Marco Bellocchio: Cinecittà va trasformata
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Marco Bellocchio: Cinecittà va trasformata

Il regista di La Bella Addormentata ripercorre la sua carriera e riflette sull’oggi: dalla situazione dell'industria cinematografica ai cineasti emergenti

Cinecittà non ha bisogno di essere chiusa o usata come oggetto di speculazioni, ma trasformata”. Così il regista Marco Bellocchio, autore dell’atteso La bella addormentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, riguardo ciò che sta accadendo a Cinecittà. “Il cinema di oggi non corrisponde più a quello di Fellini e Rossellini, sta cambiando tutto – ha dichiarato in un affollato incontro all’Est Film Festival – Cinecittà va ricreata, così come anche il Centro sperimentale”.

Riconoscendone la “mitologia”, e ovviamente il diritto dei lavoratori a difendere il loro posto, il regista di Bobbio ha sottolineato tuttavia come sia Cinecittà che il Centro sperimentale necessitino di un cambio di rotta, perchè “ci sono sprechi parassitari assurdi: occorre trovare forme diverse di produzione che non siano parassitarie, è uno sforzo molto antipatico ma andrebbe fatto”.

Nel ripercorrere poi la sua carriera – in omaggio alla quale ha ritirato uno sfavillante Leone d’oro proprio alla scorsa edizione della kermesse veneziana – ha più volte ammesso “la forte incapacità di integrarmi col mondo del cinema: non sono mai stato capace di fare la trafila tradizionale dall’ultimo assistente al primo aiuto, come Petri e Rosi: riconosco con senso autocritico la mia incapacità di adattarmi. Ecco perchè tentai di fare un film da solo”. Un’incapacità che di fatto si è rivelata il suo punto di forza, come dimostra il successo internazionale che i suoi film continuano a riscuotere.

Non a caso I’internazionalità è stata una peculiarità da lui ricercata sin dagli inizi: “Andai a Londra dopo il diploma al Centro sperimentale di regia: lo sentivo come una necessità personale, venivo dalla provincia e volevo andare altrove. Ho vissuto Londra a modo mio, in ombra, non ho mai voluto conoscere i grandi cineasti del cinema inglese, eppure quel cinema, dopo il grande italiano e quello francese classico di Renoir diventarono i miei riferimenti”.

Sui giovani registi, e sull’attuale situazione del cinema italiano, ha le idee molto chiare: “Non credo che i giovani oggi non abbiano ideali rispetto a noi di qualche epoca fa, penso solo che abbiano degli ideali diversi. Non posso credere che un giovane non voglia realizzarsi, non aspiri a diventare qualcuno, e credo anche che non si possa dire non c’è lavoro o opportunità: nel campo della regia oggi ci sono molti più esordi di allora, i giovani hanno più possibilità di un tempo”. E, come risposta alla crisi, ma anche come atteggiamento artistico generale, sostiene che “occorre difendere la propria vitalità, vivacità, creatività. Sempre”.

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Claudia Catalli