Tornatore ci racconta La migliore offerta
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Tornatore ci racconta La migliore offerta

Così il regista siciliano: "Basta con il divario cinema d'autore/cinema popolare: questo è un film per tutti"

Quando Tornatore si muove, lo fa in grande. Non tanto perché La migliore offerta, il suo nuovo film dal 1 gennaio in 360 sale, è costato 14 milioni di euro, ma perchè vanta un cast stellare che va dal premio Oscar Geoffrey Rush all'astro emergente Sylvia Hoeks di cui sentiremo ancora parlare (è la nuova Isabelle Huppert, per intenderci), passando per il divo Jim Sturgess e il celebre Donald Sutherland. Le musiche? Anche quelle d'eccezione, firmate dal sempre fedele Ennio Morricone.

Solo la storia è apparentemente "piccola piccola", dice con ironia Tornatore, che l'ha anche ideata e sceneggiata: un illustre antiquario, lupo solitario per eccellenza, abituato a prendere distanze dalla vita con i guanti, si innamora per caso follemente di un'illustre sconosciuta agorafobica con cui parla attraverso una porta sbarrata. Tutt'altro che un film romantico: è un complesso affresco sulla ferocia della solitudine, sull'instabile crinale della fiducia, sul barlume di autentico che traspira da ogni falso (d'arte e d'animo). Ma soprattutto, ci tiene a sottolineare il regista siciliano, è un film "per tutti: non respingerà quel pubblico che richiede semplicemente di essere intrattenuto per un paio di ore. Mi piaceva proprio la linearità di una storia schematica, che nasconde una sua complessità".

D'accordo con lui l'istrionico Rush, che dopo Il discorso del re torna a stupire con una performance notevole: "Il film è come un gioco al computer dove metti piccole sorprese che attraggono senza però rivelare il trucco: c'è un primo livello, una storia d’amore insolita. Poi il secondo, dove ti rendi conto dei conflitti curiosi che si dispiegano. Come la vita". E per Tornatore ha solo parole di elogio: "E' un regista fantastico, ha un intuito viscerale di come dev’essere la storia. E dirige con grande senso di divertimento".

"Il film nasce dalle ceneri di due potenziali film diversi che non sono riuscito a risolvere - spiega il regista - Sovrapponendoli come fossero melodie ho trovato ciò che andavo cercando, è stato un lavoro di artigianato cinematografico".

Prosegue con una considerazione sui temi ricorrenti della sua cinematografia, ovvero l’ossessione dello spazio e del rapporto con il mondo esterno: "In altri film tipo La leggenda del pianista sull'oceano l'ho trattato in modo più diretto, ma anche qui è ben presente: ci sono temi che  ti stanno a cuore e che non volendo tornano in storie diverse".

Immancabile un commento sul recente quanto allarmante crollo di incassi del cinema italiano: “La colpa non è solo della pirateria, che pure è il cancro del nostro mondo. Forse il biglietto costa troppo, di sicuro prima almeno a Natale le commedie si salvavano. Se poi i produttori decidono di realizzare solo commedie tutto l’anno è un altro discorso, e occorre ricordare che chiudere sempre di più l’arco espressivo dei metodi cinematografici impoverisce il nostro cinema.

Non fa bene puntare solo su ciò che incassa, dovremmo sperare che ci sia presto un incontro tra cinema d’autore e cinema popolare, anche perché il primo non deve per forza vivere del rifiuto del pubblico”.

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Claudia Catalli