Dietro i candelabri, il film su Liberace premiato ai Golden Globe
Behind the candelabra
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Dietro i candelabri, il film su Liberace premiato ai Golden Globe

Il premio cinematografico della stampa estera mette fine alle polemiche tra Steven Soderbegh e gli studios di Hollywood, rei di non aver voluto distribuire il suo film in quanto "troppo gay". A proposito, chi era Liberace e perché fa tanta paura?

E pensare che solo qualche mese fa Steven Soderbergh si era detto amareggiato: Behind the Candelabra, non avrebbe mai visto il grande schermo, in quanto "troppo gay" per Hollywood. Ma i fatti, per fortuna, lo hanno smentito: non solo il suo film sugli ultimi 10 anni del pianista Liberace è uscito al cinema (almeno in Europa). Ma ieri ha anche vinto due Golden Globe (miglior film e miglior attore), con viva soddisfazione di Michael Douglas, che ne è il protagonista assieme a Matt Damon.

Liberace chi?
Władziu Valentino Liberace, di madre polacca e padre italiano, di Formia, era lo showman più pagato d'America tra gli anni 60 e 70. La star che prima di tutti capì l'importanza del look: estroso, colorato, sempre sopra le righe fino a ispirare le successive evoluzioni di Freddy Mercury, Elton John, Michael Jackson, Madonna e Lady Gaga (che gli ha anche dedicato una canzone). Musicista di talento, reinterpretava al piano le canzoni pop, accompagnandole con aneddoti su misura per l'americano medio: un pubblico che amava il suo estro, ma che non gli avrebbe perdonato l'omosessualità. E lui fece di tutto per nascondergliela.

Il film, la storia
Dietro i candelabri è ispirato al libro di Scott Thornson, compagno di vita di Liberace dal 1976 al 1982, anno in cui gli chiese una liquidazione milionaria (ma dovette accontentarsi di 95 mila dollari). Svela il dietro le quinte dei luccicanti show dell'artista, tra droghe, lifting e tutta la disinvoltura sessuale dell'epoca precedente la scoperta del virus dell'Hiv. E sarà proprio l'Aids a portarsi via Liberace a 67 anni, con gran spregio della sua privacy: la malattia verrà sbandierata ai media, gettando su di lui una doppia damnatio memoriae. L'America puritana e la comunità gay, pur da posizioni antitetiche, non gli perdoneranno tante bugie.

Il cast
Soderbergh ha scommesso tutto su Michael Douglas, incontrato sul set di Traffic. Pur di averlo ha rimandato le riprese del film, quando l'attore nel 2010 si è ammalato di cancro ed è stato costretto a curarsi. Ne è valsa la pena: Douglas, uno dei grandi seduttori di Hollywood, si è immerso con talento nei panni di Liberace (basta guardare i video del vero Liberace su Youtube per capirlo). Matt Damon, che interpreta il giovane amante Scott, ha invece faticato un po' a ringiovanirsi, ma non è stato da meno. E se la scelta di Rob Lowe nei panni del chirurgo plastico Jack Startz si è rivelata vincente, non hanno sfigurato neppure Dan Akroyd (l'assistente di Liberace, Seymour) e la grande Debbie Reynolds nei panni della madre dell'artista.

Troppo gay per Hollywood?
La polemica di Soderbergh sul film "troppo gay per Hollywood" ha fatto il giro del mondo. E la mecca del cinema si è ritrovata di colpo a combattere coi vecchi fantasmi dell'omofobia, finché il regista ha precisato alla rivista Mother Jones che quello che cercava di dire non è che Hollywood non ami gli omosessuali. Ma che per questioni di botteghino gli studios si tengono lontani da film di nicchia, come può esserlo la biografia di un pianista pop, segretamente gay, in voga tra gli anni 60 e gli anni 80. Alla fine Behind the candelabra negli Usa è stato trasmesso dalla rete televisiva HBO, casa madre dei serial di culto degli ultimi anni (dai Sopranos a Games of Thrones, a Girls), mentre in Europa è stato proiettato al cinema. Un compromesso della distribuzione che gli ha dato ragione e metà, anche se purtroppo terrà il film lontano dagli Oscar. Un vero peccato.

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Eugenio Spagnuolo