Paulette, commedia francese tutta da ridere
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Paulette, commedia francese tutta da ridere

Bernadette Lafont, attrice simbolo della Nouvelle Vague, è un'anziana che per tirare a campare... spaccia. Sullo sfondo le banlieue e la crisi, per un film dalla spassosa leggerezza pensante

Non si fa remore a chiamare il genero di colore "sbuccia-banane" e l'amica un po' stordita per l'età "Alzheimer". Paulette non sa cosa sia il "politicamente corretto". Abita nel blocco Victor Hugo di un palazzone della periferia parigina (dove probabilmente neanche la metà dei condomini sa chi sia Hugo), è vedova da dieci anni e, dopo un passato da brillante pasticcera e tanto lavoro, si trova a (soprav)vivere con 600 euro al mese, inaridita dalla quotidianità e più pungente di un calabrone. Tutt'altro che una tenera vecchina. È lei, con tutto il suo potenziale comico, la terribile protagonista di Paulette, commedia francese di Jérôme Enrico dal 6 giugno al cinema. 

La interpreta una meravigliosa Bernadette Lafont, settantaquattrenne di carisma, attrice simbolo della Nouvelle Vague. Era lei la diabolica Camille di Mica scema la ragazza! di François Truffaut e la disinibita Marie in La maman et la putain di Jean Eustache, uno degli ultimi frutti considerevoli - se non l'ultimo - di quella "Nuova Onda".

Solo a ripensare ad alcune sue espressioni efficaci e terribili in Paulette, come quando viene braccata dai cani poliziotto, rido ancora, da sola. Sì, perché la sua Paulette, che fruga tra i resti del mercato per tirare a campare, dopo aver osservato alcuni traffici strani che avvengono nel suo quartiere, avrà una splendente intuizione per sbarcare il lunario: diventerà anche lei spacciatrice di cannabis. Et voila, ecco la raggiante scalata di Nonna Spinello. Peccato però che suo genero Ousmane (Jean-Baptiste Anoumon), che lei incorreggibilmente chiama Osama, sia poliziotto...

Se il film di Enrico non presenta un'idea così originale (già la protagonista della serie tv Weeds si dava allo spaccio di droga leggera per garantire ai figli un adeguato stato sociale), è comunque spassoso vedere un'anziana alle prese con un traffico da duri e con problematiche da fuorilegge. Vederla scortata dai due scagnozzi del boss Vito (Pacoo Boublard), grossi come armadi e di pelle scura (con lei così razzista!), è una scena deliziosa. 

Il tocco in più lo dà poi sapere che il regista, al suo secondo lungometraggio, si ispira a una storia vera di cui è venuto a conoscenza tramite una sua studentessa di un laboratorio di scrittura, Bianca Olsen, che ha collaborato alla schioccante sceneggiatura.

Fanno da chiassoso contorno all'energica Paulette le sue amiche delle partite a carte, tra cui spicca Carmen Maura, relegata a un piccolo ruolo ma sempre un bel veder recitare. Esilarante anche la povera "Alzheimer", interpretata da Françoise Bertin. 

Tra strali irriverenti lanciati da Paulette e situazioni limite a pieno humour, regna una bellissima leggerezza pensante, di quelle che divertono ma non saltano a pie' pari la difficile contemporaneità che la generano: sullo sfondo ecco le banlieue parigine, la solitudine della vecchiaia, la crisi che ha ridotto in miseria anche chi ha lavorato per tutta una vita...
E soprattutto, forte e chiara, c'è una quasi morale di sottofondo: "Le cose vanno meglio quando non ci si ritrova vittima della precarietà e del dolore" dice Enrico. "Ci si comporta meglio con il prossimo. Il razzismo, la cattiveria, il rifiuto degli altri, sono tutte cose legate al denaro".

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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