Isabelle Huppert: «I politici dovrebbero mantenere la parola data ai cittadini»
Jerome Prebois
Lifestyle

Isabelle Huppert: «I politici dovrebbero mantenere la parola data ai cittadini»

La regina del cinema francese arriva nelle sale con La promessa- Il prezzo del potere, in cui interpreta un sindaco di provincia che ha preso un impegno ad alto impatto sociale. Ma le lusinghe di carriera a Parigi la fanno vacillare. A Panorama racconta vita, ideali, sogni e nuovi personaggi: «Sarò Costanza Sforza Colonna nel film L’ombra di Caravaggio, diretto da Michele Placido».

«Nel mondo del cinema mi è capitato spesso che prima mi offrissero un ruolo e poi cambiassero idea e lo dessero a un’altra. Ma quando si fa una promessa è importante tentare di mantenerla a ogni costo. Almeno è quello che faccio sempre io. E se non ci riesci, ci deve essere una ragione valida per non essere fedele a ciò che hai detto. Per questo trovo che si tratti di un titolo meraviglioso per un film».

Isabelle Huppert, parla così di La promessa - Il prezzo del potere, pellicola di Thomas Kruithof che dopo l’anteprima allaMostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia arriva nelle sale il 10 marzo, sei giorni prima che la regina assoluta del cinema francese compia 69 anni. «Naturalmente le promesse hanno ben altro valore quando vengono attribuite ai politici, perché per loro sono la moneta di scambio utilizzata per acquisire popolarità e consenso». Huppert, protagonista di film indimenticabili come I cancelli del cielo, Un affare di donne, La pianista e Amour, stavolta interpreta Clémence, sindaco di una cittadina alla periferia di Parigi, arrivata alla fine del secondo mandato e quindi pronta a lasciare alla sua vice (Naidra Ayadi) il posto alle imminenti elezioni. Il suo portavoce e braccio destro Jazid (Reda Kateb), che proviene da uno dei quartieri più poveri della stessa città, spera invece di spiccare il volo verso una carriera politica nella capitale. L’ultimo sforzo per il sindaco prima di lasciare riguarda il tentativo e la promessa di ottenere 63 milioni di euro dal governo per salvare un enorme complesso abitativo in cui vivono molte famiglie disagiate; ma il processo si inceppa quando il burocrate (Laurent Poitrenaux) incaricato di intercedere presso l’esecutivo riceve una lettera da uno degli inquilini che accusa Clémence di incompetenza e minaccia insieme ad altri affittuari di non pagare il canone, rendendo così più difficile il finanziamento. Nel volgere degli eventi, la donna riceve l’offerta di occupare un ministero e deve decidere se seguire o meno gli ideali che l’hanno motivata fino a quel momento. «Questo film mi ha attratto per il soggetto: non capita spesso che il cinema riesca a rappresentare in modo così neutrale, senza essere militante, cosa sia la politica nel senso più ampio del termine, senza rinunciare alla suspense».

Il suo personaggio a un certo punto sembra tentato di cambiare rotta: è il segno che la politica spesso è corrotta dall’avidità personale?

Non credo che Clémence sia avida, né che all’inizio fosse ingenua. Penso non avesse mai contemplato l’idea di poter ambire a una carriera nazionale e abbia davvero intenzione di terminare il proprio mandato, dopo aver ristrutturato questo enorme complesso abitativo. In qualche modo l’offerta di diventare ministro è come una goccia di veleno che indebolisce il suo piano di abbandonare tutto per condurre una vita normale. In questo senso il film è molto onesto, mostrando come l’ambizione e il desiderio di potere possono attrarre chiunque e sono gli eventi, più che l’inclinazione al bene o al male, a guidare gli esseri umani.

Lei è considerata la più potente attrice di Francia. Come gestisce questa responsabilità?

Mi sta sopravvalutando, non ho tutto il potere che dice lei. A parte quello di scegliere i film che voglio girare. E di solito lo faccio con grande cura. Non credo al potere militante del cinema e quando decido di girare un film non lo faccio per lanciare messaggi ma solo per me stessa.

Quando risponde alla domanda in maniera così «egoistica» non posso non ripensare all’intervista che le feci molti anni fa, quando ero ancora un inesperto giornalista, per il film Il buio nella mente di Claude Chabrol: lei, sigaretta in mano, mi rispondeva annoiata con «sì», «no» e «può darsi», alle domande, di fatto cestinando col proprio potere da star ogni mio tentativo di scrivere un articolo. In questo senso la Huppert, di persona, è quanto di più vicino a ciò che si può immaginare di lei osservando i ruoli di donna fredda ed enigmatica che spesso interpreta. Così glielo chiedo: le interessa l’immagine che il pubblico può avere di lei vedendo i suoi personaggi?

Francamente no, penso che sia lo stesso per ogni attore sulla faccia del pianeta. Non posso controllarla, quindi non m’importa. Di recente ho interpretato me stessa nella serie di successo Call my agent. L’ho trovato molto divertente, perché ho potuto giocare con la mia immagine e incarnare la mia caricatura: una donna superimpegnata e piena di sé.

Torniamo alla politica: le interessa o la annoia?

Come diceva qualcuno, è la politica che s’interessa a tutti noi, quindi mi pare inevitabile occuparsene prima o poi.

Pensa che ci sia qualche legame tra il lavoro di politico e di attore?

In un mondo in cui l’immagine e la comunicazione contano tantissimo è chiaro che i politici devono arrivare al cuore degli elettori per essere convincenti. In questo senso anche loro recitano una parte.

Ne ha incontrato qualcuno di persona?

Certo, ma non farò nomi neanche sotto tortura. Ho trovato interessante paragonare l’immagine che ne avevo tratto attraverso la televisione con quella che ho potuto avere in prima persona.

I politici si impegnano, almeno a parole, per sposare nobili cause. Non crede dovrebbero farlo anche gli attori?

La mia causa più nobile è il cinema.

Superati i cinquant’anni di carriera, cosa la spinge ancora a lavorare così tanto? Cosa le piace?

La parte del mio lavoro che preferisco è stare sul set e recitare. Certo, mi preparo per un film, ma il personaggio lo trovo durante le riprese.

Reda Kateb, che ne La promessa interpreta il suo braccio destro, ha detto che vi siete divertiti sul set e che recitare è come tornare bambini.

Assolutamente no, è un lavoro da adulti. Lascerei stare i bambini là dove stanno.

Che film ha in programma prossimamente?

Ho recitato per Michele Placido ne L’ombra di Caravaggio, dove sono Costanza Sforza Colonna, nobile che protesse il pittore perché ne era profondamente innamorata. E poi tornerò al teatro, dove di recente ho recitato ne Il giardino dei ciliegi.

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Francesco D'Errico