Stanley Kubrick, al cinema il suo primo film poi rinnegato
Lifestyle

Stanley Kubrick, al cinema il suo primo film poi rinnegato

Paura e desiderio, pellicola d'esordio mai uscita, sarà nelle sale il 29, 30, 31 luglio. Imperdibile per capire il regista

Quello che non vedremo mai è il suo Napoleon, 20 anni di ricerche, stesure, lavori preparatori. Da quale punto prospettico Stanley Kubrick avrebbe guardato il condottiero di Francia? Ragionando sui 13 film girati in 40 anni, avrebbe con nonchalance sbriciolato 200 anni di biografie, romanzi, filmoni, divisione fra generi, come del resto ha sempre fatto, lasciando agli eredi artistici l’impossibile compito di superarlo.

Kubrick ha riscritto le regole del kolossal (Spartacus), ha fissato l’ossessione amorosa (Lolita) e la palude eccitante dell’amore (Eyes wide shut), ha girato un film sul Settecento più moderno di un trattato sociologico fresco di stampa su classismo e ambizione (Barry Lyndon), ha cercato risposta al perché dell’uomo nella fantascienza (2001 Odissea nello spazio), e da allora il cinema non è stato più lo stesso; ha sbeffeggiato il potere (Il dottor Stranamore), fotografato la violenza per la violenza (Arancia meccanica), rifondato l’horror (Shining), parlato di guerra senza farla vedere (Full metal jacket). Quando è morto, il 7 marzo 1999, il lutto ha riguardato l’umanità, come fu per Leonardo, Dante, Mozart, Einstein.

E siccome i geni, anche quando hanno la sentina, sconcertano per grandezza, Paura e desiderio (Fear and desire), girato nel ’53, ha molto da dire. Arriva sugli schermi il 29, 30 e 31 luglio, in versione restaurata dalla Library of Congress (e fino al 26 luglio i lettori di Panorama hanno la possibilità di vincere una coppia di ingressi). Il film non è mai uscito, né si è visto a rassegne da cinéphile: Kubrick chiese sempre che alle retrospettive a lui dedicate il titolo non figurasse in cartellone. Troppo perfezionista per essere clemente con un se stesso venticinquenne al suo primo lungometraggio, finanziato dallo zio e girato solo con l’aiuto della giovane moglie.

Paura e desiderio costò quasi 40 mila dollari per imprevisti nella postproduzione: anche in questo caso il regista si impuntò nel fare tutto da solo, scrittura, regia, montaggio, colonna sonora. Scritturò una manciata d’attori, quattro a reggere la storia di altrettanti soldati di un indeterminato esercito, in una foresta senza nazionalità e con nemici di cui si ignora la divisa. Nulla ha un perché secondo Kubrick, a cominciare dall’esistenza stessa.

L’intera poetica kubrickiana si è accomodata in Paura e desiderio, come se da sempre il film fosse lì ad aspettare il pensiero denso del regista. Il taglio delle immagini è "alla Kubrick", primi piani freddi, movimenti di camera; l’uso caotico del bianco e nero fa da specchio al fondo melmoso della psiche dei quattro protagonisti; l’animalità umana, la claustrofobia, la solitudine disperante, la follia in agguato, l’aggressività gratuita alimentano la pellicola. "Quei fucili mi tentano più del cibo" dice il tenente mentre ragiona su quella guerra priva di senso, come farà poi il protagonista di Full metal jacket.

Compressa in un’ora di film, sviluppata come se si trattasse dell’opera ultima e non della prima, la visione del mondo kubrickiana aggancia fin dalla prima scena quando una voce fuoricampo annuncia: "C’è una guerra, semplicemente una guerra e i nemici da combattere non esistono, a meno che li inventiamo noi". Se un difetto bisogna trovare a Paura e desiderio, è proprio l’ambizione di dire tutto e tutto rappresentare, trappola da sempre del debuttante (anche se scrittore).

"Questo amore per la guerra mi rassicura perché so di essere un codardo" ammise il regista, appassionato di storie di soldati, spinto da una fascinazione per lo spirito di corpo, l’onore, la crudezza delle situazioni. Kubrick sguazzava nella dimensione buia dell’agire umano dilatata dalla guerra.

Alcuni amici del regista sostengono che l’ultimo film, Eyes wide shut, dopo avergli tolto il sonno, molte energie e denari, gli scippò pure la vita facendolo passare dal sonno alla morte, di notte, con indifferenza. Proprio lui che a nulla era indifferente, preciso fino all’ossessione, maniacale nell’ordine, fobico (non poteva volare, per esempio), esigente con collaboratori e attori, spietato con se stesso. Per questo sfilò Paura e desiderio da alcune sue personali. Per questo non girò Napoleon. Lo sta realizzando Steven Spielberg, che ha giurato di attenersi a molte indicazioni del genio scomparso. Speriamo. 

Leggi Panorama on line

I più letti

avatar-icon

Stefania Berbenni