The Brink
Magnolia Pictures

The Brink: Steve Bannon e la sua mano sulle elezioni europee

Intervista alla regista del documentario sull'ex stratega della Casa Bianca: "Bannon sta dando ai partiti di estrema destra un sentimento di forza e solidarietà". E ancora: "Pensa che Salvini sia un politico impressionante e cool"

Con la sua immancabile doppia camicia addosso, beve tè fermentato Kombucha, commenta il suo viaggio europeo per campi di concentramento con l'esclamazione "Auschwitz, che figata", colpito dal progetto di "ingegneria di precisione all'ennesima potenza", ma sostiene con sorniona ostinazione di non essere antisemita. Steve Bannon, ex banchiere della Goldman Sachs, ex stratega di Donald Trump, ex direttore del sito di estrema destra Breitbart News e strenuo sostenitore del neo populismo, è raccontato nel documentario The Brink - Sull'orlo dell'abisso, dal 29 aprile nelle sale italiane distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema.
La regista Alison Klayman, filmmaker americana nota per il doc Weiwei: Never Sorry, premiato nel 2012 al Sundance Film Festival, ha seguito Bannon per più di un anno, dall'autunno del 2017 fino alle elezioni di metà mandato di Trump, tenutesi nel novembre 2018.

Dal suo film emerge un uomo dal forte ego, dai modi affabili e con un certo charme, che sa parlare al popolo repubblicano ma riesce a far sorridere con la sua ironia anche gli oppositori. Alle domande più scomode, però, risponde con un sorriso che vuole svicolare. Conosce bene le regole sommerse della comunicazione e sa come usare i media per i suoi fini. Il suo obiettivo è chiaro e lo sente come una missione: essere la fiamma dell'avanzata del nazionalismo populista, in America come in Europa dove, in vista delle elezioni europee, con il suo The Movement ha incontrato i vari leader di destra locali. Parla di "lotta per salvare il Paese" e, con toni epicI, sospira: "Questa è una rivoluzione globale e sono molto fortunato di esserne l'avanguardia".

Il titolo del film, The Brink (ovvero, in italiano, "l'orlo"), si rifà a una citazione che Bannon ha fatto alla regista durante le riprese, dal libro di Abraham Lincoln che portava ovunque con sé, sulle ragioni per cui siamo sull'orlo della distruzione.

Abbiamo intervistato Alison Klayman, che ci racconta il personaggio di Steve Bannon, per come l'ha visto lei, da vicino. 

Perché ha deciso di fare un documentario su Bannon?
"La mia produttrice Marie Therese Guirgis ha conosciuto Bannon quando lui era suo capo nei primi anni del 2000. Grazie a questa precedente relazione, è stata in grado di convincerlo a girare un documentario. Quando mi ha offerto la possibilità di dirigerlo, ho accettato non perché avessi una particolare fascinazione per Bannon, ma perché ho visto questo film come l'opportunità per andare dietro le quinte dell'estrema destra (e del mainstream del partito repubblicano - all'epoca Bannon era ancora un funzionario della Casa Bianca -), per vedere cosa pensavano fosse importante, quale sarebbero state le loro tattiche e strategie e chi li stava sostenendo. Ho anche visto il film come un vero e proprio esame della banalità del male".

Dopo questo film, cosa pensa di Bannon?
"Quello che penso di lui è quello che ho messo nel film. Per lui, la politica è un gioco e, come lui stesso ha detto sui nazisti, è stranamente in grado di separarsi dall'orrore morale delle conseguenze delle sue parole e azioni". 

Lei è critica su Bannon ma, osservandolo attraverso questo documentario, emergono anche il suo fascino e la sua ironia. Aveva valutato questo risultato?
"Il mio mantra quotidiano era 'Lascia che mi sottovaluti ma non sottovalutarlo mai'. Quando l'ho incontrato per la prima volta ho capito che era abbastanza intelligente, affascinante e complesso perché fosse un grande personaggio, ma ho anche visto che era un esperto manipolatore. Col passare del tempo, ho davvero capito come ha usato la sua affabilità e le sue relazioni con i media a suo vantaggio, quindi volevo essere sicura di non essere stata usata da lui. Era ciò che diceva il mio mantra: lascia che pensi che mi stia usando, ma intanto osservalo sempre, diffidente, usandolo per raccontare la storia più grande che volevo raccontare".

Crede che la presenza di Bannon in Europa avrà una qualche influenza sulle elezioni europee?
"Penso che stia dando ai partiti di estrema destra un sentimento di forza e solidarietà. Non credo che abbia bisogno di avere un'influenza materiale su qualsiasi partito per essere influente. Penso che, se anche fosse un connettore, un avatar più accessibile per Trump, una cheerleader spirituale, avrà in qualche modo un impatto sui partiti di estrema destra. Per i nazionalisti di estrema destra di tutto il mondo sta articolando una visione che li fa vedere connessi: a questo dobbiamo fare attenzione. Vorrei inoltre evindenziare che, dalla mia osservazione, il suo rapporto di lavoro con il Raggruppamento Nazionale di Le Pen, in Francia, sembrava più significativo di altri".

Sembra però che l'appeal di Bannon sia in declino...
"Penso che non smetterà di prodigarsi perché è un instancabile maniaco del lavoro, e ha appena sperimentato potere e fama, come mai aveva provato prima, e vuole estenderli. Ha anche persone facoltose che continuano a sostenerlo e un notiziario che lo invita in tv per lunghe interviste: questo significa che avrà ancora influenza. Penso però che questo film abbia soprattutto contribuito a mostrare che non è un brillante rivoluzionario politico, quindi la sua stella potrebbe non brillare come prima". 

In Italia Bannon ha incontrato Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che idea si è fatta dei rapporti tra Bannon e i politici della destra italiana?
"Dalla mia osservazione, i rapporti di Bannon con le figure politiche europee sono basati su relazioni ad hoc. Ad esempio ha conosciuto Federico Arata, che lo ha presentato a molte figure dell'estrema destra italiana. Bannon era davvero innamorato di Salvini e pensava che fosse un politico impressionante e cool. Salvini era disposto a sostenere ufficialmente il Movimento di Bannon e Meloni era felice che Bannon parlasse al suo meeting di Fratelli d'Italia. Bannon è stato molto ben impressionato anche da Armando Siri, si incontrò con lui per discutere, tra l'altro, della scuola che voleva istituire in Italia (visto che anche Siri ha una scuola). Le effettive relazioni lavorative con queste persone o questi partiti potrebbero non andare molto in profondità, ma la loro volontà di allinearsi dimostra che tutti credono che una coraggiosa strategia anti-immigrazione per loro possa funzionare".

Il suo prossimo documentario sarà su Soros?
"No, ma cerco sempre qualcosa che mi sfidi in modi nuovi... e questo progetto ha sicuramente alzato il tiro!".

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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