Tir, la solitudine errante dei camionisti nel film di Alberto Fasulo
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Tir, la solitudine errante dei camionisti nel film di Alberto Fasulo

Non è un documentario, anche se c'è tanta verità dentro la cabina di guida di Branko

Per Branko il suo imponente autocarro è quasi una casa mobile: lì dorme per quelle poche ore in cui può, vicino alle ruote fa docce improvvisate e affetta zucchine per la cena, nel suo vano di carico allunga un'amaca per far scorrere il tempo tra uno scarico e l'ordine successivo. Sicuramente è più spesso in compagnia del suo camion che della sua vera casa, dove torna solo dopo settimane e settimane di consegne e viaggi per l'Europa. 

Vincitore del Marc'Aurelio d'oro al Festival di Roma 2013, dal 27 febbraio arriva al cinema Tir, il film di Alberto Fasulo che fotografa l'intimità solitaria della vita del camionista (qui le sale in cui sarà proiettato). Il protagonista è appunto Branko, interpretato dall'attore balcanico Branko Završan. Sgombriamo subito il campo dai malintesi: anche se racconta tanta verità ed è stato girato in presa diretta, a mo' di documentario, TIRè un film di finzione. È il primo film di finzione del friulano Fasulo già autore di Rumore Bianco (2008), documentario sul fiume Tagliamento.

Com'è nato Tir
Dopo aver preso un treno sbagliato da Firenze, esser incappato nello sciopero dei mezzi, aver pagato un taxi fino al casello autostradale ed esser stato soccorso dalla polizia, Fasulo è sbarcato nella notte in un autogrill, ostinato ad arrivare in tempo a Napoli l'indomani, su un set in cui era atteso come fonico. Ha chiesto un primo passaggio a un camionista, che subito dopo si è attivato tramite il CB per trovargli il passaggio successivo. Da quest'esperienza è nata nel regista classe 1976 la voglia di girare un documentario sul mondo dei camionisti, presenza spesso quasi invisibile anche negli stessi autogrill, dove invece troneggiano i loro tir.
Ha cominciato la sua ricerca proprio dagli autogrill ma si è trovato di fronte un mondo diffidente, sia perché molti camionisti sono dell'Est, sia perché l'idea di far parte di un documentario non li convinceva. Si è quindi rivolto alle ditte di trasporto ma solamente un'azienda di Verona ha accettato di collaborare. Per tre anni Fasulo ha viaggiato con i loro camionisti; non è stato facile perché solo uno di loro conosceva l'italiano. Poi si è reso conto che la forma del documentario era difficile da realizzare, soprattutto per i rapporti tra i camionisti e le loro famiglie: i protagonisti non volevano rendere pubblica la loro intimità, la loro insoddisfazione, la loro vita solitaria sulle strade. 

Dal doc Fasulo è passato alla fiction
Fasulo ha pertanto deciso di utilizzare le storie fino ad allora raccolte per un film diverso, di finzione. Ha arruolato l'attore Branko Završan. Gli ha fatto prendere la patente di guida e lo ha fatto assumere per quattro mesi presso la stessa ditta di trasporti di Verona. Gli ha dato un copione, nato dai precedenti anni a contatto coi camionisti, e l'ha seguito nei suoi viaggi di lavoro con il tir. "Volevo far un film dentro la cabina", dice Fasulo. "Volevo un rapporto intimo e con una persona vera che non fosse un attore era difficile, per questo ho scelto questa soluzione". La donna che chiama Branko al cellulare è la sua vera moglie, l'attrice Lucka Pockaj, che recita dialoghi prestabiliti. Per mantenere però una certa autenticità l'orario delle sue chiamate non era fissato: Fasulo le aveva semplicemente dato un arco di tempo in cui poteva chiamare, cosicché lui fosse pronto a filmare. 
Maki, l'altro camionista che compare all'inizio al fianco di Branko, è un vero camionista che racconta se stesso. 

Un mondo alienante
Quello che Fasulo disegna è un mondo solitario e alienante, affiancato da strade che scorrono, chilometri da divorare, orari da rispettare, merce che entra, merce che esce. Al cellulare i famigliari chiamano, ma sembrano ormai distanti e difficilmente in empatia. Per aiutare economicamente la famiglia, Branko ha lasciato il suo posto di insegnante nei Balcani e ora in Italia, guidando tir, guadagna circa il triplo. Però, proprio per inseguire il benessere famigliare, per assurdo è sempre lontano dalle persone care. "I camionisti dell'Est sono disposti ad abbattere gli stipendi visto che sono sempre e comunque compensi maggiori rispetto a quanto percepito in patria", racconta Fasulo, "e sono disposti a stare quattro settimane su strada e una a casa. Si crea una competizione assurda tra i camionisti italiani e quelli dell'Est". 

I camionisti al di là degli stereotipi
Attraverso il viaggio di Branko, tra un carico di mele e uno di maiali, passiamo attraverso luoghi dalla scarsa geografia. Fasulo si concentra soprattutto sulla cabina di guida, regalandoci pochi cartelli stradali, rari indizi logistici e nomi di città. Viviamo nella fatica di Branko, nel suo viso sempre più stanco, nella sua semplicità silenziosa. "Mi è sembrata una metafora della condizione umana di oggi", spiega Fasulo.
Branko interagisce pochissimo coi suoi colleghi: i camionisti italiani in realtà costituiscono una rete, ma in Tir quest'aspetto non viene raccontato visto che il mondo dei camionisti dell'Est è diverso.  
Tir si stacca da ogni stereotipo. Non vediamo strombazzate in autostrada, uomini un po' rozzi, poster di donne nude e calendari mozzafiato in cabina. Viviamo il camionista nella sua piccola grande solitudine errante. 

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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