marcello fonte
EPA/CLEMENS BILAN

Marcello Fonte, antidivo come lui non c'è nessuno

Dopo la Palma come miglior attore a Cannes, il protagonista di Dogman ha vissuto un'estate frenetica, tra premi, masterclass, selfie e corteggiamenti

Un'estate così, omaggiato, corteggiato e tirato di qua e di là tra proiezioni, premi e serate in tutta Italia, farebbero montare la testa a chiunque. Ma non a Marcello Fonte, per il quale si può senz’altro parlare di una vita a.C e di una d.C., dove la "c" in questione non sta per Cristo ma per Cannes, il festival che il 19 maggio scorso gli ha consegnato la Palma come miglior attore per il suo toccante "canaro" di Dogman.

Da quel giorno la vita dell’attore calabrese che ha passato l’infanzia in una baracca, quattro anni in un bagno in disuso del teatro Valle e da tre ha traslocato nel camerino di un altro spazio culturale occupato, il Cinema Palazzo di Roma, di cui è anche factotum e dove l’ha scovato il regista Matteo Garrone, è stata completamente ribaltata.

In questi quasi tre mesi Fonte non è mai stato fermo, sballottato tra sindaci e assessori calabresi ansiosi di consegnargli riconoscimenti, di mettersi in orgogliosa posa accanto a lui e di organizzargli serate speciali.

Come quella del  9 luglio, quando Archi, il quartiere periferico di Reggio Calabria dove, ultimo di sette fratelli, l’attore ha trascorso un’infanzia poverissima in una discarica, gli ha dedicato una serata, con tanto di esibizione del concerto bandistico "Archi religione e patria", la stessa dove da ragazzino, lui suonava il "rullante", il tamburo insomma. E poi c’è stata la trasferta a Taormina per i Nastri d’argento (a lui è andato quello come miglior attore protagonista, naturalmente), la rassegna Napoli sotto il Vesuvio, la masterclass al biografilm Festival di Bologna e tra l’altro, il Tuscia film fest e al premio Amidei a Gorizia.  

Panorama ha intercettato Fonte in maglietta a righe e pantaloncini che, minuto com’è, lo facevano sembrare molto più giovane dei suoi 39 anni, all’Ischia Global fest, dove è stato premiato come miglior attore, ha intonato We are the world con un mostro sacro come Quincy Jones e dove è stato proiettato anche il suo Asino vola, film autobiografico che ha scritto e diretto con Paolo Tripodi nel 2015. Mai distribuito finora, grazie all’improvvisa fama di Fonte, che fino a ieri si accontentava di piccole parti e pure di sketch comici in Ciao Darwin, sarà nelle sale tra settembre e ottobre.    

Che effetto le fa questa nuova vita da famoso?
Veramente da due mesi a questa parte non vivo più, nel senso che non posso più mettere il naso fuori di casa. Basta che per strada mi riconosca uno, e mi ritrovo circondato. Tant’è che ho escogitato una tecnica: faccio finta di non essere io. Mi dicono "Assomigli all’attore di Dogman" e io chiedo informazioni "Ma chi è questo? Come c’è arrivato? Possibile tutto questo successo improvviso? Sarà un raccomandato"... In tanti ci cascano, concordano sulla tesi della raccomandazione. E allora mi svelo e mi diverto a vedere le facce che fanno.

Sul suo profilo Facebook le scrivono ammirati anche tanti toelettatori di cani...
Sì, perchè con il  mio personaggio di Dogman ho valorizzato il loro mestiere, hanno visto che ci ho messo passione. Ma su Facebook mi è capitata una cosa ben più curiosa, dopo Cannes.

Racconti.
Una ragazza mi ha scritto dicendomi che voleva un figlio da me. Avrebbe pagato per avere il mio seme. Un po’ eccessiva. Mi è piaciuto molto di più l’approccio di una ragazza napoletana: ci siamo scritti, mi ha invitato a casa sua dove ho conosciuto la sua famiglia, il suo cane e il suo gatto e ho bevuto un vero caffè napoletano. È stato un bel momento, ed è nata anche una bella amicizia.

E nel mondo del cinema si è fatto  nuovi amici?
Ce ne sono tanti che prima non mi si filavano per niente e ora si comportano come se fossero miei parenti. Ma io qualche sassolino dalla scarpa me lo sono tolto, per tanto tempo ho dovuto elemosinare anche una comparsata e adesso dovrei accettare ruoli che non c’entrano niente con il mio percorso artistico? A questa gente non gliene frega di me, ma solo del nome che ho ora. Preferisco lavorare di meno ma con persone sincere.

Chi sono quelli sinceri?
Sicuramente Matteo Garrone, con cui è nata davvero una bella amicizia, e Paolo Tripodi e Giuliano Miniati con cui ho dato vita ad Asino Vola.

Ora che finalmente Asino Vola sarà nei cinema è contento?
Certo, anche se resta il rammarico di aver dovuto aspettare tre anni. A Toronto il mio film ha vinto il premio come miglior film educativo, è stato premiato anche in Albania, dove siamo andati anche se non capivamo una parola, ma in Italia lo volevano distribuire solo in dieci sale. E allora io ho detto "no grazie". Però questa cosa non mi andava giù, il film piaceva, lo mostravo alla gente anche sugli autobus. Non è un certamente un kolossal, ma una sorta di fiaba, un film che dà speranza ai giovani. Non bisogna scoraggiarli.

Nelle sue masterclass estive cosa ha insegnato ai giovani appassionati di cinema?

Ma io non mi sento un professore. Mi siedo tra loro e racconto come ho cominciato, i set che ho frequentato. E consiglio di non volere tutto e subito. Io all’inizio ringraziavo chi mi dava anche una comparsata. Perché mi consentiva di imparare guardando gli altri, rubando con gli occhi.

Avrà un ruolo nel nuovo Pinocchio di Garrone?
Bisogna chiederlo a lui. Io sono pronto, ovviamente, anche se da ragazzino quel burattino mi spaventava. Invece mi piaceva tanto Geppetto, quel padre che insegna al figlio mi ricorda mia madre Giuseppa.  

Come si trova a fare la vita da signore nei grandi alberghi che la ospitano nei vari festival?
Non riesco a rilassarmi, mi mette a disagio essere servito e riverito. E quando vedo qualcuno che tratta male i camerieri sto male. Sono stato sempre dall’altra parte, ero io quello dietro il bancone. Tant’è che non mi sono tirato indietro quando a luglio, Cesare Pastry, la cui gelateria di Reggio Calabria compiva cento anni, mi ha chiesto di girare un video mentre preparavo e servivo coni e granite al bergamotto. Mi è sembrato un gesto carino anche se stavo andando al mare e quel giorno ci ho dovuto rinunciare. Ma con il lavoro manuale sono a mio agio, sapesse quanti ne ho fatti quando il cinema mi sbatteva le porte in faccia.

Ne soffriva?
Alla fine non non era neanche un ripiego, mi piace lavorare, da quando ero bambino e pulivo le verdure al mercato alle quattro del mattino. Sono stato anche idraulico, parrucchiere e anche un grande preparatore di crepes, dall’impasto in su, al quartiere San Lorenzo. La gente si fermava a guardarmi, mettevo su quasi uno spettacolo teatrale. E ho deciso di diventare attore (il suo primo ruolo, da balilla, l’ha avuto in Concorrenza sleale di Ettore Scola, ndr) non quando ho visto i primi film ma quando sono rimasto incantato da tutto il lavoro che c’è dietro il  mondo del cinema. A me piace fare.

Adesso che è diventato famoso si prenderà una casa sua?
Sto pensando di cercarmi un loft, dove poter vivere e suonare senza dare fastidio a nessuno. In un condominio sarebbe impossibile. Ma per ora resto al cinema Palazzo, dove sto molto bene: ricevo e do una mano alle compagnie teatrali che ci lavorano, E quando la sera resto solo, posso montare i miei lavori sullo schermo grande. Da quando sono arrivato a Roma, a 19 anni, tengo un diario fatto di schede video: scrivo e uso la videocamera tutti i giorni, presto trasformerò questo materiale in qualcosa di apprezzabile.   

Lo farà appena fuori dal tourbillon estivo?
No, la precedenza ce l’ha un film sulle madri, al quale sto già lavorando, dove ci sarà anche la mia, Giuseppa, una fenomena che ha sempre allontanato i problemi dalla nostra famiglia. Mi ha avuto a 50 anni, quando pensava di non essere più fertile. Ancora oggi che ne ha quasi anni 90, vive a Archi e si fa cinque piani a piedi per portare su l’acqua, che spesso manca. Girava sempre con la verga a tracolla, la usava per le galline, ma l’ha usata anche per darmene e contro le mie cattive compagnie.

Nella sua vita c’è stato un Simoncino, l’ex pugile di cui è succube in Dogman e che la coinvolge in un furto?
Certo che c’è stato, ad Archi, quando avevo otto anni. Mi convinse a  rubare una bicicletta provocandomi un senso di colpa che durò per anni. Meno male che intervenne mia madre... Adesso io vorrei tanto un figlio e cerco una compagna come lei, di polso e di sani principi. Non potrei mai stare con una ragazza viziata.

Ma la sua donna ideale la cerca nel mondo del cinema?
Perché no? Nell’ambiente del cinema mi ci trovo molto bene. Vedo tanti ragazzi che ci si rifugiano perché Il mondo vero spesso è più falso di quello cinematografico.

Come reagirebbe se, dopo l’ebbrezza di Cannes, tutto dovesse finire qua?
Io mi fido di quello che mi indica la vita, so ascoltarla. Se  dovesse dirmi "fermati", io lo farei. Per me il cinema è un mestiere, come quello del muratore. Non va mitizzato.

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Antonella Piperno