È morto Philip Seymour Hoffman, una perdita scioccante per il cinema
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È morto Philip Seymour Hoffman, una perdita scioccante per il cinema

L'attore è stato trovato senza vita, per probabile overdose, nel suo appartamento del West Village. Aveva 46 anni e un talento grandissimo - Le foto di una carriera

Un talento strepitoso che si spegne inaspettatamente a 46 anni, lasciando un vuoto tremendo nel mondo del cinema. È morto Philip Seymour Hoffman, attore versatile che ha mosso i primi passi in ruoli da caratterista, ha preso parte a diversi film di grande successo, da Il grande Lebowski a Magnolia, da Il talento di Mr. Ripley a La 25ª ora, per brillare in maniera poderosa nel 2005 nei panni dello scrittore americano in Truman Capote - A sangue freddo. Quella volta strappò a furor di voti la vittoria all'Oscar e ben 29 premi in una sola stagione.

Philip Seymour Hoffman è stato trovato morto nel bagno al quarto piano del suo appartamento del West Village, New York. La causa probabile è overdose, ha fatto sapere la polizia. Era stato un amico, preoccupato perché non riusciva a raggiungerlo, a scoprire il cadavere dell'attore a metà mattinata, la siringa apparentemente ancora infilata nel braccio, vicino al cadavere buste di eroina. Hoffman aveva avuto in passato gravi problemi di droga e in maggio si era fatto ricoverare una decina di giorni in riabilitazione per abuso di eroina: "Ero caduto dal carro", aveva spiegato in un'intervista dopo esser rimasto "pulito" per 23 anni. Da allora pareva che tutto fosse tornato a posto visto che l'attore stava per imbarcarsi per un nuovo set in Europa.

"Era il migliore", ha commentato su Twitter l'amico e collega James Franco.

 "L'avevo visto questa settimana in strada, dopo che aveva lasciato le figlie alla nostra scuola. Mi sembrava in forma, sono senza parole", ha commentato sempre su Twitter Richard Turley, direttore creativo di Business Week. Hoffman aveva tre figli, nati dalla relazione con la costumista Mimi O'Donnell.

Nato nel 1967 in una famiglia middle class nello stato di New York, aveva voluto fare l'attore dopo aver visto a 12 anni una produzione locale di All My Sons: "Fu l'esperienza che mi cambiò per sempre", aveva raccontato al New York Times: "Un miracolo. Ma questo tipo di amore così profondo per lo spettacolo ha un prezzo: recitare è una tortura perché sai che è una bellissima cosa. Desiderarla è facile. Cercare di essere grande, questa è la tortura".

E lui era grande. Impossibile non avere ancora negli occhi e nel cuore, tra le sue interpretazioni più recenti, la docilità ambigua del sacerdote sospettato di morbosità verso i suoi studenti ne Il dubbio (2008) o il carisma esuberante del leader della setta di The Master  (2012), che alla Mostra del cinema di Venezia gli valse la Coppa Volpi, vinta insieme al compagno di set Joaquin Phoenix.

L'ultima volta al cinema l'abbiamo visto nel novembre scorso, nei panni dell'inafferrabile stratega di Hunger Games: La ragazza di fuoco. Ci mancherà tantissimo.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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