Io, Daniel Blake
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Io, Daniel Blake di Ken Loach: 5 motivi per vedere il film

Una storia immaginaria che è lo specchio di tante storie vere. Commuove e conquista, con la forza dell'essenzialità

"Il mio nome è Daniel Blake, sono un uomo, non un cane. E in quanto tale esigo i miei diritti. Esigo che mi trattiate con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un cittadino, niente di più e niente di meno". È ai diritti base dei cittadini, calpestati con indifferenza da uno Stato che uccide, che guarda il nuovo film di Ken Loach, premiato con la Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes. Io, Daniel Blakeè un film crudo, elementare, pulito, potente. Che afferra l'anima e la stringe. Che commuove e fa arrabbiare. Che riporta il regista "rosso" ai temi a lui cari, con quello stile asciutto ed essenziale che non concede recriminazioni.

Dal 21 ottobre al cinema, ecco 5 cose da sapere su Io, Daniel Blake:

1) Una storia immaginaria da testimonianze vere

Daniel Blake (interpretato da Dave Johns) è un cinquantanovenne di Newcastle. Vedovo, fa il falegname da sempre. In seguito a problemi cardiaci, per un po' non può più lavorare e per la prima volta ha bisogno dell'aiuto dello Stato. Ma la sua richiesta di sussidi sbatte contro la gelida burocrazia statale: moduli asettici da compilare, richieste da elaborare via internet, voci telefoniche registrate che chiedono di restare in attesa (per ore), decisioni ingiuste contro cui fare ricorso diventa una parete di ghiaccio da scalare. Negli uffici pubblici, in cui solo i poveri hanno tempo di perdere tempo, Daniel incrocia Katie (Hayley Squires), madre single in difficoltà economiche, che per un piccolo ritardo perde il suo diritto all'assegno mensile. Insieme cercheranno di lottare contro i mulini a vento delle istituzioni. Contro l'indigenza.
Questi personaggi così famigliari, a cui è facile affezionarsi, sono completamente fittizi, ma derivano da tante storie vere. Contengono tutto il dolore, la frustazione e la fame di tante persone che Ken Loach e il suo sceneggiatore di fiducia Paul Laverty hanno conosciuto ai banchi alimentari inglesi. Nonostante Ken avesse detto che Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà sarebbe stato il suo ultimo film, non ha resistito di fronte alla forza di questa storia e alla necessità di raccontarla. 
"I due personaggi sono ispirati alle centinaia di uomini e donne dignitosi e ai loro bambini che hanno condiviso le loro storie più intime con noi", racconta Laverty. "Mi vengono in mente i volti di persone intelligenti e capaci, persone impaurite, persone più anziane tormentate dalla complessità del sistema e dalle nuove tecnologie".

2) Zero fronzoli, tanta commozione

La dignità percorre il dramma di Daniel. Dignità è quello che chiede, da cittadino che per anni ha pagato le tasse e fatto il suo lavoro. Con dignità vive la sua battaglia, mentre precipita nella miseria. 
Loach narra con profonda empatia ma senza sentimentalismi. Niente di patetico, nessun fronzolo. Il ritmo segue la vita di ogni giorno, con le piccole grandi cose che succedono quotidianamente. Ecco le bollette da pagare, la spesa da fare troppo cara, le simpatiche scaramucce col vicino, le riparazioni domestiche... Basta l'essenza secca dei fatti per commuovere. Più e più volte. Con impetuosi sussulti emotivi. È straziante la scena di Katie che si appiglia affamata a un barattolo di salsa di pomodoro.

3) Due attori della porta accanto

Dave Johns e Hayley Squires sono quelle facce sconosciute e al contempo comuni, in cui è possibile riconoscere il cittadino qualsiasi che incontri per strada, con tutto il suo malloppo oscuro di vita alle spalle. 
Ken Loach a Cannes ci aveva raccontato come ha trovato i due attori: "Dave Johns fa il comico nei cabaret di Newcastle. Ha l'età giusta e una faccia che fa una grande simpatia, proprio quello che volevamo. Per tradizione, i 'comedians' inglesi sono radicati nella working class, fanno ironia e battute sulla durezza della vita. Mentre Hayley Squires, la protagonista femminile, è una giovane attrice disoccupata, bravissima, cresciuta in un ambiente operaio, cosa che non nasconde".

4) Dalla parte dei più vulnerabili

Ancora una volta Ken si mette dalla parte dei più vulnerabili. Fotografa quelle persone sul filo, che vivono con quel poco che basta ma che non possono non cadere nella disperazione se quel poco gli viene tolto. Cibo, riscaldamento e un tetto: sono l'abbiccì della sopravvivenza, che così scontato non è, neanche nell'Europa del XXI secolo. 

5) Non è un film senza speranza

Io, Daniel Blake non è però un film senza speranza. La speranza zampilla qua e là, vigorosa, come un balsamo caldo. Eccola nell'unione tra i disperati, tra Daniel e Katie, nei gesti accoglienti e premurosi delle donne che gestiscono il banco alimentare, nel volto partecipe dell'impiegata statale (Kate Rutter) che cerca di aiutare Daniel di nascosto, nell'ostinazione con cui la piccola Daisy (Briana Shann) bussa alla porta di Daniel, nella clemenza del direttore del supermercato verso Katie.
Leopardi invocava una solidarietà nel dolore, che unisca gli uomini nella comune lotta contro la natura nemica. Ken gli dà ascolto. 

Io, Daniel Blake: le immagini del film

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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