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La bella e le bestie, notte horror in Tunisia - Recensione e video

Il cinema di denuncia della regista Kaouther Ben Hania. Con l'odissea di una ragazza stuprata in cerca di giustizia che rischia di finire sotto accusa

Una grande nuvola nera avanza lenta sulla figurina di Mariam oscurandone l’orizzonte. Come l’immane Ufo nei cieli di Independence  Day. Ma la fantascienza non c’entra, pure se gli alieni in versione aggressiva sono in agguato. In 9 capitoli La bella e le bestie (in sala dal 27 luglio, durata 100’) di Kaouther Ben Hania (cineasta 40enne tunisina) racconta l’odissea nell’immondo di una ragazza stuprata in successione da tre poliziotti mostruosi, dalla vita e dal sistema sociale nella Tunisia liberaldemocratica della post-rivoluzione.

Cinema di denuncia a tutto tondo: tratto da una storia vera (non una soltanto, si può ipotizzare), sviluppato in una notte di orrori nel racconto semplice e quasi elementare ma efficace, carico d’indignazione e solidarietà al femminile in cifra di cronaca fortemente drammatizzata.

Quella fatale passeggiata sulla spiaggia

Siamo a Tunisi, in discoteca. Mariam (Mariam Al Ferjani, attrice di valida consistenza espressiva) balla spensierata alla festa con le amiche del convitto dove lei, che viene dell’entroterra, risiede. Conosce perfino Youssef (Ghanem Zrelli), uno di quei ragazzi che ognuna vorrebbe per sé, bello e certamente affidabile.

Piccolo coup de foudre, passeggiata sulla spiaggia, forse un bacio, poi l’inferno. Che, ellitticamente dribblato dal racconto, non si vede ma si scoperchia in tutto il suo raccapriccio, raffigurato nel volto della donna, nel suo andare smarrito dopo la violenza subìta dai poliziotti che hanno beccato lei e Youssuf sulla spiaggia, prima minacciandoli poi consumando l’azione bestiale.

Trappole, insulti e inceppi burocratici

Ma non è che l’inizio di un viaggio pieno di trappole, d’insulti e inceppi burocratici nelle fasi che accompagnano la derelitta e il suo improvvisato compagno: prima in ospedale a richiedere inutilmente una visita e un pezzo di carta che certifichino lo stupro, poi nei commissariati di polizia dove le cose, evidentemente, vanno molto peggio.

Rotolano così i capitoli che diventano stazioni di un’autentica Passione dove manca poco che Mariam venga crucifissa passando da accusatrice ad accusata; e dov’è chiaro che, per lei, ottenere giustizia sarà quasi impossibile se non al prezzo di altre umiliazioni e di una dolorosa, ribelle presa di coscienza. Col povero Youssuf che, a forza di prendere le sue parti, è paradossalmente destinato a finire in gattabuia.

Critica sociale attraverso una storia simbolica

Pare che la polizia tunisina non  ne esca benissimo. Anche se l’affiorare di un suo versante sano riscatta in parte gli atteggiamenti omertosi, le vocazioni all’insabbiamento del misfatto e addirittura i ricatti patriottici di una vecchia guardia ancora, in pari misura, feroce e potente, riconoscibile per arroganza e disprezzo – anche “culturale”- delle donne.

D’altra parte la critica sociale che il film spande – con qualche giustificato rancore - non riguarda soltanto i poliziotti ma un intero sistema; così come la storia di Mariam, pure desunta da un fatto accaduto per davvero, ne rappresenta molte altre, di esito simile o perfino di non-esito perché mai venute alla luce. Denunciare crea spesso problemi, specie alle donne. E, se la si vuole dire tutta, non solo in Tunisia.


In questo video in esclusiva un estratto del film La bella e le bestie:

La bella e le bestie: estratto del film di Kaouther Ben Hania

Per saperne di più:

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“La bella e le bestie” di Kaouther Ben Hania - Mariam Al Ferjani

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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