Robert Redford e la performance di una vita (e da Oscar?) di All is Lost
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Robert Redford e la performance di una vita (e da Oscar?) di All is Lost

L'attore settantaseienne è solo su una barca danneggiata nell'oceano in tempesta. Nessun dialogo e tutto il peso del film di J. C. Chandor sulla sua recitazione generosa e potente

All'ultima Mostra del cinema di Venezia abbiamo visto diverse produzioni coraggiose, da Gravity, film con due soli attori (George Clooney e Sandra Bullock) e pochissimi dialoghi, a Locke, pellicola rivelazione con un solo individuo in camera (Tom Hardy) e diverse voci raggiunte al telefono, fino all'estremo Moebius di Kim Ki-Duk, completamente senza parole (oltre che cruentissimo, sì). 

Ora la ricerca stilistica tocca un'ulteriore esplorazione con All is Lost di J. C. Chandor, già alla regia di Margin Call (presentato guarda caso al Sundance 2011, il festival "di" Robert Redford): un uomo solo sullo schermo, senza nome, nessun dialogo, per 100 minuti. Ma quell'uomo è interpretato da lui, mister Redford, allora ecco che i rischi presi dal regista si ridimensionano. 
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2013, distribuito nelle sale statunitensi il 25 ottobre, il film americano sta infatti riscuotendo successo di critica in patria. E le lodi sono tutte per il settantaseienne Redford.

Solo dentro uno yacht, nella prima inquadratura si vede Redford svegliarsi per scoprire che la sua barca è stata speronata e perforata e sta iniziando ad affondare a largo dell'Oceano Indiano. L'apparecchiatura di navigazione e la radio sono fuori uso: a disposizione per sopravvivere ha solo il suo ingegno. Non c'è lo spazio sterminato di Gravity da affrontare, ma una distesa d'acqua in tempesta. 

"Redford fa le sue acrobazie e non ci sono effetti speciali computerizzati" scrive The Economist.  "Il suo volto alterato è immediatamente riconoscibile e gli evidenti segni del tempo lo fanno, per una volta, sembrare mortale. Realizza la performance di una vita, ben meritevole del nome che gli viene finalmente dato nei titoli di coda: non L'uomo ma Il nostro uomo".

Senza una voce fuori campo a spiegare ciò che sta accadendo, lo spettatore è indissolubilmente legato al connubio tra la macchina da presa e la prestazione generosa di Redford.

"Redford, che sa recitare con intelligenza, arguzia e sfumature come nessun altro, ci tiene nella sua morsa", scrive Rolling Stone. "È un corso di perfezionamento alla recitazione".

"Chissà cosa sarebbe questo film senza la forza bruta, l'intelligenza e la sicurezza in se stesso di Mr. Redford?", si chiede il New York Observer.

Redford ha vinto un Oscar come regista nel 1981 per Gente comune e uno alla carriera nel 2002. Arriverà finalmente quello come migliore attore?

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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