Noah, il fantasy biblico di Darren Aronofsky: 5 cose da sapere
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Noah, il fantasy biblico di Darren Aronofsky: 5 cose da sapere

Tra giganti di pietra e battaglie brutali, il regista statunitense usa la Genesi come base su cui far librare la sua fantasia. Disegnando un Noè tanto (troppo) contemporaneo

Il diluvio universale di biblica memoria ha in sé gli ingredienti salienti dell'epica, ma secondo Darren Aronofsky anche materiale da rigirare e impolpare per trarne un fantasy. Dal 10 aprile al cinema, il suo Noah ci presenta un Noè stile Gladiatore (e infatti lo interpreta Russell Crowe), tra giganti di pietra e orde di umani in battaglia che, più che l'asciuttezza solenne della Genesi, sembrano rievocare Il signore degli anelli.
L'apprezzato regista di The Wrestler (2008) e Il cigno nero (2010) ci consegna un malloppo lungo due ore e un quarto, ricco di contemporanei umani dissidi. A immagini di forte potenza visiva contrappone perplessità (soprattutto per un pubblico europeo) e un po' di stanchezza sul finale.

Ecco cinque cose da sapere su Noah.

1) Una storia che Aronofsky voleva narrare da tempo

Aronofsky ha iniziato a lavorare alla sceneggiatura di Noah da anni. L'ha scritta insieme ad Ari Handel, che del film è anche produttore esecutivo, come lo era stato per L'albero della vita - The Fountain, The Wrestler, Il cigno nero.
L'interesse di Aronofsky per Noè in realtà ha preso forma già quand'era un ragazzino: all'età di 13 anni a scuola ne ha scritto un racconto, poi premiato. Agli inizi della sua carriera cinematografica ha cominciato a immaginare una trasposizione sul grande schermo di questa storia colossale. Sapeva che si sarebbe trattato di un film estremamente ambizioso (circa 130 milioni di dollari di budget). Allo stesso tempo era profondamente attratto dal lato umano della narrazione epica, riguardo la famiglia di Noè, volendone esplorare le fragilità, le speranze e i conflitti interiori, e cercarne un senso nell'ambito di questi straordinari eventi.
"È la storia di dieci generazioni di malvagità umana, che alla fine culmina con l'avvento di Dio che rade al suolo un posto tutto da rifare" ha detto Aronofsky. "Io la considero la prima storia sulla fine del mondo".

2) Le fonti di Noah

La fonte principale di Aronofsky ed Ari Handel è stato ovviamente il Libro della Genesi. Il testo è però breve sulle vicende di Noè e dell'arca; non contenendo praticamente dialoghi, né spunti sulle sensazioni di Noè circa l'imminente diluvio, i due hanno dovuto far riferimento a una vastità di fonti religiose, storiche e scientifiche per capire meglio la realtà di Noè e il significato delle sue azioni. Hanno consultato diversi testi tra cui i Manoscritti del Mar Morto (o Rotoli del Mar Morto), il Libro di Enoch (opera attribuita al bisnonno di Noè) e il Libro dei Giubilei (o Piccola Genesi), così come l'analisi storica e moderna di teologi e storici.
Jennifer Connelly, che interpreta Naamah, la moglie di Noè, di cui la Genesi fa solo un rapido accenno, ha trovato ispirazione per il suo personaggio dai Proverbi 31, che parlano di una moglie virtuosa, il cui "pregio sorpassa di molto quello delle perle", e che "si cinge di forza" ma "tende le mani ai bisognosi".
Tuttavia Aronofsky e Handel non si sono attenuti volutamente riga per riga alla Scrittura, bensì si sono concentrati sulla drammaticità della storia di Noè, cercando di esplorare le questioni poste dal racconto biblico. "Ciò che abbiamo fatto è stato iniziare ad attenerci al testo effettivo della Genesi, per poi spaziare in un dramma familiare", ha affermato il regista.

3) La Bibbia si fa fantasy e Noè un eroe contemporaneo

Aronofsky e Handel sembra si siano divertiti molto a colmare il non detto dei testi sacri e a lanciare a briglia sciolta la fantasia. Ecco così che i "giganti" citati nella Genesi diventano dei Vigilanti di pietra simili a robot (guarda caso tra i produttori di Noah c'è Mary Parent, che ha recentemente prodotto Pacific Rim di Guillermo Del Toro). Quando il diluvio ha inizio, alle soglie dell'arca si combatte una battaglia violenta e brutale. Gli animali arrivano a frotte imponenti verso l'arca, spesso lasciando troppo trasparire la loro natura digitale. 
La Bibbia diventa un fantasy, che forse potrà divertire il pubblico americano, più incline a spettacolarazzazioni, e forse lascerà disorientato e scettico il pubblico europeo.
Aronofsky ha anche voluto scavare nella psiche di Noè, che dopo aver raggiunto il Nuovo Mondo appare ubriaco. "Che tipo di problema e di difficoltà ha incontrato tanto da rifugiarsi nel bere dopo che è riuscito nella sua missione?" si è chiesto il regista. "Come potevamo conciliare la descrizione di Noè come un 'uomo giusto'  che, ubriaco e nudo, maledice un ramo dei suoi discendenti costringendoli alla schiavitù eterna?". Gli sceneggiatori han trovato le loro risposte, rendendo Noè e la narrazione biblica molto contemporanei. Sin troppo.
Ecco così che il Bene e il Male dividono i vari personaggi, che dubbi e ambiguità assalgano il figlio Cam (Logan Lerman), ecco che entra in scena la ragazzina adottata Ila (Emma Watson).
La Genesi racconta che Noè entrò nell'arca con i suoi figli, con la moglie e le mogli dei suoi figli. Aronofsky mescola le carte e fa in modo che solo a fine viaggio ogni uomo abbia la propria moglie, in una narrazione da tragedia cervellotica e discutibile. 
Per aumentare suspense e ritmo, pone sull'arca anche l'intruso Tubal-Cain (Ray Winstone), un discendente di Caino che in realtà non fa parte della storia di Noè. Nessuna traccia invece di Gandalf, lo stregone dell'universo di J.R.R. Tolkien. 

4) Tra immagini potenti e derive che lasciano perplessi

Tante sono le immagini di ricercato impatto visivo che Noah offre, dalla rappresentazione della Creazione all'acqua che con tutta la sua veemenza ripulisce la Terra.
Russell Crowe ha prestanza e carisma a volontà per dominare con fisico e sguardo da patriarca biblico. 
Non mancano però momenti in cui il film sembra prendere strade poco inerenti e che fanno quasi strabuzzare gli occhi. La scena in cui Matusalemme (Anthony Hopkins) accoglie suo nipote Noè offrendogli una tazza di tè non può non sbalordire. Materiali luminosi usati a mo' di Diavolina fanno sorridere. E quando Naamah fa il test di gravidanza in stile antichità qualche risolino risuona in sala. 

5) L'arca ricostruita manualmente

Per le riprese Aronofsky ha voluto far costruire da zero una vera arca, attenendosi a quello che è stato ordinato di costruire a Noè. Questo tra l'altro è uno dei pochi passi della Genesi in cui il racconto è molto dettagliato: "l'arca avrà 300 cubiti di lunghezza, 50 di larghezza e 30 di altezza".
Il regista e lo scenografo Mark Friedberg si sono ispirati all'arte, soprattutto alla prima visione apocalittica dell'artista tedesco Anselm Kiefer.
"Abbiamo immaginato un'arca grezza, robusta e fatta a mano, dove il legno non era segato, ma incastrato, spezzato, e fissato con delle cinghie", ha raccontato Friedberg. 
Una volta completati i disegni del progetto, la costruzione vera e propria è iniziata nel Planting Fields Arboretum State Park di Oyster Bay, a Long Island. In un campo erboso normalmente utilizzato come parcheggio durante gli eventi, la troupe ha eretto l'arca in più di cinque mesi. Il gruppo di Friedberg, composto da centinaia di persone, ha innalzato una costruzione di 52 metri, circa un terzo dell'arca, mentre il resto è stato completato dal team degli effetti visivi in post-produzione. Nel frattempo è stata costruita una seconda Arca al Marcy Armory di Brooklyn - che un tempo fungeva da magazzino per le munizioni della Guardia Nazionale, oggi abbandonato - per le scene di interni.

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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