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Tom Cruise: «Vi racconto i segreti del nuovo Top Gun»

Corsi di volo con piloti dell’esercito, attori nell’abitacolo di veri caccia e 27 telecamere per ogni ciak delle evoluzioni aeree. Tom Cruise racconta a Panorama aneddoti e dietro le quinte del film Top Gun Maverick che arriva al cinema il 25 maggio. Trentasei anni dopo lo storico primo episodio.

Se non fosse per la guerra tra Russia e Ucraina che preoccupa il mondo, Top Gun: Maverick sarebbe il blockbuster perfetto per scacciare via, dal giorno dell’uscita il 25 maggio, i brutti pensieri causati dagli ultimi due anni di Covid. La pandemia, dopo aver ritardato l’uscita del film, sembra ora dare uno spazio di tregua anche alle sale, per tornare a respirare quella spensieratezza incarnata proprio da Top Gun e dal cinema di cassetta anni ‘80. «Film d’avventure girato come un lunghissimo spot pubblicitario» tuonò all’epoca l’autorevole critico Morando Morandini a proposito della pellicola uscita nel 1986 che, costata «solo» 15 milioni di dollari, ne incassò 337 in tutto il mondo, lanciando definitivamente la stella di Tom Cruise. «Pensavo a un sequel di Top Gun da tantissimo tempo» ammette ora l’attore, «anche perché il pubblico ne invocava uno a gran voce da decenni. E quello che ho detto a Paramount Pictures è stato che se mai lo avessimo realizzato avremmo dovuto girarlo insieme al produttore originale Jerry Bruckheimer, effettuando le riprese a bordo di veri aerei da caccia».

Quando Maverick (Cruise) appare 36 anni dopo scopriamo che a causa delle sue insubordinazioni non ha mai ricevuto una promozione, anzi è finito in una base segreta a collaudare un velivolo progettato per raggiungere nove volte la velocità del suono. Proprio prima dell’ultimo test arriva dall’alto l’ordine di smantellare l’intero progetto, ma Maverick decolla lo stesso rischiando di essere messo in congedo. A salvargli il posto arriva in soccorso il vecchio rivale Iceman (Val Kilmer, in un ruolo commovente influenzato dalla malattia contro cui sta combattendo), che diventato ammiraglio chiede il rientro di Maverick nell’accademia di addestramento dei top gun, i piloti d’élite della Marina americana. Qui dovrà istruire le reclute scelte per una missione senza precedenti, che prevede un volo a bassa quota nel territorio di uno Stato canaglia per distruggere un centro di arricchimento dell’uranio. Spunto che potrebbe provocare l’antiamericanismo di quel pubblico non disposto ad accettare che si tratta solo di intrattenimento. Il problema si pone quando Maverick scopre che tra i cadetti c’è anche Rooster (Miles Teller), figlio del suo vecchio compagno Goose, morto quando i due erano giovani e volavano insieme.

Per capire come riportare in auge Top Gun con un divo che, seppure in forma, il 3 luglio compirà 60 anni, Cruise e Bruckheimer sono andati alle origini della saga, quando il produttore insieme al compianto collega Don Simpson, freschi del successo di Flashdance e Beverly Hills Cop lessero un articolo sui cadetti della scuola di piloti più ambita del mondo e decisero di trarne un film. Dopo aver rivisto l’originale e scelto per la regia Joseph Kosinski (Tron: Legacy, Oblivion) al posto dello scomparso Tony Scott, Cruise e Bruckheimer hanno deciso che dovevano puntare sulla ricetta alla base del successo globale avuto dal film. Kosinski l’ha descritta come «una storia drammatica in una confezione action».

«Anzitutto» spiega Cruise «bisognava rimettere al centro gli snodi emotivi di Top Gun, con i temi della fratellanza, amicizia e lealtà che legano Maverick ai commilitoni e soprattutto al suo compagno Goose, morto in circostanze tanto tragiche. Dovevamo collegare il sequel al precedente film, senza dimenticare di far evolvere la vicenda: Maverick è ancora Maverick, ma molti anni sono passati, prova un senso di colpa per la scomparsa dell’amico e per come quell’evento ha cambiato la vita di Rooster, che considera quasi un figlio».

Al tempo stesso, uscita di scena Kelly McGillis, invecchiata non bene come la star maschile che mostra ancora pettorali da 30enne, bisognava trovare un personaggio femminile per sviluppare il côté sentimentale. Così è entrata in scena Penny, solo citata nel primo film, proprietaria del bar dove i piloti vanno a gozzovigliare, qui interpretata da Jennifer Connelly: «Lei e Maverick hanno avuto una storia, tempo addietro, e quando s’incontrano si intuisce che lui l’ha fatta soffrire e per questo motivo non sarà facile riconquistarla» continua Cruise.

L’altro elemento imprescindibile, che giustifica la necessità di vedere Top Gun: Maverick esclusivamente in una sala premium, dotata di schermo panoramico e sonoro adeguato, è il lato action, capace di trasportare letteralmente lo spettatore dentro l’abitacolo di un F/A-18 Hornet. Per riuscirci è stato necessario girare tutte le scene con Cruise e gli altri attori ai comandi di veri aerei da caccia, pilotati da autentici top gun, grazie al supporto della Marina. Il tentativo era stato fatto anche negli anni Ottanta, ma, come ricorda Bruckheimer «allora siamo riusciti a usare solo alcune scene di Tom, perché gli altri attori non riuscivano a sopportare le fortissime accelerazioni del volo e svenivano».

Per questo Cruise ha affrontato un corso di volo e sopravvivenza nella base militare di Miramar, in Florida, prima di organizzare lui stesso un addestramento di cinque mesi per tutti i colleghi: Miles Teller, che interpreta Rooster, ma anche Glen Powell, nel ruuolo dello sbruffone Hangman, Monica Barbaro che è Phoenix e tutti gli altri. «La difficoltà è sopportare i “G” di accelerazione che schiacciano il corpo e il volto con un peso fino a sei volte quello cui siamo abituati» racconta Cruise «e non solo farlo in maniera credibile ma riuscire anche a recitare». Pian piano i membri del cast destinati a recitare in volo dietro il vero pilota hanno fatto pratica prima a bordo di un Cessna 172 Skyhawk, poi di un Extra 300, infine di un L-39 Albatross, affrontando un numero sempre maggiore di acrobazie fino ad approdare sull’F/A-18 Hornet usato per le riprese. «Quando mi dicevano che si vergognavano a vomitare» ride Cruise, «ho risposto che Chuck Yeager, prima di diventare il primo pilota a infrangere il muro del suono, ha vomitato per un mese di seguito».

A questo punto, una volta trasformati gli attori in provetti aviatori, è stato anche più facile spiegar loro come attivare le sei cineprese sviluppate appositamente per il film e posizionate in ciascun abitacolo. «Per ogni ripresa di volo potevamo avere fino a 27 cineprese in contemporanea, tra unità aeree e obiettivi sulla strumentazione di bordo» dice Kosinski, che riassume con i numeri la spettacolarità del film restituita sul grande schermo. «Abbiamo addestrato gli interpreti per poter volare ed esibirsi in veri F/A-18» conclude Cruise. «A questo scopo abbiamo chiamato i più grandi piloti di caccia del mondo e abbiamo insegnato loro il film. Il pilota e l’attore hanno dovuto lavorare come una squadra e questo riassume la raffinatezza delle sequenze aeree. Qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima».

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Francesco D'Errico