Pablo Larraìn: "Vi racconto il mio Neruda"
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Pablo Larraìn: "Vi racconto il mio Neruda"

Intervista al regista cileno, a Cannes con un film su un episodio della vita del poeta

Si intitola Neruda ma non è un biopic. Il nuovo film di Pablo Larraín, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, è semmai "un'opera nerudiana" dice il regista cileno, "una fantasia sulla fuga e l'esilio del poeta che lui stesso forse avrebbe potuto amare".

Siamo nel 1948 e Pablo Neruda, già celebre per la sua opera nonché senatore del Partito Comunista, punta il dito contro le repressioni del presidente Videla ed è costretto alla fuga per via di un mandato d'arresto. Questa è storia. Quello che il film immagina liberamente è l'inseguimento del poeta (interpretato da Luis Gnecco) da parte di un poliziotto (Gael Garcìa Bernal) che ne detesta le posizioni politiche ma, dentro di sé, lo ammira anche. La "caccia" crea una relazione a distanza tra i due, fra paesaggi andini e momenti di poesia tratti dal "Canto Generale" scritto in quegli anni (edito in Italia da Sugarco).

Il film è nato dall'amore per la poesia di Neruda?
Conoscevo bene le sue poesie d'amore, ma l'idea è nata dalla scoperta del Canto Generale, un poema meno noto scritto durante la sua fuga e l'esilio: un lavoro pieno di rabbia e furia, che unisce poesia e politica, scritto per dare parole a chi parole non ne ha, per esprimere il suo sogno politico e sociale.

Dopo la trilogia politica sul Cile (Tony Manero, Post Mortem, No), questo film sembra raccontare, attraverso Neruda, la cultura del suo paese.
So che può essere interpretato così, ma non era il mio piano all'inizio. Ho cominciato a lavorarci molto prima di "No" (2012) e nel frattempo ho girato anche Il club (Gran premio della giuria al Festival di Berlino, 2015). Ma è vero che questo film riguarda la nostra identità di cileni: abbiamo un modo particolare di vedere il mondo.

Perché ha voluto raccontare, e romanzare, l'inseguimento di Neruda?
Ho dato una mia lettura della vicenda. Lui era ricercato, ma credo che non volessero davvero catturarlo. Il Cile è un paese poco popoloso, se metti 500 poliziotti a cercare qualcuno è davvero difficile che falliscano. Forse metterlo in carcere sarebbe stato un boomerang, era troppo celebre nel mondo. Così ho pensato alla fuga come a una fabbricazione e il film è diventato una fantasia che mescola tanti generi: western, noir, road-movie. E il film è un po' come lui: impossibile inquadrarlo, è inafferabile, la poesia è solo una parte della sua anima. Era un cuoco, un esperto di vini e di romanzi gialli, anche un collezionista di oggetti particolari...

Neruda è morto nel 1973, pochi giorni dopo il golpe del generale Pinochet, e la sua morte è ancora un mistero. Anche su questo ha una sua teoria?
È stato riesumato e ri-sepolto quattro volte, l'ultima un paio di settimane fa alla presenza dell'Fbi, per capire se possa essere stato avvelenato. Ma è anche vero che aveva un tumore e io spero che sia morto per la malattia: mi farebbe troppo male pensare che sia anche lui una vittima di Pinochet.

Come ha scelto gli attori?
Scelgo le persone con le quali ho un'intesa. Alfredo Castro, Gael... Quanto a Luis Gnecco , in Cile è anche un attore comico, un giorno sul set della serie tv Profugos si è messo a parlare come Neruda, che aveva dei modi davvero molto particolari. Non potevo non notarlo, è diventato il candidato ideale alla parte. Mi hanno proposto di fare il film con attori internazionali, ma come potevamo far parlare inglese a Neruda?

Ora invece sta girando il suo primo film negli Usa, "Jackie", con Natalie Portman nel ruolo di Jacqueline Kennedy.
E non dico nulla perché non so come sarà. Come diceva Godard, quando si gira un film si parte per un viaggio e il risultato dipende dagli incidenti: i filmakers sono come i treni e gli aerei....

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Valeria Vignale