, dopo aver lasciato la prima moglie (Dern), vive con la giovane compagna (Kirby) e il figlioletto appena nato. La nuova vita felice vacilla quando l’ex moglie bussa al suo uscio e gli porta tutta la sua preoccupazione per Nicholas (interpretato da Zen McGrath), il loro figlio diciassettenne, che sembra intimamente segnato dal loro divorzio. Nicholas da oltre un mese non va a scuola, a loro insaputa. Nicholas ha uno sguardo strano che spaventa la mamma. Nicholas sta male, dentro, e quando il padre lo raggiunge sembra non aspetti altro per gridargli il suo dolore: «A volte non mi sembra di essere fatto per questa vita, non riesco ad affrontarla».

Il padre e la madre lo osservano, lo assecondano. Papà Jackman si impegna per essere un padre migliore del suo (Hopkins). Ma i loro sforzi sono superficiali, così come è superficiale l’indagine di Zeller nei meandri di voragine e tenebre della depressione. «Sono stanco di stare male». Le frasi di Nicholas sono rasoiate inascoltate, che vorremmo investigare e approfondire, spiegandogli come la sua condizione non sia purtroppo così eccezionale. L’abisso di dolore è trattato sbrigativamente dalla sceneggiatura realizzata da Zeller, ancora una volta insieme a Christopher Hampton, questo anche perché il punto di vista del film è quello paterno, di papà Jackman, evidentemente accorato ma in parte cieco.

«Il figlio cita spesso il divorzio dei genitori come origine del suo malessere: quando si parla di salute mentale si cerca sempre una colpa», ha detto Zeller al Lido. «Quello che so è che non si può spiegare del tutto, è un mistero, con tutta la frustrazione di non sapere da dove arrivi».

Zen McGrath, Laura Dern e Hugh Jackman in un'immagine del film "The Son" (Foto: 01 Distribution)

Hugh Jackman, il roccioso mutante Wolverine della saga cinematografica degli X-Men, ha voluto fortemente la parte. C’era qualcosa che risuonava in lui. «Leggendo lo script ho avuto una sensazione di fuoco, stranissima e al contempo bella», racconta a Venezia. «Ho scritto al regista e mi ha risposto, ci siamo incontrati. Ho rincorso io questo ruolo». Lo conferma Zeller: «Sono stato stupito dalla sua umiltà. Quando ci siamo incontrati non volevo prendere subito una decisione ma, dopo 8 minuti insieme, gli ho dato la parte. Sentivo che aveva una connessione».

Nel corso di un film dall'andamento tendenzialmente piatto e freddo, si elevano alcune sequenze notevoli, come l’incontro a distanza, ognuno in luoghi diversi, di madre, padre e figlio; monumentale il dialogo mordace tra Jackman e Hopkins. Aveva ragione il direttore della Mostra Alberto Barbera, per Hopkins una presenza «breve ma significativa».

«La crisi indotta dalla pandemia ha colpito la salute mentale», riflette Laura Dern, che avevamo visto a Venezia tre anni fa per il lo struggente Storia di un matrimonio. «La scoperta del film è che, anche quando non abbiamo le risposte giuste, possiamo rivolgerci a persone che hanno già affrontato il problema. Tutti noi vorremmo far parte di una comunità quando parliamo di salute mentale, anche se poi nel profondo ci sentiremo sempre soli».

A differenza di The Father, lo sviluppo narrativo di The Son è lineare e diretto.
La verità più disarmante che ci consegna? Per quanto ci sforziamo, non sempre possiamo proteggere le persone che amiamo. «Tutti i personaggi del film amano tanto ma si sentono incapaci», le parole di Jackman, padre di due figli. «Come genitori, per molti anni abbiamo dovuto mostrarci forti. Io condivido le mie vulnerabilità con i miei figli. Spero che questo film faccia capire che siamo tutti nella stessa barca». Per chiudere: «Tutti i genitori sono terrorizzati di non fare la scelta giusta, io ho paura anche nella scelta di un panino», sorride. «Vorrei che qualcuno mi avesse detto: "Non farai sempre le scelte giuste e va bene così"».

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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