Valeria Golino: "Quell'incontro con Armida Miserere al carcere di Sulmona"
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Valeria Golino: "Quell'incontro con Armida Miserere al carcere di Sulmona"

Intervista all'attrice protagonista di Come il vento, film su una delle prime donne a dirigere penitenziari in Italia

Al carcere dell'Ucciardone di Palermo la chiamavano "fimmina bestia" per la sua durezza, ma in Come il vento ci appare anche nelle sue fragilità, triste e tormentata, leale verso le istituzioni ma disperata, straziata dall'uccisione del suo compagno Umberto Mormile, educatore della prigione di Milano-Opera. 
Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere, in servizio in tanti penitenzari italiani, da Parma a Pianosa, da Mantova a Sulmona, dove morì suicida nel 2003, rivive nel film di Marco Simon Puccioni, presentato in anteprima al Festival di Roma e dal 28 novembre nelle sale. Le dà corpo, con quelle mani che così spesso cercano riparo in una sigaretta, Valeria Golino, ancora una volta alle prese con un personaggio difficile, ancora una volta pronta a mettersi in gioco, anche se in verità ha esitato a lungo prima di accettare la sfida... 

Abbiamo incontrato la splendida attrice, appena rientrata da New York dove, al Palazzo di Vetro dell'Onu, ha portato le voci delle vittime di femminicidio nello spettacolo Ferite a morte di Serena Dandini. Stamane ha ricevuto il premio De Sica in Campidoglio e poi subito partirà per Trieste per continuare le riprese de Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores. 

Valeria, tu hai avuto modo di incontrare Armida Miserere al carcere di Sulmona prima che morisse. Come fu quell'incontro? Cosa rappresentò allora e cosa rappresenta oggi alla luce dell'averla interpretata?
Armida Miserere organizzava al carcere di Sulmona una piccola rassegna cinematografica per un piccolo gruppo di detenuti interessati e io andai a presentare Respiro di Crialese, meno di un anno prima che lei morisse. All'epoca l'idea di parlare ai detenuti era più forte dell'incontro con questa signora molto cortese e discreta, che senza troppe smancerie mi aveva anche rivelato che le piacevo come attrice, che aveva un debole per me, per questo mi aveva accompagnato sotto, nella rassegna, mentre abitualmente restava in ufficio. L'impressione di lei è come se fosse nata adesso: rivedendo oggi le foto scattate quel giorno mi sorprende la sua apparente fragilità, forse perché era un momento poco prima della sua morte. In una delle due foto scattate io la tengo per le spalle, la sovrasto, e lei mi guarda. Ora mi fa un certo effetto, non solo rispetto a lei ma rispetto alla vita: tutto sembra così caotico ma anche preordinato.

Puccioni ti ha scelta anche per questo passato incontro?
No. Puccioni ha dovuto anche ben insistere. Non avevo voglia di un film così difficile, doloroso, non appartenente al sistema, "marginale" come tanti dei film che faccio, realizzato con pochi soldi. Vedendo Come il vento non sembra che sia un film povero, non si sente, ma lo è. Si fa molta fatica a fare certi film, non dico belli o brutti, ma fuori dal mercato centrale, ben diversi dalle solite commedie corali dai poster tutti uguali, con un faccione su fondo bianco, e un titolo che è una frase luogo comune: è la tv al cinema. Puccioni è stato molto persistente e delizioso. Il corteggiamento è durato un paio d'anni. Poi mi sono decisa a fare il film, con tutta me stessa. 

Armida Miserere era chiamata "fimmina bestia", ma in Come il vento la vediamo anche nelle sue fragilità. Che immagine di lei avete voluto far emergere?
Emerge soprattutto il lato più fragile, perché andando a guardare intimamente le persone è poi quello che viene fuori. Avremmo potuto forse descrivere di più il suo aspetto più duro. Se sentissi Puccioni secondo me ti direbbe che aveva un'attrice che gli poteva mostrare di più la parte vulnerabile e che con un'altra attrice forse avrebbe fatto vedere di più la parte cruda. Io invece ovviamente ti dico che se Puccioni mi avesse spinta a mostrare una Armida più aspra l'avrei fatto. Un attore segue la direzione segnata dal regista. Non avrei avuto paura a farla vedere ferrea, perché probabilmente lo è stata. Immagino che il suo tipo di vita indurisca e aver visto la morte violenta del compagno (interpretato in Come il vento da Filippo Timi, ndr) deve averla annientata.

Attorialmente sei stata da entrambe le parti: in Giulia non esce la sera eri nei panni di una detenuta, ora in Come il vento sei una direttrice di carcere. L'epilogo per entrambe è lo stesso: il suicidio. Il carcere, in ogni veste lo si viva, sembra una realtà asfissiante dove è difficile resistere senza perdere l'anima...
Nel carcere di Sulmona dopo di lei si sono uccise tante persone, sia agenti di polizia penitenziaria che detenuti. Essendo un luogo di pena si presta a quel tipo di infelicità. Poi bisogna distinguere tra la realtà vera del carcere e il cinema, con le sue storie che hanno una loro drammaturgia. Nei due film sono molto diversa. 

Come ti sei preparata alla parte? Hai conosciuto la realtà del carcere?
Il minimo. Ho parlato con persone che hanno lavorato con Armida, ho visto i detenuti entrare in prigione... Di sicuro conosco il carcere più di qualcuno che non c'è mai stato. Ho vissuto questa realtà in maniera molto diversa rispetto al personaggio di Giulia non esce la sera. Provavo più disagio, più pena. Ma Come il vento è stato anche un film per certi versi gioioso e questo non sempre succede. Ci sono stati momenti di gioia, tipo all'isola di Pianosa, che mi è rimasta nel cuore: girare è sembrato una sorta di campeggio, con tanti uomini come se fosse davvero la realtà molto maschile vissuta da Armida, con birre bevute insieme la sera nel ristorantino dell'isola gestito da veri detenuti. Mi sono portata dietro anche la bellezza di quel vagonare da una città all'altra, che lei aveva nella sua natura.

Ora sei impegnata con Il ragazzo invisibile di Salvatores. In futuro hai ancora voglia di metterti alla regia dopo il valido esordio di Miele?
Certamente, vorrei tornare alla regia. Sto mettendo il naso in varie idee e spunti, ma ancora non ho niente di preciso in mente.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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